Escherichia coli è un batterio Gram negativo comune nel tratto intestinale dell’uomo e degli animali, dove svolge importanti funzioni digestive. Si tratta, quindi, di un batterio commensale del tutto innocuo, tranne che per gli stipiti che hanno acquisito la capacità di causare lesioni, talora molto gravi. Gli stipiti patogeni di E. coli sono responsabili generalmente di malattie all’apparato urinario (E. coli uropatogeni) o gastroenterico (E. coli diarroici), ma anche di forme setticemiche e di meningite.
Caratteristiche degli STEC
Tra gli E. coli causa di infezioni gastrointestinali, i più temibili sintetizzano una tossina molto potente, capace di superare la sede intestinale (dove risiede il batterio) e raggiungere i distretti vascolari del rene, del colon e del cervello, provocandovi lesioni spesso irreversibili.
Si tratta degli E. coli produttori di Shiga tossine (Shiga toxin-producing E. coli; STEC), tristemente noti per aver causato focolai di tossinfezione alimentare anche molto estesi.
Le tossine prodotte sono due (Stx1 e Stx2), di cui esistono numerose varianti: quattro per Stx1 (a, c, d and e) e 15 per Stx2 (a- o). Oltre alle tossine, una caratteristica degli STEC è quella di aderire saldamente alle cellule della muscosa intestinale grazie ad una proteina di adesione, detta “intimina”, sintetizzata dal gene eae, o ad altri fattori adesivi.
La differenziazione degli STEC si basa principalmente sugli antigeni O di superficie, oltre agli antigeni H flagellari, con la loro suddivisione in sierogruppi (ad es. STEC O157) o sierotipi (ad es. STEC O157:H7).
Questa classificazione permette di assegnare ai vari gruppi un potere patogeno diverso, a seconda del loro coinvolgimento nei casi di infezione umana. Ad oggi, in Europa, sono oggetto di analisi soprattutto i sierogruppi “Top-5”: O26, O103, O111, O145, O157.
Animali serbatoio
Gli STEC, tuttavia, non sono patogeni per tutti gli esseri viventi. Molte specie animali possono albergarli a livello intestinale in assenza di sintomi, come succede nei ruminanti domestici (bovini, ovo-caprini, bufali) e selvatici (cervi).
L’eliminazione degli STEC con le feci può causare la contaminazione del latte alla mungitura o quella delle carni durante la macellazione.
Alimenti a rischio
Tra gli alimenti a rischio si annoverano, oltre a latte crudo, formaggi a latte crudo, carni bovine e di altri ruminanti, anche vegetali e acqua contaminati da deiezioni animali.
Per quanto riguarda le carni bovine, sono a rischio quelle consumate crude o poco cotte, quali carpaccio, tartare e hamburger. A tale proposito, proprio gli hamburger sono stati responsabili dei primi focolai di tossinfezione, segnalati negli USA negli anni’80 e culminati con un focolaio multistato nel 1993.
In questi primi casi, venne identificato STEC O157 quale responsabile delle infezioni nei consumatori. Nei decenni successivi, tuttavia, si è compreso che molti altri STEC erano patogeni per l’uomo, quali i suddetti Top-5.
Un focolaio sviluppatosi in Germania nel 2011, nel quale si sono segnalati più di 4.000 casi e una cinquantina di decessi, è stato causato da STEC O104:H4, ampliando ancora il numero dei sierotipi di E. coli sui quali puntare l’attenzione.
La malattia da STEC nell’uomo
L’uomo può infettarsi per contatto diretto con gli animali portatori (ad esempio, con bovini e altri ruminanti), se vi è un contatto stretto che facilita l’ingestione dei microrganismi eliminati per via fecale. A tale proposito, molto pericoloso è il comportamento dei bambini in visita a fattorie o allevamenti, che accarezzano il mantello degli animali e, in seguito, si portano le mani alla bocca.
Un’altra via di trasmissione è quella interumana, all’interno di comunità o gruppi familiari. Infine, vi è la via di trasmissione legata al consumo di alimenti contaminati. L’infezione è facilitata dalla bassa dose infettante, in quanto possono essere sufficienti anche meno di 100 microrganismi.
Le infezioni da STEC possono avere decorso asintomatico, soprattutto negli adulti, o dare origine a forme diarroiche, ma anche evolvere verso un’enterite emorragica o la Sindrome Emolitico Uremica (SEU). Quest’ultima forma è particolarmente severa in quanto, oltre alla compromissione della funzionalità renale, che richiede al paziente di sottoporsi a dialisi, possono comparire sintomi neurologici, come stato confusionale, sopore, ottundimento del sensorio, convulsioni e coma.
Le forme più gravi di malattia, che possono portare anche al decesso, si verificano nei bambini in età prescolare (da 0 a 4 anni) e negli anziani (85 anni e oltre).
La normativa italiana ed europea
In Italia, gli operatori del settore alimentare (OSA) addetti alla produzione e vendita delle carni devono seguire le norme del Pacchetto Igiene, un insieme di Regolamenti europei emanati a partire dal 2002.
Queste norme impongono il rispetto di rigorose norme di igiene durante la macellazione degli animali e la produzione delle carni, oltre applicazione di piani HACCP.
Tuttavia, sfugge al regolamento sui controlli microbiologici nei prodotti alimentari (Regolamento CE 2073/2005) un criterio per la ricerca degli STEC nelle carni bovine, presente solo per i semi germogliati (responsabili del focolaio tedesco del 2011).
Prevenzione
Soprattutto le persone appartenenti alle categorie a rischio, quali i bambini molto piccoli e gli anziani, devono essere tutelati impedendo loro un contatto diretto con gli animali portatori e non somministrando loro prodotti alimentari a rischio, quali latte crudo, formaggi a latte crudo, soprattutto se a breve stagionatura, verdure non accuratamente lavate e acqua non potabile.
Nel caso delle carni bovine, va fatta grande attenzione alle carni consumate crude (tartare, carpaccio) che devono essere ottenute nel più rigoroso rispetto delle norme igieniche.
Gli hamburger vanno cotti in maniera adeguata, facendo attenzione che il calore raggiunga anche il ‘cuore’ del prodotto e non solo la sua superficie. Di fatto, il problema dei prodotti ottenuti con carni macinate è che, a differenza dei tagli interi nel quali la contaminazione batterica è superficiale, in essi diventa profonda a causa della riduzione in frammenti e del loro rimescolamento. Gli hamburger che hanno causato i focolai negli USA erano, infatti, parzialmente crudi al centro (con carni rosate e non del tradizionale colore bruno che si osserva dopo adeguata cottura).
Silvia Bonardi
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Laureata in Medicina Veterinaria e Specialista in Ispezione degli Alimenti di origine animale ed in Sanità Pubblica Veterinaria, è docente di Ispezione e controllo degli alimenti di origine animale presso l'Università di Parma.