HomeSicurezzaOlio extravergine d’oliva, pericoli e difetti. L’inchiesta di Ökotest

Olio extravergine d’oliva, pericoli e difetti. L’inchiesta di Ökotest

Olio  extravergine  d’oliva a marchi celebri, pericoloso per contaminazione da oli minerali e comunque difettoso, fuorilegge. Lo scottante  dossier  – pubblicato nel numero di maggio 2019 della rivista tedesca specializzata  Ökotest  – merita un’analisi attenta, qui di seguito offerta.

Oli extravergini,  i  pericoli e  le  violazioni di  legge emersi nei test

19 dei 20 prodotti  esaminati sono risultati essere contaminati da oli minerali (MOH,  Mineral Oil Hydrocarbons) o plastificanti. Tra questi figurano sia alcuni marchi italiani – Monini, Bertolli, De Cecco, Primoli, La Selva – sia oli italiani impiegati in miscele con marchi diversi, tra cui l’Italian sounding  ‘Primadonna’ di Lidl (v. Allegato). L’unica bottiglia a salvarsi dalla contaminazione è quella di Rapunzel, prodotto bio realizzato a Creta. Emerge quindi un rischio diffuso di  sicurezza chimica  degli alimenti.

Per contaminante  si intende ogni sostanza non aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari, ma in essi presente quale residuo della produzione (compresi i trattamenti applicati alle colture e al bestiame e nella prassi della medicina veterinaria), della fabbricazione, della trasformazione, della preparazione, del trattamento, del condizionamento, dell’imballaggio, del trasporto o dello stoccaggio di tali prodotti, o in seguito alla contaminazione dovuta all’ambiente’  (reg. CE 315/93 e successive modifiche, articolo 1).

9 dei 20  oli  oggetto di test sono poi risultati fuorilegge a causa di difetti – come rancidità e odori sgradevoli – che i regolamenti europei rigorosamente vietano negli oli d’oliva designati come ‘extravergine’. (1) Le analisi chimiche sono state affidate da  Ökotest  a un laboratorio accreditato, quelle organolettiche a un  panel  riconosciuto dal Consiglio Oleico Internazionale.

Oli minerali negli alimenti, pericoli per la salute

Gli oli minerali  al centro dell’inchiesta, MOH (Mineral Oil Hydrocarbons), appartengono alla famiglia degli idrocarburi. Un gruppo molto eterogeneo di sostanze costituite da catene di atomi di carbonio e idrogeno (classificate in funzione del numero C degli atomi di carbonio). In prevalenza derivati dal petrolio greggio, i MOH possono anche derivare dalla sintesi di gas naturale, carbone e biomassa.  I contaminanti  presenti nella quasi totalità degli oli extravergini d’oliva esaminati appartengono a diverse categorie:

– MOSH  (Mineral Oil Saturated Hydrocarbons), idrocarburi saturi, sia lineari che ramificati,

– MOAH  (Mineral Oil Aromatic Hydrocarbons), idrocarburi aromatici, costituiti da uno o più anelli benzenici con catene di idrocarburi e

– POSH  (Polyolefin Oligomeric Saturated Hydrocarbons), idrocarburi saturi oligomerici di poliolefine costituiti da molecole a catena corta e lunga ramificata.

Le fonti degli oli minerali  negli alimenti  sono varie e diversificate. Per citarne alcune, gas di scarico e fumi di combustione in atmosfera, lubrificanti usati per macchine e strumentazione dell’industria alimentare. Ma anche i MOCA  (materiali a contatto con gli alimenti, es. confezioni in plastica, inchiostri, sacchi di juta oleati,  etc.), i coadiuvanti tecnologici e gli additivi alimentari, i pesticidi. I POSH, simili ai MOSH nella struttura chimica, sono derivati soprattutto da polietilene (PE) e polipropilene (PP).

I pericoli per la salute umana  legati al consumo di MOH  negli alimenti sono gravi. I MOAH sono classificati come cancerogeni genotossici (vale a dire che possono causare lo sviluppo di tumori in seguito all’induzione di mutazioni genetiche). I MOSH possono invece accumularsi e provocare danni a vari tessuti e organi (fegato e milza, linfonodi). La caratterizzazione dei rischi è peraltro ancora difficile, anche a causa della difficoltà di analisi della composizione esatta di numerosi composti.

Oli minerali negli alimenti, un problema irrisolto

La contaminazione  dei cibi da oli minerali non è una novità. Un rischio grave e irrisolto, piuttosto. A livello internazionale il JECFA (Joint FAO/WHO Committee on Food Additives), nell’ormai lontano 2002, aveva concordato una Dose Giornaliera Ammissibile DGA (Acceptable Daily Intake, ADI) pari a 0,01 mg/kg di peso corporeo). Tale approccio è risultato comunque inidoneo, secondo successive analisi di EFSA (European Food Safety Authority), a caratterizzare il rischio.

EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha valutato più volte l’impatto di diversi gruppi di oli minerali negli alimenti. Già a seguito di prime segnalazioni, nel 2008, della contaminazione diffusa di ‘sunflower oil’ di provenienza extra-UE da idrocarburi. (2) Il  panel  EFSA di esperti sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) – nel confermare i pericoli per la salute umana legati all’esposizione ai MOH tramite la dieta – ha evidenziato le difficoltà di caratterizzazione quantitativa del rischio. Si stima peraltro una quota di MOAH (potenzialmente mutageni e cancerogeni) pari al 30-35% nei MOH residuati negli alimenti e dunque una seria preoccupazione, in particolare per neonati e bambini. Con particolare riguardo a oli vegetali, uova, pane e riso, imballi in carta riciclata.

La Commissione  europea  è intervenuta solo nel 2017, chiedendo agli Stati membri di svolgere un’attività di monitoraggio della presenza di MOH (Mineral Oil Hydrocarbons) negli alimenti, nel periodo 2017-2018. (3) Senza tuttavia definire soglie massime di contaminazione ammessa né prescrivere azioni correttive – invece doverose, per garantire la sicurezza chimica degli alimenti – in caso di superamento delle stesse. Bruxelles si è invero limitata a definire ‘valori di riferimento’, privi di alcuna cogenza. Misure blande e inefficaci, in questo caso come in quello di un altro contaminante gravemente pericoloso, l’acrilammide. Un problema irrisolto.

Contaminazioni degli oli d’oliva  con oli minerali, le cause

L’olio d’oliva, anche extravergine, è esposto al rischio di contaminazione in ogni fase della filiera di produzione, dalla maturazione delle drupe sull’albero fino alla conservazione del prodotto finito. Gli esperti di Ökotest ribadiscono che ‘ogni secondo l’olio d’oliva viene contaminato’, salvo adottare le opportune misure.

L’inquinamento ambientale  nella zona di coltivazione incide sulla qualità dell’olio aumentando l’esposizione alle fonti di contaminazione. Le aree più a rischio sono quelle situate in vicinanza di autostrade e strade trafficate, inceneritori e industrie, ferrovie non elettrificate. I contaminanti atmosferici possono infatti depositarsi sulla superficie del frutto e penetrare per diffusione nella polpa.

Durante la raccolta  il rischio di inquinamento è legato principalmente all’uso di mezzi di movimentazione alimentati a diesel, le cui emissioni possono depositarsi sulle olive. Al gocciolamento dei lubrificanti degli agevolatori e alla manipolazione delle olive con guanti sporchi di oli minerali (es. lubrificanti).

Durante il trasporto  la contaminazione può essere correlata all’utilizzo di sacchi in juta o di contenitori precedentemente impiegati per materiali ad alto rischio. Anche il difetto di copertura delle olive durante il trasporto può essere causa di contaminazione, derivata dalle emissioni dei veicoli.

Lo stoccaggio delle olive  su piazzali asfaltati, ai quali abbiano accesso i mezzi agricoli impiegati per la movimentazione e per lo scarico, costituisce un ulteriore punto critico. Che assume particolare rilievo qualora i tempi di stoccaggio superino le 24 ore. Il lavaggio delle olive si rivela perciò necessario anche per eliminare i contaminanti potenzialmente accumulati sulla superficie esterna della drupa.

L’estrazione  con impianti a pressione è a sua volta una fase delicata. A fronte dell’elevato il rischio di contatto dell’olio con i lubrificanti, impiegati per la manutenzione, i quali trascinano anche residui metallici rilasciati dalle superfici meccaniche. Gli impianti di estrazione  a flusso continuo, viceversa, riducono i rischi di contaminazione grazie all’utilizzo di strutture in acciaio e la notevole automazione dei processi.

Nella fase di conservazione, i pericoli maggiori sono legati all’impiego di contenitori non ermetici, poiché l’olio extravergine di oliva assorbe i contaminanti, spesso lipofili, presenti nell’aria.

Ökotest,  il  dossier  scottante

Ökotest  ha sottoposto ad analisi 20 oli d’oliva extravergini in bottiglie da 500 ml, con prezzi che variano da € 2,39 a 13,20. I prodotti sono stati acquistati in supermercati,  discount  e negozi bio. Si sottolinea che tutti i prodotti testati – in virtù della denominazione EVOO (Extra-Virgin Olive Oil) – dovrebbero essere privi di alcun difetto. Secondo quanto prescritto dai regolamenti UE di settore. (4) Non è così invece (v. Allegato).

