NBT (New Breeding Techniques), o ‘nuovi OGM’, è indispensabile rafforzare l’analisi del rischio. La rassegna scientifica pubblicata su Environmental Science Europe suggerisce di approfondire un dibattito che da almeno 4 anni prosegue sotto traccia nel Vecchio Continente.
Il dibattito verte intorno all’ipotesi di liberalizzare progressivamente l’impiego di nuove varietà vegetali derivate dall’ingegneria genetica. Come già accade in USA, ove decine di migliaia di esse sono state autorizzate in pochi mesi.
La politica è manovrata dalle Big 4, da una sponda all’altra dell’Atlantico. Ma le associazioni che rappresentano l’agroecologia e le produzioni biologiche provano a resistere. Nel silenzio assordante delle associazioni consumatori (teleguidate altrove, dai poteri forti) e del mainstream media, come d’uso. L’ABC a seguire.
Plant breeding e ingegneria genetica
Il concetto di plant breeding comprende un’ampia serie di tecniche volte a ottenere piante con determinate caratteristiche genotipiche e fenotipiche. La mutagenesi – vale a dire la mutazione di un genoma indotta con agenti fisici (es. raggi UV) o chimici (es. etil metansulfonato) – risale agli anni ‘30 del secolo scorso.
La scoperta della struttura di DNA e RNA e le successive innovazioni in genetica e biologia molecolare hanno permesso la nascita, negli anni ‘70, dell’ingegneria genetica. Le tecniche di ingegneria genetica prevedono l’introduzione di diversi tipi di modificazioni nel genoma di un organismo, allo scopo di ottenere specifiche caratteristiche. Mediante:
– transgenesi, cioè inserimento nel genoma dell’ospite di materiale genetico proveniente da organismi di specie diverse, o
– cisgenesi. L’inserimento di geni della stessa specie, il knocking-out (rimozione o disattivazione) ovvero il silenziamento e/o l’overespressione di geni specifici.
Figura 1. Comparazione di quattro tecniche di breeding. Huang S, Weigel D, Beachy RN, Li J. A proposed regulatory framework for genome-edited crops. Nat Genet. 2016;48(2):109‐111. doi:10.1038/ng.3484
NBT, New Breeding Techniques
L’acronimo NBT (New Breeding Techniques) esprime un insieme di nuove tecniche di ingegneria genetica sviluppate negli ultimi anni. Si distinguono dalle tecniche di editing genomico di prima generazione (transgenesi) per l’impiego prevalente di geni che appartengono alla stessa specie bersaglio. Senza peraltro escludere, in rari casi, l’utilizzo di materiale genetico di specie differenti rispetto a quella che si vuole modificare.
Gli NBT sono attualmente classificati in sette categorie, ulteriormente suddivise in due gruppi in base al fatto che sfruttino o meno tecniche di gene editing. Nel secondo gruppo si trovano l’agroinfiltrazione, diversi approcci epigenetici, la mutagenesi sito-diretta (o mutagenesi oligonucleotide-diretta) e la RNA interference (RNAi).
Gene editing
Il gene editing è un tipo di ingegneria genetica che utilizza le nucleasi per eseguire modifiche mirate in punti precisi del genoma di un organismo. Inserimento o rimozione di geni specifici, ovvero altri tipi di modificazioni. Con possibili utilizzi in agricoltura e floro-vivaistica (plant breeding), ma anche nel settore medico. Nella prospettiva di sviluppare terapie innovative per il trattamento di varie malattie genetiche e tumori.
Le principali tecniche di gene editing sono le nucleasi ZFN (Zinc Finger), le nucleasi TALEN (Transcription Activator-like Effector Nucleases) e il sistema CRISPR-Cas9.
CRISPR-Cas9
Il sistema CRISPR-Cas9 è ora la tecnica di editing genomico più diffusa, grazie alla sua relativa semplicità d’uso e la versatilità che ne deriva. CRISPR abbrevia il concetto di Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, mentre Cas9 è la endonucleasi impiegata per eseguire il taglio del DNA.
