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Vitamina D per prevenire e trattare Covid-19. Lettera aperta

La vitamina D è utile a prevenire e trattare le infezioni da Covid-19. Alla luce di nuove evidenze scientifiche, Scozia e Gran Bretagna hanno iniziato a distribuirla gratuitamente alle fasce di popolazione a rischio. Il Gruppo dei 61 – tanti sono i medici e accademici italiani che credono nell’opportunità di seguire l’esempio britannico – pubblica una lettera aperta. (1) GIFT (Great Italian Food Trade) ed Égalité Onlus si uniscono a questo appello. Le ragioni a seguire.

Covid-19, il ruolo della vitamina D per prevenire e trattare le infezioni da Covid-19

All’alba della dichiarazione di pandemia da SARS-CoV-2 due medici dell’Accademia di Medicina di Torino – Giancarlo Isaia ed Enzo Medico, rispettivamente professori di geriatria e istologia – hanno per primi intuito il possibile ruolo della vitamina D nella prevenzione e trattamento delle infezioni. (2) Si richiamano, a tale riguardo, l’elenco dei cibi con i maggiori tenori di vitamina D e le raccomandazioni di esposizione quotidiana ai raggi solari. (3)

Il ruolo favorevole della vitamina D è stato ribadito in una serie di studi pubblicati su riviste scientifiche internazionali (4,5,6). I governi di Scozia e Gran Bretagna hanno perciò deciso la sua distribuzione gratuita alle fasce di popolazione più a rischio. Il governo scozzese ne distribuisce a 2,7 milioni di persone a maggior rischio COVID-19 (anziani e residenti nelle RSA, gruppi etnici più esposti a carenze vitaminiche). (7) Un’operazione che la Camera dei Comuni considera a ‘basso costo, zero rischio e potenziale elevata efficacia‘ (low-cost, zero-risk, potentially highly effective action). Un recente studio della Royal Society of London a sua volta spiega che ‘it seems there is nothing to loose and potentially much to gain’. (8)

Italia, divieto di prescrizione

AIFA (Agenzia italiana del farmaco) – a dispetto dell’evidenza scientifica sulle funzioni cruciali della vitamina D (3) – ha vietato la sua prescrizione, come si è visto, a fine 2019. (4) Al di fuori dei soli casi di insufficienza grave (livelli sierici di 25OHD < 20 ng/mL).

La popolazione anziana in Italia, però, è in larga misura carente di vitamina D. (9) Ed è il primo bersaglio letale del virus, come purtroppo si continua a osservare con la quotidiana statistica dei decessi. Ciononostante, solo una ristretta cerchia di medici sembra abituata a leggere la letteratura scientifica.

Ipovitaminosi D e mortalità da Covid-19

PubMed raccoglie circa 300 lavori scientifici sulle correlazioni tra i livelli di vitamina D e Covid-19. Studi retrospettivi e meta-analisi (10,11). Confermando la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti contagiati da COVID-19, soprattutto se in forma severa e di una più elevata mortalità (OR 3,87) a essa associata (12,13).

Paradossalmente, il mainstream media ha dato invece ampia evidenza all’unico studio che nega l’utilità della somministrazione di Vitamina D (in prevalenza colecalciferolo) a pazienti COVID-19. Un lavoro non ancora pubblicato, in attesa di peer-review (revisione tra esperti nell’ambito scientifico di riferimento), peraltro condotto su pazienti in uno stadio molto avanzato della malattia. (14) È senza dubbio meglio prevenire.

