HomeSicurezzaEtichettatura degli allergeni, il grande caos. Lo studio di Utrecht

Etichettatura degli allergeni, il grande caos. Lo studio di Utrecht

L’etichettatura degli allergeni continua a essere poco chiara, spesso fuorilegge, causando seri rischi alla salute dei consumatori con allergie e intolleranze alimentari.

A tali conclusioni perviene un recentissimo studio dell’università di Utrecht che ha misurato la (scarsa) efficacia delle indicazioni precauzionali sulle etichette degli alimenti preconfezionati. (1)

Etichettatura degli allergeni, c’è una falla

Il Food Information Regulation (reg. UE 1169/11), come già la c.d. direttiva allergeni (dir. 2003/89/CE), prescrive l’indicazione specifica in etichetta della presenza di una o più tra le 14 categorie di sostanze e ingredienti allergenici di cui al suo Allegato II (v. immagine). Con evidenza grafica – ad esempio, in carattere maiuscolo e/o grassetto e/o sottolineato – alla parola chiave che identifica ogni allergene, nella lista ingredienti. (2)

14 allergeni

L’etichettatura precauzionale degli allergeni (Precautional Allergen Labelling, PAL) viene a sua volta utilizzata per avvisare i consumatori in merito alla possibile presenza nel prodotto di determinati allergeni che non vi sono stati immessi deliberatamente (es. ingredienti, additivi) ma possono esservi residuati a causa di contaminazione incrociata (ambientale e di processo).

Il parafulmine dell’etichettatura precauzionale

L’inaccettabile carenza di requisiti chiari su come formulare l’avvertenza precauzionale, nelle linee guida CE, ha favorito la diffusione di tre diversi approcci all’etichettatura precauzionale sulla possibile presenza di allergeni:

– ‘può contenere l’allergene X’. Ed è questa la sola indicazione ammissibile, come si è visto, (3)

– ‘può contenere tracce di allergene X’,

– ‘realizzato in uno stabilimento che lavora anche l’allergene X’.

Ancora più grave è la designazione degli allergeni attraverso nomi di categorie non ammesse dal regolamento (UE) n. 1169/11 (All. VII, Parte B), anziché con i loro nomi specifici. Es. ‘frutta secca con guscio‘ invece di noci, mandorle, nocciole, etc. Ma anche ‘cereali contenenti glutine’ anziché frumento, orzo, segale, avena e loro ceppi ibridati.

Etichettatura degli allergeni, lo studio di Utrecht

Lo studio condotto all’Università di Utrecht (Olanda) ha misurato l’efficacia dell’etichettatura degli allergeni su 18 alimenti preimballati. I ricercatori hanno elaborato campioni fittizi, con marchi di fantasia non presenti sul mercato, onde prevenire condizionamenti legati a precedenti esperienze di consumo.

Il campione è stato sottoposto a 238 individui over-16, con e senza allergie alimentari diagnosticate, richiesti di fare la spesa per un soggetto con allergia alimentare.

Etichettatura degli allergeni non chiara per 1 consumatore su 2

I risultati dello studio sono allarmanti. Il 50% circa dei partecipanti, tra allergici e non allergici, ha espresso incertezze sulle informazioni relative agli allergeni.

L’indicazione ‘Può contenere l’allergene X‘, come prevedibile, ha ottenuto il punteggio più alto per comprensibilità.

La dicitura ‘realizzato in uno stabilimento che lavora anche l’allergene X’, invece, viene intesa come indicazione di un rischio minore rispetto alle altre due locuzioni in uso. Una sottovalutazione pericolosa, perché gli alimenti preconfezionati contaminati inavvertitamente possono contenere livelli significativi di proteine allergeniche e comportare rischi elevati per i consumatori allergici.

Confusione e sottostima del rischio

Una grave criticità emersa nello studio di Utrecht è la diversa percezione del rischio di sicurezza alimentare, tra soggetti allergici e non.

Paradossalmente, i consumatori non allergici esprimono maggiore cautela e considerano problematica anche l’assenza di indicazioni sull’eventuale presenza di allergeni. I consumatori allergici che hanno partecipato allo studio, viceversa, sono giunti a sottovalutare alcune avvertenze precauzionali.

Rassegnazione e pericolo allergie alimentari

I consumatori allergici potrebbero essere incorsi in gravi rischi con questi prodotti, in più occasioni, e potrebbero non aver avuto reazioni. Così, comprensibilmente, sviluppano un atteggiamento sprezzante nei confronti del rischio.

 A nostro avviso, questa scoperta è una forte indicazione che le informazioni sull’allergia inviano segnali sbagliati a quelle persone che vogliono e hanno esigenza di comprendere il significato di queste informazioni‘. (1)

Un precedente studio prospettico dell’università di Utrecht su adulti allergici ha rilevato che quasi la metà dei partecipanti ha avuto esperienza di reazioni allergiche inaspettate, con reazioni in prevalenza moderate o gravi. E la maggior parte delle reazioni (41%) riguardava alimenti preconfezionati.

Marta Strinati e Dario Dongo

Note

(1) Bregje C. Holleman et al. (2021). Poor understanding of allergen labelling by allergic and non-allergic consumers. Clinical and experimental allergy. https://doi.org/10.1111/cea.13975

(2) Dario Dongo. Allergeni, linee guida. GIFT (Great Italian Food Trade), 15.9.17. https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/allergeni-linee-guida

(3) Dario Dongo. Può contenere allergeni, ABC. GIFT (Great Italian Food Trade). 24.6.18. https://www.greatitalianfoodtrade.it/salute/può-contenere-allergeni-abc

(4) Michelsen-Huisman AD, van Os-Medendorp H, Blom WM, et al. (2018). Accidental allergic reactions in food allergy: Causes related to products and patient’s management. Allergy. 2018;73(12):2377-2381. https://doi.org/10.1111/all.13560 Testo integrale dello studio disponibile su https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/all.13560

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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