HomeSaluteStop al biossido di titanio, intervista a Francesco Cubadda, esperto ISS

Stop al biossido di titanio, intervista a Francesco Cubadda, esperto ISS

Dopo anni di allarmi e silenzi istituzionali, il 6.5.21 EFSA ha finalmente messo all’indice il biossido di titanio. La spallata finale al colorante genotossico è arrivata grazie alla combinazione di tre fattori: una revisione di una valutazione pure recente – quella che EFSA aveva svolto nel 2016 evidenziando lacune conoscitive – l’adozione di guidance sul rischio nanospecifico e la disponibilità di una grande mole di dati scientifici.

‘Questa è la prima volta che, viene applicata la guida del comitato scientifico dell’EFSA sulle nanotecnologie alla valutazione della sicurezza degli additivi alimentari e vengono coinvolti anche esperti che valutano il rischio relativo alle nanoparticelle. Una scelta lungimirante di EFSA’, commenta Francesco Cubadda, coordinatore del gruppo di lavoro sulla valutazione di sicurezza delle nanotecnologie nel settore alimentare dell’Istituto superiore di sanità (ISS) ed esperto coinvolto nella valutazione del biossido di titanio, il quale analizza gli aspetti salienti della vicenda.

Dottor Cubadda, la comunità scientifica da molti anni evidenzia la tossicità del biossido di titanio. A pensar male sembra che la Commissione europea abbia lasciato tempo all’industria alimentare per cambiare additivo…

Il biossido di titanio è finito al centro di una controversia internazionale. Come sempre accade in questi casi, ogni parte in gioco ha un suo punto di vista. I produttori di biossido di titanio ad esempio hanno sempre sostenuto la non nocività del materiale, anche agli occhi dell’industria alimentare. Questo non sorprende. Di fatto, l’EFSA è un organismo scientifico che svolge valutazioni del rischio sulla base di mandati. Questa rivalutazione si è svolta quando la Commissione europea ha dato mandato a EFSA di realizzarla. L’Esecutivo non poteva più temporeggiare perché la Francia aveva vietato il biossido di titanio con una norma nazionale e il Parlamento europeo si era schierato in questo senso. C’erano le opinioni scientifiche dei paesi membri, Francia e Olanda soprattutto, a evidenziare rischi importanti. 

Quale ruolo ha svolto l’ISS?

L’ISS è stato in prima fila nella produzione di evidenze scientifiche. Il gruppo di lavoro che coordino ha svolto un ruolo nella produzione di dati sulla tossicità e sull’esposizione al biossido di titanio, utilizzati anche in sede di quest’ultima valutazione. L’ISS è inoltre uno dei sei centri riconosciuti dalla Commissione europea come centri esperti che hanno messo a punto nuovi metodi di analisi per i nanomateriali negli alimenti, l’ultimo dei quali proprio sui biossido di titanio.

Dottor Cubadda, può riepilogare la tossicità del biossido di titanio?

Il biossido di titanio è un materiale composto da particelle insolubili, poco assorbite dall’intestino, ma eliminate molto lentamente. Si accumulano in diversi organi, fegato e milza soprattutto. Ha capacità di produrre effetti sul sistema nervoso centrale, cioè di agire come neurotossico. Inoltre, ha effetti di tipo infiammatorio, sul sistema immunitario, e induce modificazioni nel colon e nel retto che possono evolvere, nel tempo, in cancro. L’aspetto decisivo nella valutazione è stata però la genotossicità.

La genotossicità, il rischio di danni al Dna, non era finora emerso in letteratura?

Nella valutazione si è partiti da migliaia di lavori. Dopo un’accurata selezione ne sono stati individuati alcune decine con dati di qualità. E diversi di questi lavori evidenziavano effetti non trascurabili, studi condotti con particelle anche di dimensione analoga a quelle presenti nell’additivo alimentare, che mostravano effetti genotossici senza la possibilità di identificare una soglia per essi. Ovviamente, un additivo alimentare destinato a essere ingerito quotidianamente non può essere genotossico. Nel caso specifico è stato definito non sicuro per l’uso alimentare, inclusi gli integratori alimentari.

Ora cosa succederà?

Ora la Commissione europea proporrà agli Stati membri di eliminarlo dagli alimenti. Rimane aperta la questione degli altri utilizzi che determinano esposizione per via orale, come l’impiego nel settore farmaceutico. Gran parte delle compresse bianche di medicinali contiene biossido di titanio. Anche l’impiego nei dentifrici può determinare ingestione della sostanza, sebbene i livelli espositivi siano inferiori.

Il biossido di titanio è molto impiegato anche nei cosmetici, nelle creme solari soprattutto. Vi sono rischi?

Nelle creme solari il biossido di titanio è interamente nanomateriale. Lo scopo è avere uno strato trasparente, quindi le dimensioni delle particelle sono molto più piccole in confronto all’additivo alimentare. In questo caso, tuttavia, non vi è rischio, perché la barriera cutanea è molto efficiente nel prevenire l’esposizione sistemica. L’unica cautela è evitare il contatto con la cute lesa, alterata da lesioni o bruciature, oltre che con le labbra.

È soddisfatto di come si è conclusa la valutazione sul biossido di titanio?

Come ricercatore apprezzo la solidità dell’impianto valutativo messo in campo dall’EFSA. Poi, questa valutazione risolve controversie che avevano generato timori nei cittadini europei, attirato l’attenzione dei media, alimentato tensioni politiche. Era necessario mettere insieme tutte le evidenze emerse negli anni e arrivare a una conclusione. C’è un vantaggio per tutti, in primis per i cittadini che vedono tutelata la loro salute.

Marta Strinati

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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