Microplastiche nell’acqua. Nei mari, nelle acque destinate all’agricoltura e così nell’ortofrutta, ma anche nei laghi italiani. I grandi bacini idrici che forniscono acqua potabile a diversi milioni di abitanti.
L’emergenza silenziosa affiora nei rapporti di analisi condotte in ambito del progetto internazionale di ricerca Life – Blue Lakes.
In due soli anni, le concentrazioni medie di micro-particelle plastiche per km2 sono moltiplicate nei laghi di Garda (+1.330%), Bracciano (+335%) e Trasimeno (+313%).
La sicurezza chimica dell’alimento a cardine della vita è in pericolo, ma le autorità sanitarie – in Italia, come in UE e in altre aree del pianeta – continuano a trascurare un rischio ampiamente emerso. Fino a quando?
Microplastiche nei laghi italiani
Legambiente ed ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), in studio preliminare del 2016, avevano già evidenziato la presenza di microplastiche in 6 laghi italiani (Iseo, Garda, Lago Maggiore, Trasimeno, Albano e Bolsena). Le analisi condotte negli anni successive hanno mostrato il rapido quanto drammatico peggioramento della situazione.
‘Nel lago di Garda si è passati dalle 9.900 particelle del 2017 alle 131.619 del 2019 per km2. Nelle acque del Trasimeno da quasi 8.000 nel 2017 a 25.000 particelle nel 2019. Sul lago di Bracciano da 117.288 particelle registrate nel 2017 a 392.401 nel 2019. La forma predominante presente in tutti i laghi nei tre anni è quella dei frammenti, che derivano per lo più dalla disgregazione dei rifiuti’ (Legambiente).
Cause e composizione degli inquinanti
Le microplastiche confluiscono nei laghi attraverso le acque di scarico (domestiche e industriali), dilavamento, deflusso superficiale, deposizioni atmosferiche e frammentazione di rifiuti più grandi.
Le cause dell’inquinamento sono in parte legate ai gesti quotidiani di ciascuno. Comportamenti incivili, come l’abbandono nell’ambiente o lo smaltimento scorretto di rifiuti plastici. Ma anche attività in apparenza innocue, come il lavaggio in lavatrice di tessuti sintetici (es. acrilico, nylon), i quali rilasciano fino a un milione e mezzo di microfibre a turno. O l’impiego di cosmetici, che alcuni colossi ancora realizzano con l’aggiunta di microplastiche (sic!).
La composizione degli inquinanti varia, dai due laghi del Centro a quello del Nord Italia:
-nei laghi di Bracciano e Trasimeno le particelle di polietilene, derivate dalla decomposizione degli imballaggi, superano i frammenti in plastica,
-nel Garda vi è una concentrazione superiore di filamenti (da tessuti, indumenti) e frammenti di polistirolo (dalla degradazione di cassette e imballi).
Life Blue Lakes, il progetto di ricerca
Il progetto Blue Lakes, nell’ambito del Programma europeo di ricerca LIFE, si concentra su cinque laghi. (1) Bracciano Trasimeno e Garda in Italia, Costanza e Chiemsee in Germania. Con gli obiettivi di definire protocolli standard di monitoraggio ed elaborare, insieme alle comunità locali, una ‘Carta del Lago’. Vale a dire, ‘un impegno volontario siglato da tutti gli attori coinvolti che prevede l’adozione di buone pratiche gestionali e la diffusione di modelli di economia circolare per proteggere i laghi e ridurre l’impatto delle attività economiche’.
‘I dati sulla presenza e la diffusione delle microplastiche negli ecosistemi delle acque interne raccolti in questi anni consentono di migliorare e approfondire la conoscenza di un fenomeno sempre più diffuso, ma per il quale non esiste ancora una standardizzazione a livello internazionale dei metodi di monitoraggio.
Non esistono programmi di monitoraggio delle microplastiche nei laghi. L’esperienza maturata ad oggi evidenzia la necessità di avviare campagne stagionali di raccolta secondo un protocollo condiviso di campionamento e metodi di analisi.