Questo sistema deriva da un particolare meccanismo di difesa scoperto nei batteri. I quali, pur non essendo dotati di un vero e proprio sistema immunitario, hanno sviluppato meccanismi di protezione contro le infezioni dei virus batteriofagi e dei plasmidi di altri batteri.
La peculiarità di CRISPR-Cas9 è l’impiego di un RNA guida (gRNA) che viene sintetizzato in funzione delle esigenze. Vale a dire, in base alla sequenza del genoma che si intenda bersagliare. Ciò consente di effettuare tagli, all’interno del genoma, con un livello di precisione molto superiore a quello di sistemi che sfruttano altri tipi di nucleasi.
Figura 2. Meccanismo di funzionamento di CRISPR-Cas9. Razzaq A, Masood A (2018) CRISPR/Cas9 System: A Breakthrough in Genome Editing. Mol Biol 7: 210. doi: 10.4172/2168-9547.1000210
CRISPR-Cas9, tecnica e prerogative
Il gRNA sintetizzato ‘su misura’ si lega alla nucleasi Cas9 e viene utilizzato come sonda, per identificare l’esatta sequenza di DNA ove effettuare il taglio. La endonucleasi Cas9 infatti si lega e scorre sul DNA dell’organismo bersaglio, fino a trovare una sequenza PAM (Protospacer Adjacent Motif) adiacente alla sequenza bersaglio. A questo punto, se il gRNA si lega in modo complementare alla sequenza bersaglio, il complesso Cas9-gRNA subisce un riarrangiamento conformazionale che attiva il dominio nucleasico dell’enzima e permette di eseguire il taglio nel DNA.
Le rotture a doppio filamento (DSB) così introdotte nel DNA vengono prontamente riparate dalla cellula stessa. Attraverso i meccanismi di riparazione del danno al DNA, i quali comprendono il Non-Homologous End Joining (NHEJ) e i sistemi di ricombinazione omologa (HDR). (1) In questo modo, la cellula utilizza il DNA fornitole per ‘riparare il danno’. Il sistema CRISPR-Cas9 può quindi venire utilizzato per effettuare alterazioni di sequenza sito-specifiche, ovvero per effettuare delezioni o inserzioni di materiale genetico in specifici tratti del DNA bersaglio. È inoltre possibile utilizzare gRNA multipli per introdurre cambiamenti in diversi siti del genoma bersaglio in modo simultaneo o successivo.
Le modificazioni introdotte mediante questa tecnica sono solitamente stabili e quindi ereditabili, vale a dire che vengono trasmesse anche alla progenie dell’organismo bersaglio. Questa tecnica permette altresì di superare i naturali sistemi di mantenimento del genoma che proteggono sue determinate regioni dall’insorgenza di mutazioni casuali.
La prerogativa di ottenere modificazioni specifiche su qualsiasi parte del genoma è impossibile da realizzare con altrettanta rapidità ed efficacia attraverso le tecniche convenzionali di plant breeding. Le quali invece si basano sull’induzione di mutazioni casuali all’interno del genoma. È stata così ottenuta, ad esempio, una varietà di grano con basso contenuto di glutine che ha permesso una diminuzione dell’85% dell’immunoreattività in persone celiache.
OGM vecchi e nuovi, le regole stabilite in Unione Europea
La Corte di Giustizia europea (ECJ) è stata chiamata a decidere sulla disciplina da applicare agli NBT, come si è visto, nella causa C528/16 avviata dalla Confederation Paysanne e altre organizzazioni nei confronti del governo francese.
I giudici di Lussemburgo, per una volta, hanno disatteso le conclusioni dell’avvocato generale. Affermando – con sentenza 25.7.18, nella causa C-528/16 – che gli NBT devono sottostare alla disciplina già stabilita per gli OGM ‘tradizionali’. Sebbene formalmente esclusi dal campo di applicazione della direttiva 2001/18/CE su cui essa si basa.
L’emissione deliberata nell’ambiente degli OGM, vecchi e nuovi, è perciò ad autorizzazione della Commissione europea, in accordo con le rappresentanze degli Stati membri. A seguito di apposita analisi dei possibili rischio per l’ambiente e la biodiversità da parte dell’EFSA.
