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Crisi del grano e food security, gli interventi essenziali

La crisi del grano esacerbata dalla guerra Ucraina-Russia minaccia la food security, cioè la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari. Un gruppo di ricercatori ne analizza l’evoluzione e propone alcuni interventi essenziali, su Nature Food, per mitigare il rischio di una crisi globale che potrebbe durare molti anni. (1)

Crisi del grano e food security

La premessa è il mix di effetti generati dal conflitto ucraino sulle forniture di grano (consumato da 2,5 miliardi di persone), fertilizzanti e fonti energetiche. Il blocco delle esportazioni, le sanzioni e le speculazioni hanno infiammato i prezzi.

Nel marzo 2022, l’indice dei prezzi alimentari ha raggiunto un livello record dalla sua introduzione nel 1990, aumentando di 12,6%, trainato dai prezzi dei cereali e dell’olio vegetale: il solo prezzo del grano è aumentato del 19,7% a marzo’, ricordano i ricercatori.

Grano, il ruolo di Russia e Ucraina

Il peso di Russia e Ucraina nelle forniture di grano è spiegato dai numeri. Da quei suoli nel 2020 proveniva il 28% delle esportazioni mondiali di grano. La loro carenza (e il caro-prezzi) mina la sicurezza alimentare nei Paesi a reddito basso e basso in Nord Africa, Medio Oriente, Mediterraneo, Africa subsahariana, Asia meridionale e Sud-est asiatico.

La crisi di food security (acuita dalla emergenza grano) è particolarmente grave, come illustrato nel rapporto di iPES FOOD (2022) sui malfunzionamenti del mercato alimentare globale:

  • in Egitto, ove oltre la metà dei 21 mln t di grano consumati ogni anno proviene dall’estero. Nel 2021, il 50% dell’import proveniva dalla Russia e il 30% dall’Ucraina.
  • in Yemen, Sudan e Bangladesh. (2)

Gli interventi essenziali

Lo scenario attuale, secondo gli autori del documento, richiede alcuni interventi essenziali:

1) Mitigare la crisi di food security a breve termine

Per soddisfare la domanda, è opportuno aumentare la produzione con incentivi economici dedicati (es. input, macchinari, etc.) e al contempo estendere le coltivazioni nelle aree vocate (Canada, Usa, Europa). Ma anche:

  • incentivare gli agricoltori a coltivare grano mediante fissazione di prezzi minimi (equi, ndr e) garantiti,
  • preservare le scorte, se necessario, riservandone l’utilizzo a esclusivo uso alimentare,
  • sperimentare le miscele di farine, aggiungendo al grano colture ricche di nutrienti e/o resilienti come legumi, manioca, sorgo e miglio.

Garantire l’accesso al grano a livello globale richiede invece politiche sovranazionali (a livello ONU) volte a disincentivare le speculazioni, mediante tasse e controlli tesi a impedire le esportazioni alle prime avvisaglie di crisi.

2) Stabilizzare l’offerta di grano

Gli interventi da giocare nel medio termine partono anch’essi da un aumento della produzione. Molti Paesi hanno un potenziale inespresso. I ricercatori citano il caso degli altopiani dell’Africa orientale e l’Africa meridionale. Tuttavia, le decisioni dipendono dalle priorità nazionali. Talvolta ‘eterodirette’.

In questa direzione va la politica del governo dell’Etiopia, che punta all’autosufficienza del grano mediante l’espansione delle coltivazioni nelle pianure meno popolate e nelle zone centrali del Paese. Oltre alle buone intenzioni, avvertono i ricercatori, il percorso per l’autosufficienza richiede riforme nella politica agricola e la fornitura di servizi basilari come credito, logistica, istruzione e comunicazioni.

In molti contesti, i sistemi di base necessari per costruire l’autosufficienza del grano sono sottosviluppati’.

Un adeguato supporto tecnico può contribuire all’incremento di produttività delle colture esistenti. Il cambiamento si genera anche con investimenti modesti, quali ad esempio la semina su file, l’uso mirato di fertilizzanti (e biostimolanti, ndr), migliore controllo dei parassiti, integrazione con le colture di leguminose, etc. Fino ai sistemi più evoluti di osservazione satellitare delle colture.

3) Migliorare la resilienza del sistema agroalimentare

Gli interventi essenziali indicati nel breve e medio periodo sono in ogni caso insufficienti a garantire la stabilità della sicurezza alimentare. La via da percorrere nel lungo periodo è la transizione alla resilienza del sistema agroalimentare.

Un punto focale è la protezione dei suoli. L’invocata espansione delle produzioni, avvertono i ricercatori, non deve svilire le aree del pianeta vitali nella conservazione della biodiversità, nel sequestro del carbonio e in altri servizi ecosistemici. Si veda il caso del Brasile, che consuma foresta senza controllo per l’agrobusiness. (3)

Una transizione verso la resilienza del sistema agroalimentare richiederà di bilanciare le esigenze di approvvigionamento alimentare con gli imperativi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, equità di genere (le donne sono le prime vittime delle crisi alimentari, ndr), sufficienza nutrizionale e sicurezza dei mezzi di sussistenza’, concludono i ricercatori.

Immagine di copertina tratta dallo studio in nota 1.

Note

(1) Bentley, A.R., Donovan, J., Sonder, K. et al. Near- to long-term measures to stabilize global wheat supplies and food security. Nat Food 3, 483–486 (2022). https://doi.org/10.1038/s43016-022-00559-y

(2) Marta Strinati. Aumento dei prezzi e crisi alimentare in tempo di guerra. Retroscena nel rapporto iPES FOOD. GIFT (Great Italian Food Trade), 10.5.22

(3) Dario Dongo, Isis Consuelo Sanlucar Chirinos. Land grabbing e deforestazioni in Brasile, le barbarie proseguono. GIFT (Great Italian Food Trade), 20.5.22

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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