HomeTecnologieBlockchain alimentare

Blockchain alimentare

La blockchain applicata alla filiera alimentare viene proposta da più parti (1) come l’innovazione del secolo, ma a tutt’oggi si direbbe piuttosto una mera operazione di marketing. Ecco perché.

Blockchain e Bitcoin

Una blockchain è un registro aperto e distribuito che utilizza un protocollo di sicurezza per la convalida di blocchi d’informazione separati, i quali vengono registrati e convalidati dai diversi operatori indipendenti che partecipano alla rete. L’informazione complessiva si ricava dalla sequenza dei dati inseriti nei singoli blocchi.

I dati registrati in ogni blocco, a loro volta, non possono venire modificati retroattivamente senza che vengano alterati i contenuti – vale a dire, le informazioni e il codice crittografico che ne deriva (c.d. Hash) – di tutti i blocchi successivi. Il che è possibile solo se ammesso dal protocollo (mediante i c.d. Smart contracts) e approvato dalla maggioranza (>50%) di coloro che partecipano alla rete (a seguito della c.d. Proof of Work). 

A livello teorico, la blockchain è l’uovo di Colombo, la soluzione tecnologica che tutti aspettavano per mettere in sicurezza, valorizzare e certificare ogni informazione di rilievo per la società moderna. (2) Il rimedio alle bugie del mondo, a condizione però che il sistema sia integro, incorruttibile, grazie all’indipendenza dei blocchi della rete. (3)

La blockchain è infatti la tecnologia alla base dei bitcoin, il cui successo deriva dalla sua teorica incorruttibilità, grazie appunto a un sistema di transazioni decentralizzate. Il valore del bitcoin è quindi basato sulla difficoltà di singoli soggetti (es. banche, istituzioni finanziarie, etc.) di influenzare la blockchain e così il valore della transazione. (4)

Blockchain e tracciabilità alimentare

La tracciabilità alimentare – nella misura in cui venga gestita e controllata da un unico operatore, della produzione o distribuzione – non appare compatibile con il presupposto della blockchain, che è invece rappresentato dall’indipendenza dei partecipanti alla rete.

Un’altra caratteristica essenziale dell’applicazione della blockchain – e del successo del bitcoin – è la predeterminazione certa dell’asset controllato. La quantità totale di bitcoin disponibili sul mercato, ad esempio, è stata fissata in 21.000.000. Questo limite rende preziosa ogni singola risorsa emessa, aumentandone il valore. (5)

Anche sotto questo punto di vista, la blockchain non appare compatibile con la gran parte delle produzioni alimentari. Poiché il dato quantitativo risulterebbe inaffidabile ogni qualvolta si verifichi un calo o una variazione nella resa rispetto alle produzioni programmate, le quali spesso dipendono da più fornitori. (6)

Supponiamo ad esempio che un singolo produttore (o distributore) decida di autocertificare una produzione avicola di polli da carne, per comunicare valore alla clientela attraverso una app interattiva che consenta di accedere ad alcune informazioni sulla ‘storia’ del pollo.

Ipotizziamo, a questo punto, che la clientela apprezzi il meccanismo (la comunicazione) e decida di premiare il distributore acquistando il prodotto. Trattandosi di una produzione limitata, il prezzo del prodotto sarebbe destinato ad aumentare. Oppure, trattandosi di un processo autocertificato e autocontrollato – privo cioè delle garanzie proprie della blockchain – il produttore (o il distributore) potrebbe modificare i dati di produzione. O ancor peggio, ‘cavalcare l’onda’ dando seguito agli ordini anche con prodotti non certificati. 

Proprio ciò che sta ora accadendo nel mercato del biologico in USA, e costituisce infatti oggetto di indagini da parte dell’USDA (United States Department of Agriculture).

Affinché il controllo sia affidabile, la produzione dovrebbe essere coerente al rispettivo programma, oltreché ovviamente misurabile. Come può accadere, almeno in teoria, nelle produzioni di vini millesimati. Quando tale presupposto manchi, è in ogni caso indispensabile garantire il rispetto di un sistema decentralizzato di immissione e verifica dei dati nella logica dei blocchi indipendenti. 

Altrimenti, come ipotizzato in premessa, il richiamo al concetto di blockchain risulta una mera operazione di marketing. Di dubbia liceità, tra l’altro, qualora il consumatore venga indotto a credere nella integrità della filiera sulla base di un presupposto che non risponda alla realtà dei fatti. (7)

Fabio Ravera e Dario Dongo

Note

(1) Cfr. https://www.foodnavigator.com/News/Business/Carrefour-extend-Blockchain-use-to-dairy-and-meat-product-rangeshttp://www.distribuzionemoderna.info/estero/carrefour-applica-la-blockhain-alla-filiera-alimentare?rss

(2) La blockchain è infatti definita come un ‘open decentralized database for any transaction involving value

(3) I membri della rete, nella logica del sistema, partecipano infatti a un P2P (Peer-to-Peer) Network. Si veda al riguardo https://m.youtube.com/watch?v=SSo_EIwHSd4

(4) Per le stesse ragioni i tentativi da parte delle banche di creare proprie monete digitali, in maniera indipendente o aggregata, sono finora falliti. Del resto, chi comprerebbe una valuta o un titolo il cui andamento è determinato da un consiglio di amministrazione? Il rischio potrebbe essere quello verificatosi nel caso delle Banche Venete

(5) Si preconcerta perciò un tetto all’offerta, come quello che si verifica a seguito del decesso di un artista. Il quale così, suo malgrado, pone un limite alla sua produzione

(6) Immaginiamo che la produzione di polli dell’anno x venga fissata in y animali. Esiste certamente la possibilità (teorica) di determinare un limite massimo nella produzione. Anche ipotizzando in linea teorica che da ogni uovo derivi un pollo, l’esatta quantità sarebbe il risultato dei vari stadi della filiera e dei dati ricevuti dai singoli allevamenti. I quali, inevitabilmente, tendono a variare sulla base di molteplici fattori

(7) In violazione dei criteri generali di veridicità, trasparenza, chiarezza e non ingannevolezza dell’informazione di cui al reg. UE 1169/11, articoli 7 e 36. Oltreché in contrasto con la direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori

Specialista in modelli di distribuzione e Revenue Operations con oltre 25 anni di progetti in settori industriali e paesi differenti (12 anni negli US). Lavoro su Organizzazioni lean, Inefficienze della Supply Chain, progetti di ristrutturazione organizzativa e finanziaria, Digitalizzazione e GDPR

Articoli correlati

Articoli recenti

Commenti recenti