Le evidenze cliniche

Le evidenze cliniche sulla utilità della vitamina D nel contrasto a COVID-19 vengono così riassunte dagli autori della lettera aperta:

– uno studio osservazionale di 6 settimane su 154 pazienti mostra la prevalenza di ipovitaminosi D (<20 ng/mL) nel 96,82%(2020) dei soggetti poi ricoverati in terapia intensiva, (15)

– uno studio randomizzato su 76 pazienti oligosintomatici ha rivelato come i soggetti trattati con dosi elevate di calcifediolo siano stati corretti a ricovero in terapia intensiva in quota minimale (2%, 1/50) rispetto ai pazienti non trattati (50%, 13/26) nei pazienti non trattati, (16)

– uno studio retrospettivo su oltre 190.000 pazienti ha evidenziato la presenza di una significativa correlazione fra la bassa percentuale dei soggetti positivi alla malattia e più elevati livelli circolanti di 25OHD, (17)

– in 77 soggetti anziani ospedalizzati per COVID-19, la probabilità di sopravvivenza alla malattia, stimata con la curva di Kaplan–Meier, è risultata significativamente correlata con la somministrazione di colecalciferolo, assunto nell’anno precedente alla dose di 50.000 UI al mese, oppure di 80.000-100.000 UI per 2-3 mesi, oppure ancora di 80.000 UI al momento della diagnosi. (18)

nei pazienti PCR-positivi per SARS-CoV-2, i livelli di vitamina D sono risultati significativamente minori (p=0.004) rispetto a quelli dei pazienti PCR-negativi (dato poi confermato da altri lavori in termini di maggiore velocità di clearance virale e guarigione per coloro che hanno livelli ematici più elevati di vitamina D), (19)

– una sperimentazione clinica su 40 pazienti asintomatici o paucisintomatici ha mostrato la negativizzazione della malattia nel 62,5% (10/16) dei pazienti trattati con alte dosi di colecalciferolo (60.000 UI/die per 7 giorni), contro il 20,8% (5/24) dei pazienti del gruppo di controllo. Nei pazienti trattati è stata inoltre riscontrata una riduzione significativa dei livelli plasmatici di fibrinogeno. (20)

Le dosi di vitamina D raccomandate dal Gruppo dei 61

Sulla base dei risultati, il ‘Gruppo dei 61’ medici e accademici italiani formula le seguenti considerazioni:

– la vitamina D sembra più efficace contro il COVID-19 – sia per la velocità di negativizzazione, sia per l’evoluzione benigna della malattia in caso di infezione – se somministrata con obiettivi di prevenzione, soprattutto nei soggetti anziani, fragili e istituzionalizzati. (21) Sia pure in attesa di  ulteriori studi controllati,

– in ambito preventivo, il target plasmatico minimo ottimale del 25(OH)D da raggiungere è stimato in 40 ng/mL. (22) Per raggiungere tale livello, occorre somministrare elevate dosi di colecalciferolo, anche in relazione ai livelli basali del paziente, fino a 4000 UI/die, (23)

– in ambito terapeutico, gli studi randomizzati indicano l’utilità di un’unica somministrazione in bolo di 80.000 UI di colecalciferolo (N° 4, Annweiler G et al.), oppure di calcifediolo (0,532 mg il 1° giorno, 0,266 mg il 3°, il 7° giorno e poi una volta alla settimana) (N° 2, Castillo ME et al.), oppure ancora di 60000 IU di colecalciferolo per 7 giorni, con l’obiettivo di raggiungere 50 ng/mL di 25 (OH)D. (20)

Lettera aperta. L’appello del Gruppo dei 61

Il Gruppo dei 61 – i 61 medici e accademici firmatari della lettera aperta 3.12.20 – chiede quindi ‘un serio approfondimento in materia‘. In particolare:

1) l’attivazione di una consensus conference e/o di uno studio clinico randomizzato e controllato, promosso e supportato dallo Stato, sull’efficacia terapeutica della Vitamina D in pazienti sintomatici o oligosintomatici. Applicando uno dei seguenti schemi:

– colecalciferolo per via orale 60.000 UI/die per 7 giorni consecutivi,
– colecalciferolo in monosomministrazione orale 80.000 (nei pazienti anziani),
– calcifediolo 0.532 mg (106 gocce) nel giorno 1 e 0,266 mg (53 gocce) nei giorni 3 e 7 e poi in monosomministrazione settimanale,

2) la somministrazione preventiva di colecalciferolo orale (fino a 4000 UI/die) a soggetti a rischio di contagio (anziani, fragili, obesi, operatori sanitari, congiunti di pazienti infetti, soggetti in comunità chiuse). In questo ambito, l’utilizzo della vitamina D, anche ad alte dosi, non presenta effetti collaterali di rilievo (14), è comunque utile per correggere una situazione di specifica carenza generale della popolazione, soprattutto nel periodo invernale, indipendentemente dalla infezione da SARS-CoV-2.

