In estate le temperature elevate possono favorire la moltiplicazione batterica negli alimenti, soprattutto se mantenuti al di fuori del frigorifero per diverse ore. Questo è il caso di Staphylococcus aureus, un batterio molto comune anche sulla cute dell’uomo e degli animali, che può contaminare diversi prodotti alimentari e provocare una fastidiosa (seppur non particolarmente grave) intossicazione.
Il batterio Stafilococco aureo
S. aureus è un batterio di forma coccica, Gram positivo, immobile, aerobio e anaerobio facoltativo.
Cresce a temperature comprese tra 7 °C e 48,5 °C, con un optimum compreso tra 30 °C e 37 °C.
È responsabile di diverse forme cliniche nell’uomo, ma quella che consegue alla contaminazione degli alimenti è detta ‘intossicazione stafilococcica’.
Tra i numerosi stipiti che appartengono alla specie, alcuni sono infatti in grado di produrre tossine che hanno attività emetica, cioè capaci di provocare il vomito in tempi rapidi.
Resistenti al calore
Le tossine stafilococciche (SEs; Staphylococcal Enterotoxins) sono piccole catene proteiche molto resistenti al calore (quindi, alla cottura e alla pastorizzazione) e ai raggi UV.
Una volta ingerite, non vengono degradate dagli enzimi proteolitici presenti nello stomaco, che oltrepassano per giungere all’intestino dove svolgono la loro azione patogena.
Si conoscono diverse varianti di SEs, di cui la SEA, SEB, SEC, SED ed SEE sono le più studiate. Tuttavia, perché si manifestino i sintomi, S. aureus deve moltiplicarsi attivamente e raggiungere valori molto elevati, superiori a 100.000 UFC/grammo di alimento.
In queste condizioni, la quantità di tossine prodotte è sufficiente a scatenare l’evento dannoso nel consumatore, che invece non può manifestarsi in presenza di una carica batterica bassa.
Gli alimenti a rischio
Staphylococcus aureus, per la sua grande diffusione sull’epidermide, mucosa nasale e cuoio capelluto delle persone, può facilmente trasferirsi agli alimenti durante la loro preparazione, se gli addetti non seguono basilari norme igieniche, quali indossare i guanti e il cappellino.
Anche l’animale, oltre all’uomo, può avere un ruolo importante nella contaminazione da S. aureus; basti pensare al latte, contaminato da bovine, pecore e capre affette da mastite stafilococcica.
Il biofilm sugli utensili
Un’altra caratteristica che facilita la trasmissione di S. aureus agli alimenti, è la sua capacità di formare biofilm, ovvero aggregati batterici che aderiscono alla superficie di diverse attrezzature (quali coltelli, contenitori, frullatori, ecc.) e diffondono ai prodotti che vi vengono a contatto.
A rischio sono soprattutto alimenti manipolati a base di latte, come creme, panna e dolci farciti con crema, oppure vari prodotti di gastronomia, e preparazioni di carne (arrosti e spiedini di pollo, tacchino e bovino) mantenuti a temperature che consentono la crescita di S. aureus.
Gli alimenti più a rischio
I prodotti carnei non sottoposti a cottura (quali salsicce fresche, carni macinate o tagli interi) non sono a rischio come altri, dato che Staphylococcus aureus cresce più facilmente in alimenti a basso carico microbico.
È il caso dei prodotti di pasticceria, di gastronomia e preparazioni di carne sottoposti a cottura (con conseguente riduzione della flora batterica, distrutta dal calore), contaminati dopo il trattamento termico tramite le mani degli operatori o le attrezzature e le superfici non opportunamente igienizzate.
L’abitudine di mantenere gli alimenti a rischio a temperatura ambiente è fortemente sconsigliata, soprattutto in estate quando si avvicina pericolosamente a quella ottimale, alla quale S. aureus si moltiplica rapidamente ed è in grado, in poche ore, di raggiungere valori molto elevati.