L’utilizzo di OGM e loro derivati nella produzione di alimenti o mangimi è soggetto a un’ulteriore autorizzazione. La quale può venire concessa, sempre a livello europeo, a seguito di un’apposita analisi del rischio da parte di EFSA. Tenuto conto del potenziale impatto del consumo di sostanze che derivino o contengano l’OGM e/o suoi derivati per la salute umana e animale.
Tutti gli OGM immessi nell’ambiente e in commercio in Unione Europea sono in ogni caso soggetti a precisi obblighi di tracciabilità, etichettatura di alimenti e mangimi, monitoraggio.
NBT, le ipotesi di riforma delle regole UE
Abbattere le barriere all’immissione degli NBT nell’ambiente, liberalizzare il commercio degli stessi e di ogni derrata che li contenga. Le Big 4, i monopolisti globali di pesticidi e sementi, hanno impartito gli ordini al Parlamento europeo già a inizio legislatura, come si è visto.
La commissaria europea alla salute e alla sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, ha così annunciato l’avvio di uno studio sulle nuove tecniche genomiche, nella primavera 2021. Con il malcelato obiettivo di ottenere una motivazione al proposta di riforma della disciplina OGM sulla quale, a Bruxelles, i soliti noti già lavorano.
In barba alla ‘trasparenza’ invocata sui media e i social network, la Commissione sta lavorando da tempo – con gli stakeholder che rappresentano le sole filiere di produzione, ça va sans dir – a un documento che i cittadini europei e le altre parti sociali interessate sono esclusi dal conoscere. E non a caso l’ingegneria genetica è stata inserita anche nella strategia UE Farm to Fork (f2f), come pure si è visto.
Principio di precauzione e analisi del rischio
La riforma strutturale dell’ecosistema che si preconizza nel disegno tecnocratico di cui sopra non può tuttavia prescindere dall’analisi del rischio e dal principio di precauzione su cui tuttora si fondano le politiche europee in tema di ambientale, sicurezza degli alimenti e dei mangimi, salute pubblica e benessere animale (TFUE, articolo 191.1).
Il network europeo degli scienziati per la responsabilità sociale e ambientale (The European Network of Scientists for Social and Environmental Responsibility, ENSSER) si è più volte espresso sull’esigenza di sottoporre gli NBT ad accurate valutazioni del rischio. E così vari biologi e genetisti molecolari, come il Dr. Michael Antoniou presso il King’s College di Londra.
La manipolazione genetica può infatti provocare nuove combinazioni di funzioni geniche che non sono sempre precise come invece vengono presentate, né prevedibili nelle interazioni successive con sistemi complessi. Possono produrre molti effetti non intenzionali, non solo nei siti fuori bersaglio ma anche nei siti di modifica genetica previsti.
Analisi dei rischi su NBT, rassegna scientifica
La scientific review pubblicata su Environmental Science Europe da Andreas Bauer-Panskus et al. (2020) evidenzia come i protocolli adottati da EFSA per l’analisi dei rischi relativi a NBT debbano venire rivisti. In quanto inidonei a considerare in modo adeguato tutte le conseguenze che possono derivare dall’introduzione e la persistenza di questi organismi nell’ambiente. (2)
I ricercatori dello Institute for Independent Impact Assessment of Biotechnology di Monaco di Baviera insistono perciò sull’esigenza di considerare gli effetti di prossima generazione che possono scaturire della trasmissione del nuovo materiale genetico, anche mediante interazione con le condizioni ambientali.
‘Di conseguenza, le caratteristiche biologiche degli eventi originali non possono essere considerate sufficienti per trarre conclusioni sui pericoli che possono emergere nelle generazioni successive. I potenziali pericoli identificati dalla European Food Safety Authorization (EFSA) comprendono aggravamento dei problemi di infestanti, sfollamento e persino estinzione di specie vegetali autoctone.
Tuttavia, vi sono motivi di preoccupazione che potrebbero sfuggire alla valutazione del rischio ambientale (environmental risk assessment, ERA). Poiché l’EFSA tiene conto solo delle caratteristiche degli eventi originali, lasciando da parte gli effetti di prossima generazione non intenzionali o imprevisti che emergono dalla propagazione spontanea e dal flusso genico.’