I contaminanti abbondano, per quantità e varietà. Due oli tunisini – a marchi Rapunzel Alnatura (3,99 €, ‘non soddisfacente’, quindi fuorilegge, poiché rancido) e Byodo (6,66 €, altresì perché rancido) – hanno rivelato la presenza di tracce di dibutilftalato (DBP). Un plastificante usato nella produzione di tubi e nastri trasportatori, il cui utilizzo nei MOCA è proibito in UE in quanto tossico per la riproduzione. Anche l’olio spagnolo di Naturata, 7,33€, risulta contenere DBP (in aggiunta a MOSH/POSH). Mani Bläuel invece supera la soglia consentita di dietilesilftalato (DEHP), famiglia degli ftalati, plastificante con effetti nocivi sulla capacità riproduttiva.

Dal punto  di vista  organolettico, la valutazione è stata negativa per 9 prodotti su 20:

– 3 oli ‘rancidi’ (Alnatura, Byodo e Naturata). L’irrancidimento, sintomo di ossidazione, può derivare dalla lavorazione di olive raccolte tardivamente o da una cattiva conservazione del prodotto finito,

– 1 olio con ‘odore di muffa’ (De Cecco, 4,99€, ‘origine UE’ non meglio specificata. L’odore di muffa è sintomatico di un processo di fermentazione e comporta, al pari della rancidità, un difetto di conformità ai requisiti legali prescritti per l’extravergine. I quattro oli sono perciò stati perciò valutati come ‘non soddisfacenti’ e ‘difettosi’,

– 5 ‘insufficienti’, seppure non difettosi,

– 7 ‘sufficienti’,

– 2 ‘soddisfacenti’,

– 2 soli prodotti, tra i 20 campioni analizzati, hanno ricevuto un giudizio complessivo favorevole. ‘Buono’ il cretese Rapunzel Kreta (9,99€), raccolta 2018/2019, il quale è anche l’unico privo di tracce di MOH e altri contaminanti. ‘Molto buono’  l’italiano Primoli I.G.P. Toscano (12,99€), raccolta 2018/2019, che tuttavia contiene MOSH, POSH e composti clorurati.

Quanto all’origine  delle olive, afferma la rivista, nessun produttore ha mentito. La dicitura ‘Unione Europea’ – utilizzata da Monini-Bios e De Cecco – consente del resto ampie libertà di scelta degli oli da miscelare.

Ökotest,  prime reazioni e soluzioni  possibili

I produttori interpellati  hanno provato a giustificare le contaminazioni attribuendone causa al solo inquinamento ambientale. Tale ipotesi è stata smentita con decisione dagli analisti di laboratorio, i quali invece evidenziano che la separazione delle componenti chimiche ha dimostrato proprio la presenza di MOH.

Due dei produttori  sotto inchiesta, Gaea e Reichhold Feinkost, hanno assicurato di avere subito adottato misure correttive specifiche. Mediante sostituzione di lubrificanti a base vegetale e utilizzo di attrezzi agricoli con minori emissioni inquinanti. La situazione rimane critica per tutti, considerato che i livelli di contaminazione da MOH superano i ‘valori di riferimento’ in 17 prodotti dei 20 esaminati.

Le soluzioni possibili  risiedono nella revisione dei piani di autocontrollo (buone prassi agricole e di lavorazione, HACCP). Gli esperti interpellati da Ökotest indicano una serie di accorgimenti da adottare, a seconda dei casi. Ad esempio, dotare l’oliveto di frangivento (così da bloccare, almeno in parte, i fattori di inquinamento ambientale), non usare sacchi di juta (che rilasciano idrocarburi minerali o policiclici aromatici) né trasportare le olive sfuse senza copertura durante il trasporto ovvero su rimorchi ove siano presenti contenitori di prodotti fitosanitari. Evitare la circolazione di mezzi diesel nei piazzali di stoccaggio delle olive, lavare sempre le drupe prima della molitura, non miscelare l’olio della molitura di avviamento con l’extra vergine (poiché il primo può essere contaminato da lubrificanti dei macchinari impiegati per preservare le parti meccaniche dell’impianto nei periodi di inattività). Evitare usi alternativi dei locali del frantoio nei periodi di inattività, curare manutenzione e pulizia di impianti e macchinari.

Dario Dongo e Marina De Nobili

ALLEGATO – Il dossier Ökotest sugli EVOO

Note

(1) Cfr.  reg. CE 29/12  e successive modifiche, ‘relativo alle norme di commercializzazione dell’olio d’oliva’, art. 4. V. Anche  reg. CE 1234/07, Allegato XVI, punto 1, lettere ‘a’ e ‘b’
(2) Cfr. EFSA Journal 2009; 7(11):1387.  http://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/doc/1387.pdf, EFSA Journal 2013; 11(1):3073.  http://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/doc/3073.pdf
(3) Cfr. raccomandazione (UE) n. 2017/84
(4) V. Nota 1

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