Yersinia enterocolitica – un batterio patogeno che causa la yersiniosi, ora al quarto posto tra le zoonosi più segnalate nell’UE, con oltre 8.700 casi nel 2023 – rappresenta una sfida importante per la sanità pubblica.
Questo articolo illustra:
- le caratteristiche del patogeno, che si distingue da altri poiché capace di crescere a temperature molto basse
- i sintomi della tossinfezione alimentare che Yersinia enterocolitica può indurre nei consumatori
- i consigli pratici per i consumatori su come prevenire l’infezione e ridurre i rischi di malattia che è bene evitare.
L’analisi prosegue con un approfondimento sulle attuali carenze delle normative UE. Esplorando altresì l’innovativo potenziale degli Spazi di Dati europei, per applicare l’approccio ‘One Health’ alla sorveglianza zoonotica e sanitaria.
1. Yersinia enterocolitica, introduzione
Yersinia enterocolitica è un batterio patogeno, più precisamente un coccobacillo Gram negativo che appartiene alla famiglia delle Yersiniaceae, ordine Enterobacterales. È l’agente della yersiniosi umana, malattia a prevalente origine alimentare segnalata con una certa frequenza a livello europeo.
Al pari di Listeria monocytogenes e Pseudomonas spp., Yersinia enterocolitica è un microrganismo psicrotrofo (dal greco ψυχρός, psykhros, che significa ‘freddo’, e da τροφή, trophḗ, che significa ‘nutrimento’. Vale a dire che si nutre o cresce in ambienti freddi). Ed è infatti in grado di crescere a basse temperature, tra 0°C e +7°C, fino a raggiungere valori numerici elevati. A differenza di altri patogeni (Salmonella, Escherichia coli, Staphylococcus aureus) che invece richiedono temperature almeno +7-8°C per proliferare.
La specie Yersinia enterocolitica è suddivisa in numerosi sierogruppi, differenziati in base all’antigene somatico O, e sei biotipi (1A, 1B, 2, 3, 4, 5) che hanno caratteristiche biochimiche variabili. I ceppi responsabili della maggior parte delle infezioni umane, in Europa, appartengono a Y. enterocolitica O:3/biotipo 4 e Y. enterocolitica O:9/biotipo 2.
2. Animali ospiti
L’animale ospite (o serbatoio) per eccellenza è rappresentato dal suino, che alberga Yersinia enterocolitica a livello intestinale (linfonodi mesenterici) e faringeo (tonsille palatine). Le tonsille, in particolare, rappresentano una vera e propria ‘nicchia’ per il batterio.
Il suino adulto non presenta sintomi di malattia, che possono comparire talvolta nei suinetti sotto forma di diarrea. Molto spesso dal suino si isolano gli stipiti più patogeni per l’uomo, vale a dire Yersinia enterocolitica O:3/biotipo 4 e O:9/biotipo 2.
Il bovino può a sua volta albergare Yersinia enterocolitica a livello intestinale e il latte può esserne contaminato alla mungitura. I roditori a loro volta sono animali ospiti di questo batterio patogeno.
3. Vie di esposizione e modalità di trasmissione
L’esposizione a Yersinia enterocolitica avviene principalmente attraverso il consumo di alimenti contaminati, in particolare carne di maiale cruda o poco cotta, latte non pastorizzato e prodotti ortofrutticoli.
Tuttavia, altre vie di esposizione includono l’ingestione di acqua contaminata, il contatto diretto con animali portatori del batterio (come suini, ruminanti e roditori) e superfici contaminate. La trasmissione può avvenire anche per via fecale-orale, soprattutto in ambienti con scarse condizioni igienico-sanitarie.
Casi di infezione nosocomiale e trasmissione di Yersinia enterocolitica attraverso trasfusioni di sangue infetto sono stati documentati, sottolineando il potenziale rischio per i soggetti vulnerabili (es. anziani e immunocompromessi).
4. Alimenti a rischio
Tra gli alimenti a rischio si annoverano soprattutto le carni suine, consumate crude o poco cotte, le salsicce di suino fresche, i vegetali contaminati da deiezioni animali durante la fertirrigazione (applicazione simultanea di acqua e fertilizzanti attraverso l’impianto di irrigazione) e l’acqua non potabile.