Condividere la conoscenza

Il documento – allegato in nota 1 – è elaborato dal gruppo di lavoro dell’Accademia di Medicina di Torino, coordinato dal suo Presidente, Prof Giancarlo Isaia, professore di Geriatria e da Antonio D’Avolio, professore di Farmacologia all’Università di Torino, e composto da 61 medici di molte città italiane.

Già inviato alle autorità sanitarie nazionali e regionali, può venire condiviso mediante invio di una mail all’Accademia di Medicina di Torino (accademia.medicina@unito.it).

Per ulteriori notizie e dati scientifici su come rinforzare il sistema immunitario attraverso la dieta, si fa richiamo al Volume I – Persone della trilogia Covid-19, abc su https://www.greatitalianfoodtrade.it/covid-19-abc-volume-i-persone_1

Marta Strinati e Dario Dongo

Note

(1) Il testo integrale del documento del 3.12.20, in ALLEGATO, contiene anche l’elenco dei sottoscrittori,

(2) Isaia, G., Medico, E. (2020). Associations between hypovitaminosis D and COVID-19: a narrative review. Aging Clin Exp Res 32, 1879–1881 . https://doi.org/10.1007/s40520-020-01650-9

(3) Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. Il potenziale della vitamina D nella prevenzione e trattamento di Covid-19. GIFT (Great Italian Food Trade). 30.3.20, https://www.greatitalianfoodtrade.it/salute/il-potenziale-della-vitamina-d-nella-prevenzione-e-trattamento-di-covid-19

(4) Marta Strinati, Dario Dongo. Vitamina D, prove scientifiche sul ruolo anti Covid-19. Ma il SSN blocca le prescrizioni. GIFT (Great Italian Food Trade). 8.7.20. https://www.greatitalianfoodtrade.it/salute/vitamina-d-prove-scientifiche-sul-ruolo-anti-covid-19-ma-il-ssn-blocca-le-prescrizioni 

(5) Marta Strinati. Covid-19, nuove evidenze sui benefici della vitamina D. GIFT (Great Italian Food Trade). 6.9.20, https://www.greatitalianfoodtrade.it/salute/covid-19-nuove-evidenze-sui-benefici-della-vitamina-d

(6) Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. Vitamina D, sistema immunitario e Covid-19. Nuove evidenze scientifiche. GIFT (Great Italian Food Trade). 29.9.20, https://www.greatitalianfoodtrade.it/salute/vitamina-d-sistema-immunitario-e-covid-19-nuove-evidenze-scientifiche 

(7) Mattha Busbi. Covid: UK government requests guidance on vitamin D use. The Guardian. 14.11.20, https://www.theguardian.com/world/2020/nov/14/covid-uk-government-requests-guidance-on-vitamin-d-use

(8) George Griffin, Martin Hewison, Julian Hopkin, Rose Kenny, Richard Quinton, Jonathan Rhodes, Sreedhar Subramanian, David Thickett (2020). Vitamin D and COVID-19: evidence and recommendations for supplementation. Royal Society Open Science, December 2020, Volume 12, Issue 7. doi: https://doi.org/10.1098/rsos.201912

(9) Isaia, G., Giorgino, R., Rini, G.B. et al. (2003). Prevalence of hypovitaminosis D in elderly women in Italy: clinical consequences and risk factors. Osteoporos Int 14, 577–582. doi: https://doi.org/10.1007/s00198-003-1390-7

(10) Meltzer DO, Best TJ, Zhang H, Vokes T, Arora V, Solway J. Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19 Test Results. JAMA Netw Open. 2020;3(9):e2019722. doi:10.1001/jamanetworkopen.2020.19722