Analisi del rischio e principio di precauzione
La revisione scientifica delle pubblicazioni disponibili e l’analisi delle valutazioni del rischio eseguite inducono i ricercatori a concludere che la valutazione del rischio di persistenza e propagazione spontanea nell’ambiente degli NBT sia soggetta a una significativa complessità spazio-temporale che causa molte incertezze. Per affrontare questo problema, dovrebbero perciò venire stabiliti ‘criteri di esclusione’ (cut-off criteria), nella valutazione del rischio, che considerino i limiti concreti delle conoscenze attuali.
I criteri di esclusione proposti dovrebbero venire applicati in una fase ulteriore e specifica della valutazione del rischio, vale a dire la ‘controllabilità spazio-temporale’. Facendo ricorso a caratteristiche biologiche ben definite per delineare un confine tra gli effetti noti (e/o prevedibili) e quelli sconosciuti (e/o imprevedibili). Questa ulteriore fase della valutazione del rischio, secondo gli Autori, promuoverà la solidità del processo e potrà sostanzialmente giovare all’affidabilità e alla completezza complessiva della valutazione del rischio. Oltreché sul processo decisionale in merito alle immissioni deliberate nell’ambiente degli NBT.
La disciplina europea degli OGM si basa del resto sul principio di precauzione (Precautionary Principle). (3) Tale principio si caratterizza nella prevenzione dei rischi di fronte all’incertezza scientifica, con l’obiettivo di evitare danni prima che si manifesti un pericolo.
Rischi ambientali da non sottovalutare
I ricercatori di Monaco si soffermano in particolare sul successo riproduttivo (fitness) delle piante ottenute tramite gene editing, che in alcuni casi è migliore di quello delle corrispondenti varietà naturali. Un risultato apprezzabile – laddove intenzionale, nella prospettiva di sviluppo commerciale – che al contempo merita attenzione per quanto attiene agli equilibri degli ecosistemi.
L’aumento del fitness può infatti superare le intenzioni e dipendere dall’interazione del nuovo materiale genetico introdotto con il resto del genoma o da una combinazione dell’interazione del nuovo materiale genetico e delle condizioni ambientali in cui la pianta si trova a crescere.
Il materiale genetico introdotto tramite gene editing può inoltre venire trasmesso a piante selvatiche appartenenti alla stessa specie, con diverse possibili conseguenze sugli ibridi. Quali un aumento del fitness o altri effetti sul genoma che potrebbero manifestarsi in cambiamenti nella fisiologia e nel metabolismo delle piante. Così infine sulla biodiversità, la cui promessa tutela non può prescindere da queste valutazioni.
Dario Dongo, Riccardo Clerici, Silvia Comunian
Note
(1) Il sistema NHEJ è error prone e spesso causa delle inserzioni o cancellazioni di basi (indels) che alterano la sequenza nucleotidica di partenza, e dunque se la rottura della doppia elica è avvenuta all’interno della sequenza codificante di un gene o della sequenza regolatoria di un gene questo sistema di riparazione può alterare la funzionalità di quello specifico gene. Il sistema di riparazione omologa interviene solitamente quando il NHEJ non riesce a riparare la rottura del doppio filamento e sfrutta le regioni omologhe del DNA per riparare il danno. Questo sistema può anche essere sfruttato per introdurre sostituzioni di nucleotidi o per introdurre inserzioni di specifiche sequenze o per rimpiazzare specifiche sequenze all’interno del DNA bersaglio semplicemente fornendo alla cellula del DNA esogeno con regioni omologhe a quelle adiacenti al taglio
(2) Bauer-Panskus, A., Miyazaki, J., Kawall, K. et al. Risk assessment of genetically engineered plants that can persist and propagate in the environment. Environ Sci Eur 32, 32 (2020). doi:10.1186/s12302-020-00301-0
(3) Dir. 2001/18/CE, articolo 1. TFUE (Trattato per il Funzionamento dell’Unione Europea), articolo 191.2
(4) Garnett K, Parsons DJ (2016). Multi-case review of the application of the precautionary principle in European Union law and case law: application of the precautionary principle. Risk Anal 37:502–516. https://doi.org/10.1111/risa.12633