Il latte crudo – a grave rischio di contaminazione da batteri virulenti quali STEC e Listeria monocytogenes – ha viceversa un ruolo marginale nelle infezioni da Yersinia enterocolitica, poiché in esso si isola spesso il biotipo meno patogeno di (1A). Il consumo di interiora di suino può a sua volta favorire la trasmissione di Yersinia enterocolitica.
5. Patogenesi e manifestazioni cliniche dell’infezione da Yersinia enterocolitica
L’esposizione a Yersinia enterocolitica, come si è visto, avviene principalmente attraverso l’ingestione di alimenti contaminati. Dopo aver superato la barriera gastrica, il batterio raggiunge l’intestino, in particolare l’ileo e la parte prossimale del colon, dove inizia il processo infettivo. L’infezione si manifesta generalmente come gastroenterite o enterocolite acuta, caratterizzata da febbre, vomito e diarrea. A livello dell’epitelio intestinale, Yersinia enterocolitica è in grado di invadere le cellule della mucosa, innescando una risposta immunitaria con il richiamo di leucociti e macrofagi, che contribuiscono all’infiammazione e alla diarrea. Tuttavia, il patogeno possiede meccanismi di evasione che gli permettono di contrastare l’azione dei macrofagi, cellule fondamentali per la difesa immunitaria attraverso la fagocitosi (o digestione, degradazione) dei patogeni.
L’indebolimento delle difese immunitarie consente a Yersinia enterocolitica di diffondersi nei linfonodi mesenterici (situati nel mesentere, la membrana che collega l’intestino tenue alla parete addominale), aggravando il quadro clinico. L’infiammazione dei linfonodi intestinali provoca linfoadenite mesenterica, condizione caratterizzata da un intenso dolore nella fossa iliaca destra. Questo quadro clinico può simulare un’appendicite acuta (pseudo-appendicite), portando talvolta a diagnosi errate e a interventi chirurgici non necessari in pazienti privi di un’infiammazione dell’appendice ma con coinvolgimento linfonodale dell’ileo.
6. Complicanze e sequele post-infettive
Nei soggetti vulnerabili – come bambini, anziani e individui immunocompromessi – l’infezione da Yersinia enterocolitica può evolvere, sebbene raramente, in forme gravi. Fino allo sviluppo di sepsi, una risposta infiammatoria sistemica che può provocare danni multiorgano con esiti potenzialmente letali (Seabaugh et al., 2024).
Diversi studi hanno mostrato che Yersinia può alterare i processi infiammatori e sfruttare le cellule immunitarie per promuovere diverse malattie (Chung et al., 2016). Sono così oggetto d’indagine, ad esempio, le interazioni tra Yersinia enterocolitica e il microbioma intestinale, con particolare attenzione ai metaboliti batterici e al loro possibile ruolo nell’infiammazione intestinale e nella patogenesi della malattia di Crohn (Feng et al., 2023).
Nella popolazione generale possono poi sviluppare sequele post-infettive, tra cui l’artrite reattiva ed l’eritema nodoso.
7. Prevenzione della tossinfezione da Yersinia enterocolitica
La prevenzione della tossinfezione da Yersinia enterocolitica dipende principalmente dai consumatori, che devono adottare alcune precauzioni fondamentali. È essenziale evitare il consumo di carne suina cruda o poco cotta e il latte crudo (cioè non pastorizzato), se non bollito. I vegetali dovrebbero venire accuratamente lavati e disinfettati, utilizzando prodotti a base di cloro.
Queste pratiche preventive sono efficaci nel contrastare la diffusione di Yersinia enterocolitica, un patogeno la cui diffusione si sottolinea poter essere sottostimata.
È importante notare che la semplice conservazione degli alimenti a basse temperature non è sufficiente a fermare la crescita del batterio. L’unico metodo sicuro per inattivare Yersinia enterocolitica è la cottura adeguata degli alimenti, prestando particolare attenzione alle parti interne delle carni, come gli hamburger di suino e le salsicce, che devono essere ben cotte anche nelle aree più profonde.