(11) Marcos Pereira, Alialdo Dantas Damascena, Laylla Mirella Galvão Azevedo, Tarcio de Almeida Oliveira & Jerusa da Mota Santana (2020). Vitamin D deficiency aggravates COVID-19: systematic review and meta-analysis. Critical Reviews in Food Science and Nutrition, doi: 10.1080/10408398.2020.1841090

(12) Kohlmeier M. Avoidance of vitamin D deficiency to slow the COVID-19 pandemic. BMJ Nutrition, Prevention & Health 2020;3:doi:10.1136/bmjnph-2020-000096

(13) Dieter De Smet, MD, Kristof De Smet, MD, Pauline Herroelen, MSc, Stefaan Gryspeerdt, MD, Geert A Martens, MD, PhD, Serum 25(OH)D Level on Hospital Admission Associated With COVID-19 Stage and Mortality, American Journal of Clinical Pathology, https://doi.org/10.1093/ajcp/aqaa252

(14) Igor H. Murai et al. (2020). Effect of Vitamin D3 Supplementation vs Placebo on Hospital Length of Stay in Patients with Severe COVID-19: A Multicenter, Double-blind, Randomized Controlled Trial. medRxiv 2020.11.16.20232397. doi: https://doi.org/10.1101/2020.11.16.20232397

(15) Jain, A., Chaurasia, R., Sengar, N.S. et al. (2020). Analysis of vitamin D level among asymptomatic and critically ill COVID-19 patients and its correlation with inflammatory markers. Sci Rep 10, 20191. https://doi.org/10.1038/s41598-020-77093-z

(16) Marta Entrenas Castillo et al. (2020). Effect of calcifediol treatment and best available therapy versus best available therapy on intensive care unit admission and mortality among patients hospitalized for COVID-19: A pilot randomized clinical study. The Journal of Steroid Biochemistry and Molecular Biology, Volume 203, 2020, 105751, ISSN 0960-0760, https://doi.org/10.1016/j.jsbmb.2020.105751

(17) Kaufman HW, Niles JK, Kroll MH, Bi C, Holick MF (2020). SARS-CoV-2 positivity rates associated with circulating 25-hydroxyvitamin D levels. PLoS ONE 15(9): e0239252. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0239252

(18) Annweiler, G.; Corvaisier, M.; Gautier, J.; Dubée, V.; Legrand, E.; Sacco, G.; Annweiler, C., on behalf of the GERIA-COVID study group (2020). Vitamin D Supplementation Associated to Better Survival in Hospitalized Frail Elderly COVID-19 Patients: The GERIA-COVID Quasi-Experimental Study. Nutrients 2020, 12, 3377. https://doi.org/10.3390/nu12113377

(19) D’Avolio, A.; Avataneo, V.; Manca, A.; Cusato, J.; De Nicolò, A.; Lucchini, R.; Keller, F.; Cantù, M. 25-Hydroxyvitamin D Concentrations Are Lower in Patients with Positive PCR for SARS-CoV-2. Nutrients 2020, 12, 1359. https://doi.org/10.3390/nu12051359

(20) Rastogi A, Bhansali A, Khare N, et al. (2020). Short term, high-dose vitamin D supplementation for COVID-19 disease: a randomised, placebo-controlled, study (SHADE study) Postgraduate Medical Journal. doi: 10.1136/postgradmedj-2020-139065)

(21) Mamtha Balla et al. (2020) Back to basics: review on vitamin D and respiratory viral infections including COVID-19. Journal of Community Hospital Internal Medicine Perspectives, 10:6, 529-536. doi: 10.1080/20009666.2020.1811074

(22) Maghbooli Z, Sahraian MA, Ebrahimi M, Pazoki M, Kafan S, Tabriz HM, et al. (2020). Vitamin D sufficiency, a serum 25-hydroxyvitamin D at least 30 ng/mL reduced risk for adverse clinical outcomes in patients with COVID-19 infection. PLoS ONE 15(9): e0239799. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0239799

(23) Arboleda John F., Urcuqui-Inchima Silvio (2020). Vitamin D Supplementation: A Potential Approach for Coronavirus/COVID-19 Therapeutics? Frontiers in Immunology. Volume 1, 1523. doi: 10.3389/fimmu.2020.01523

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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