La sintomatologia
Nel consumatore le tossine SEs provocano nausea e vomito, definito incoercibile o ‘a proiettile’ per la sua intensità, talvolta accompagnati da dolori addominali e diarrea.
Debolezza e lieve aumento della temperatura corporea possono comparire accanto ai sintomi gastro-intestinali.
I sintomi compaiono a breve distanza dal pasto, normalmente entro 3-5 ore dall’ingestione del prodotto contaminato (con estremi di 30 minuti-8 ore), e si risolvono nel giro di 24 ore.
Quadri più severi, soprattutto legati al pericolo di disidratazione, possono comparire nei bambini molto piccoli e negli anziani.
Quale prevenzione
Per prevenire l’intossicazione stafilococcica si deve giocare su due fronti:
- l’igiene personale e ambientale e
- la corretta conservazione degli alimenti a rischio.
Le persone che manipolano alimenti devono curare la propria igiene personale, indossare guanti monouso e il cappellino, applicare cerotti impermeabili su piccole ferite e foruncoli (spesso sede di S. aureus) e sanificare correttamente le attrezzature impiegate nella lavorazione dei prodotti alimentari, per ridurre la formazione di biofilm batterici.
È anche fondamentale separare le aree di conservazione e preparazione dei prodotti crudi da quelli cotti, per evitare fenomeni di cross-contaminazione. Molto importante è, come già ricordato, impedire lo sviluppo rapido ed eccessivo di Staphylococcus aureus, mantenendo gli alimenti a rischio a temperatura inferiore a 4 °C oppure superiore a 60 °C. In entrambi i casi, la crescita di S. aureus, e la conseguente produzione di tossine, viene impedita.
La normativa
La ricerca di Staphylococcus aureus è prevista dalla legislazione italiana ed europea sull’igiene dei prodotti alimentari.
In particolare, sono oggetto di analisi gli stipiti di S. aureus che elaborano l’enzima coagulasi, che è correlato alla sintesi delle SEs.
Il Regolamento CE 2073/2005 sui criteri microbiologici dei prodotti alimentari prevede il conteggio di S. aureus coagulasi-positivi per valutare l’igiene di produzione di varie tipologie di latticini (formaggi a latte crudo o sottoposti a trattamento termico, formaggi a pasta molle non stagionati, burro e panna non pastorizzati, latte e siero di latte in polvere), mentre negli stessi prodotti posti in vendita è richiesta l’assenza delle tossine SEs.
Anche il latte crudo, se venduto direttamente dalla stalla al consumatore finale, deve essere analizzato per S. aureus, quale indicatore dell’igiene della mungitura (Intesa Stato-Regioni del 25 gennaio 2007).
Silvia Bonardi
Bibliografia
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Abril A G, Villa T G, Barros-Velázquez J, Cañas B, Sánchez-Pérez A, Calo-Mata P, Carrera M. Staphylococcus aureus Exotoxins and Their Detection in the Dairy Industry and Mastitis. Toxins (Basel). 2020 Aug 20;12(9):537. doi: 10.3390/toxins12090537.
Kadariya J, Smith TC, Thapaliya D. Staphylococcus aureus and staphylococcal food-borne disease: an ongoing challenge in public health. Biomed Res Int. 2014; 2014:827965. doi: 10.1155/2014/827965.
Regolamento (CE) n. 2073/2005 della Commissione, del 15 novembre 2005 , sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari. Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 338 del 22.12.2005, p. 1–26
Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della Legge 5 giugno 2003, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano in materia di vendita diretta di latte crudo per l’alimentazione umana. Rep. N 5/CSR del 25 gennaio 2007. Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 36 del 13.2.2007
Laureata in Medicina Veterinaria e Specialista in Ispezione degli Alimenti di origine animale ed in Sanità Pubblica Veterinaria, è docente di Ispezione e controllo degli alimenti di origine animale presso l'Università di Parma.