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Superfood, crescente interesse e possibili rischi esotici

superfood incontrano il crescente interesse dei consumatori europei. Nell’illusione, fomentata dal marketing, che il consumo occasionale di un singolo prodotto possa compensare i danni delle diete squilibrate.

Il BfR, l’Istituto tedesco per l’analisi del rischio, dedica a questo fenomeno il proprio sondaggio annuale (su 1.000 persone). Evidenziando che alcuni cibi locali sono ‘super-salutari’ come quelli esotici. E che questi ultimi, in alcuni casi, possono invece presentare potenziali rischi per la salute. Micotossine e pesticidi, in primis.

Superfood, health claims, Novel Food

Gli alimenti nutraceutici – e cosìsuperfood – sono di fatto privi di una definizione giuridica. Ogni riferimento anche generico alle proprietà nutrizionali e salutistiche dei cibi è perciò disciplinato, in Unione Europea, dal Nutrition & Health Claims Regulation (NHC, reg. CE 1924/06).

Alcuni alimenti designati come superfood, tra l’altro, sono soggetti alla disciplina dei Novel Food (reg. UE 2283/2015). La quale prescrive l’autorizzazione della Commissione europea in accordo con gli Stati membri – a seguito di valutazione scientifica dell’EFSA (European Food Safety Authority) – all’immissione in commercio di cibi privi di esperienza di consumo in UE anteriore al 1997. Come è accaduto per i semi di chia e si spera accadrà anche per altri superfood, quali insetti e microalghe.

Superfood, il sondaggio del BfR

La popolarità del concetto di superfood nel Vecchio Continente è mostrata dal sondaggio condotto a luglio 2020 dal BfR (Bundesinstitut für Risikobewertung). Il 70% degli intervistati infatti ha conoscenza diretta di questa ‘categoria di alimenti’, o quantomeno ne ha sentito parlare. Le proprietà che vi sono associate sono essenzialmente due:

– benefici per la salute (37%),

– tenori elevati di vitamine (17%).

I prodotti identificati come superfood sono soprattutto di origine esotica. Nell’ordine i semi di chia (70% degli intervistati), le bacche di goji (65%), la quinoa (57%) e I semi di lino (53%). Paradossalmente invece, i consumatori tedeschi non considerano l’evidente natura di superfood di alimenti propri della propria cultura, come:

– ribes nero, ricco in vitamine e polifenoli, a cui il 46% degli intervistati non attribuisce alcun ruolo per la salute. Di opinione favorevole solo il 42%,

– avena, ricca in proteine e fibre probiotiche tra cui i betaglucani, che la stessa EFSA riconosce avere un ruolo nella riduzione del colesterolo ematico (47% vs. 41%).

Superfood, i consumi

Un terzo degli intervistati da BfR (33%) dichiara di consumare superfood almeno una volta a settimana, per assicurarsi una dieta salutare. Una quota leggermente inferiore (31%) ne giustifica il consumo con il gusto gradevole.

Nel complesso, il 23% del campione è convinto che questi alimenti offrano benefici per la salute. Nell’ordine, tali benefici sono associati a:

– elevato tenore di vitamine (19%),

– benefici generali per la salute (15%),

– rafforzamento del sistema immunitario (11%).

Superfood a tavola

superfood consumati di recente dai partecipanti al sondaggio di BfR sono però diversi da quelli sopra indicati. In cima all’elenco svetta l’avocado (42%), un frutto esotico ormai molto diffuso e prodotto, tra l’altro, anche in Italia.

Seguono in ordine sparso, tra esotismo e tradizioni locali:

– semi di chia (23%)

– quinoa e semi di lino (12%),

– avena (9%),

– bacche di goji (6%)

– ribes, frutta secca, mirtilli (4%),

– altri tipi di semi (3%).

Superfood, meglio esotici o locali?

Virtus stat in medium. L’antico adagio conferma la sua attualità anche nel rapporto di BfR. Laddove si sottolinea come una dieta varia ed equilibrata – priva di alimenti ultraprocessati, aggiungiamo noi – rimanga la scelta da favorire per mantenere una buona salute.

I cibi locali, oltretutto, hanno poco o nulla da invidiare a quelli in arrivo da Paesi lontani. Il ribes nero, ad esempio, è un alimento locale che contiene elevate quantità di vitamina C, proprio come le bacche di goji (quasi sempre di origine cinese). E i semi di lino locali – come la canapa, si ricorda – sono ricchi in proteine e acidi grassi Omega3, senza bisogno di chia.

Superfood, i diffidenti

Alcuni consumatori, tra i tedeschi intervistati, dichiarano invece di non assumere i c.d. superfood. Per semplice disinteresse (13%), scarsa fiducia (11%) o questioni di gusto (1%).

Il timore che i superfood esotici possano presentare possibili rischi per la salute è tutto sommato raro. Solo il 3% vi crede fermamente, un altro 5% ne considera la verosimiglianza. Con motivazioni varie, riferite per lo più (13%) agli ingredienti discutibili.

Superfood, i rischi per la salute nel RASFF

Il RASFFRapid Alert System on Food and Feed, rivela la ricorrenza di rischi per la salute su due superfood di importazione, i semi di chia e le bacche di goji. In prevalenza a causa di contaminanti e residui di pesticidi spesso vietati in Europa. Alcune notifiche di allerta in UE riguardano poi la contaminazione con allergeni non dichiarati in etichetta.

Semi di chia, micotossine pericolose

I semi di chia di provenienza extra-UE sono stati oggetto di diverse notifiche di allerta, negli ultimi anni, per la presenza di micotossine cancerogene e genotossiche. Come l’aflatossina B1, una delle più pericolose, anche a livelli molto elevati:

– a novembre 2019, i Paesi Bassi hanno eseguito tre notifiche su semi di chia origine Paraguay con aflatossina B1 a livelli molto elevati (32,6 ppb o µg/kg),

– a luglio 2019, sempre i Paesi Bassi segnalavano aflatossine (3,3 ppb la B1, 7.4 il totale) su semi di chia origine Uganda, in arrivo dalla Germania,

– a novembre 2018, la Germania segnalava a sua volta livelli micidiali aflatossine (70,4 ppb la B1, 79,3 il totale) su semi di chia bio in arrivo dall’Austria con materia prima dalla Germania stessa.

Altre due segnalazioni hanno riguardato:

– salmonella in un carico proveniente dalla Bolivia, segnalato il 9.3.20 dalla Romania,

– allergeni non dichiarati (sesamo) su una partita segnalata dalla Svezia, a marzo 2019, distribuita anche in Finlandia.

Bacche di goji e pesticidi vietati

Le bacche di goji segnalate nel Rasff provengono sempre dalla Cina. Il problema sono gli elevati residui di pesticidi, quasi sempre vietati in Europa. Il problema è da attribuire alla ‘droga del prezzo’, vale a dire l’ostinazione a pretendere di pagare il meno possibile frutti la cui coltivazione, coltivazione e raccolta richiedono molta cura.

alert bacche di goji

Marta Strinati e Dario Dongo

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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