8. Le regole in Unione Europea
Il legislatore europeo non ha ancora introdotto criteri microbiologici armonizzati per Y. enterocolitica nei prodotti alimentari (Regolamento CE 2073/05), né ha stabilito piani uniformi di monitoraggio nelle fasi di macellazione del suino.
Il sistema UE per il monitoraggio e la segnalazione delle informazioni sulle zoonosi impone peraltro agli Stati membri di raccogliere dati su zoonosi, agenti zoonotici, resistenza antimicrobica e focolai di malattie trasmesse da alimenti (Direttiva 2003/99/CE). L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) è incaricata di esaminare i dati, assieme al Centro Europeo per la prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC), in vista della pubblicazione del Rapporto ‘One Health Zoonoses’ dell’Unione Europea (EUOHZ).
La yersiniosi è effettivamente compresa tra le zoonosi da sottoporre a sorveglianza nell’uomo, negli animali, nei mangimi e negli alimenti. Monitoraggio e sorveglianza sono peraltro insoddisfacenti in diversi Stati membri (inclusa l’Italia) che, come si osserva nell’ultimo rapporto ‘One Health’ sulle zoonosi in UE (EFSA, ECDC, 2024), hanno riportato solo poche decine di casi.
9. Sorveglianza zoonotica e salute pubblica, il potenziale dei Data Spaces UE
I dati transdisciplinari derivanti dalla sorveglianza animale, fondamentali per un approccio ‘One Health’ alla salute pubblica, sono tuttora scarsi. Questa situazione limita gravemente la capacità di anticipare minacce future, in particolare quelle legate alle malattie zoonotiche con potenziale pandemico o epidemico.
Uno studio recentissimo (Riccetti et al., 2025) esplora il potenziale del quadro europeo dei Data Spaces per migliorare la disponibilità dei dati sulla sorveglianza animale, al fine di affrontare meglio le minacce per la salute pubblica.
Si propone in particolare di ampliare e sviluppare iniziative già in essere (es. Data Spaces per la Salute, l’Agricoltura e il Green Deal) per progettare servizi innovativi. Tali servizi permetterebbero l’integrazione di diverse fonti di dati, supportando la ricerca e lo sviluppo di politiche sanitarie adeguate ai rischi individuati.
10. Conclusioni provvisorie
In sintesi, la prevenzione della yersiniosi si basa su precauzioni chiave per il consumatore, come evitare carne suina cruda e latte non bollito, e lavare accuratamente i vegetali.
È fondamentale ricordare che la semplice refrigerazione non basta a inattivare Yersinia enterocolitica; solo una cottura adeguata garantisce l’eliminazione del rischio.
Questa necessità, unita alla consapevolezza delle attuali lacune normative a livello europeo, sottolinea la necessità di rafforzare l’approccio ‘One Health’, anche attraverso il potenziamento della sorveglianza zoonotica e sanitaria.
Dario Dongo e Silvia Bonardi
Immagine di copertina da: Stocklib, Yersinia enterocolitica
Bibliografia
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- EFSA (European Food Safety Authority), Amore G, Beloeil P-A, Boelaert F, Garcia Fierro R, Rizzi V and Stoicescu A-V (2025). Guigance for reporting 2024 data on zoonoses, foodborne outbreaks and antimicrobial resistance. EFSA supporting publication 2025:EN-9239. 169 pp. doi:10.2903/sp.efsa.2025.EN-9239
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- Francesca Piras, Christian Scarano. Yersinia enterocolitica. In: Paparella A., Schirone M., Visciano P. Igiene nei processi alimentari (Hoepli, Milano, 2023)
- Nicola Riccetti, Serena Signorelli, Angela Fanelli, Emanuele Massaro, Manlio Bacco, Wojciech Szewczyk, Dolores Ibarreta, Juan Carlos Ciscar, Alessandro Cescatti, Sandra Coecke, Ilaria Capua (2025). The urgency of addressing zoonotic diseases surveillance: Potential opportunities considering One Health approaches and common European Data Spaces. Data in Brief, 59, 111332, https://doi.org/10.1016/j.dib.2025.111332
- Seabaugh JA, Anderson DM. (2024). Pathogenicity and virulence of Yersinia. Virulence. Dec;15(1):2316439. doi: 10.1080/21505594.2024.2316439