In questo modo sarà possibile raccogliere e condividere dati utili per la valutazione e gestione del fenomeno delle microplastiche nei bacini lacustri e nella complessa dinamica terra-mare’ (Maria Sighicelli, ricercatrice ENEA, Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali).
Quali soluzioni? Conflitto d’interessi
Life Blue Lakes mira altresì a individuare soluzioni per ridurre l’inquinamento. Ma il progetto è co-finanzato da Plastics Europe, la confederazione europea dei produttori di plastiche. Conflitto d’interessi. L’attenzione si focalizzerà dunque su:
– impianti di depurazione e trattamento, per ‘discutere e sviluppare soluzioni che riducano e prevengano ulteriori carichi primari di microplastiche nei laghi’,
– sensibilizzazione dell’opinione pubblica, per promuovere comportamenti che riducano la diffusione di rifiuti plastici nell’ambiente.
La plastica è il vero problema e bisogna ridurne drasticamente l’impiego in ogni ambito produttivo. A partire dagli imballaggi alimentari, come si è già evidenziato. Bisogna infatti considerare il Life-Cycle Assessment (LCA) delle plastiche e il loro contributo crescente alle emissioni di gas-serra in atmosfera, oltre al guaio delle micro- e nanoplastiche.
Le parole non dette
La pandemia Covid-19 ha aggravato ulteriormente un contesto già grave. Secondo le valutazioni di ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca e protezione Ambientale), ogni giorno in Italia si utilizzano circa 1.240 tonnellate di mascherine e guanti monouso. Tenuto pur conto del parziale riutilizzo delle prime, questi materiali comporteranno nel 2020 un incremento di rifiuti plastici stimato in quasi 300 mila tonnellate.
L’inquinamento da microplastiche e nanoplastiche non può venire affrontato senza lavorare sul primo gradino della scala di Lansink, o gerarchia dei rifiuti, Ridurre. Lo European Green Deal dovrebbe perciò:
- estendere a un più ampio novero di oggetti in plastica monouso dei blandi divieti introdotti con la direttiva SUPs (Single-Use Plastics Directive). A partire dai bicchieri in plastica, finora vergognosamente esclusi,
- introdurre obiettivi più ambiziosi nel Pacchetto Economia Circolare,
- promuovere la ricerca finalizzata allo sviluppo e l’impiego di materiali alternativi, derivati da fonti organiche e rinnovabili (es. canapa, sfalci e scarti vegetali, bambú),
- disincentivare l’utilizzo di materiali plastici non riutilizzabili e promuovere l’adozione di buone prassi per il riutilizzo (al secondo gradino della scala di Lansink), prima ancora del riciclo (invece al terzo gradino). Anche con misure fiscali, che l’Italia si ostina a ritardare.
La sicurezza alimentare non può attendere. La letteratura scientifica ha già evidenziato una serie di rischi associati al consumo di micro- e nanoplastiche. Sostanze tossiche, interferenti endocrini, vettori di microrganismi patogeni, metalli pesanti. Ed è stato dimostrato come esse siano ormai entrate a far parte della dieta delle popolazioni del mondo. L’OMS ha sollecitato i 193 Stati membri a valutare i rischi per la salute pubblica, riferendo proprio alle acque (potabili e minerali).
La Commissione europea, in numerosi comunicati stampa, afferma di aderire all’approccio One Health. Sulle cui basi la salute umana dovrebbe venire affrontata insieme a salute e benessere animale, nonché alla tutela dell’ambiente. Nondimeno, la direttiva acque potabili – pur aggiornata nel 2015 (tramite dir. UE 2015/1787) – non contempla alcuna analisi sulla concentrazione di microplastiche nelle acque destinate al consumo umano. Ma la Commissione europea non ha ancora incaricato l’EFSA di provvedere all’analisi scientifica dei relativi rischi. Né gli Stati membri hanno preso in carico la situazione.
Fino a quando?
Dario Dongo e Sabrina Bergamini
Note
(1) Capofila e coordinatore è Legambiente, con la collaborazione di Arpa Umbria, Autorità di Bacino dell’Italia Centrale, ENEA, Global Nature Fund, Lake Constance Foundation e l’Università Politecnica delle Marche