Gli alimenti ultraprocessati possono favorire l’insorgenza e il peggioramento delle malattie infiammatorie intestinali. L’ipotesi, supportata da ampia letteratura scientifica, viene ripercorsa da uno studio belga mediante l’analisi della funzione svolta da ciascuna sostanza non nutritiva tipica degli alimenti ultraprocessati nella manifestazione delle infiammazioni intestinali. (1)
Alimenti ultraprocessati e malattie infiammatorie intestinali
Gli alimenti ultraprocessati sono prodotti industriali pronti al consumo caratterizzati da
– elevate quantità di zucchero, grassi saturi e sale,
– basse quantità di proteine, fibre, vitamine e minerali,
– presenza di vari additivi conservanti, stabilizzanti e addensanti, emulsionanti, dolcificanti artificiali e coloranti,
– lavorazioni industriali irripetibili nelle cucine domestiche: idrogenazione, idrolizzazione, estrusione, frazionamento, etc. Processi che mirano a realizzare alimenti molto appetibili, pronti per il consumo, altamente redditizi e a lunga conservazione.
Genericamente, si tratta di snack, pasticcini, bibite analcoliche, piatti pronti, carni lavorate. Prodotti che rientrano nel gruppo 4 della classificazione Nova. Per riconoscerli a colpo d’occhio basta usare i sistemi di decodifica delle etichette nutrizionali, come la app Yuka, basata su NutriScore.
Il consumo regolare di alimenti ultraprocessati è correlato a maggior rischio di malattie croniche non trasmissibili (Non-Communicable Diseases, NCDs), come obesità, diabete, malattie cardiovascolari, tumori e, appunto, malattie infiammatorie intestinali, tra cui il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. (2)
Il ruolo della dieta
Queste patologie intestinali sembrano manifestarsi negli individui geneticamente predisposti al verificarsi di una certa interazione tra microbiota, sistema immunitario e fattori ambientali quali fumo, uso di antibiotici e dieta.
In particolare, la western diet – vale a dire la ‘dieta occidentale’ ricca di grassi, zuccheri e sale (HFSS, high in fat, sugar and salt) e piena di additivi – è considerata un fattore cruciale nell’insorgenza e peggioramento delle malattie infiammatorie intestinali.
Non a caso, l’incidenza di queste patologie aumenta al diffondersi del consumo di alimenti ultraprocessati nelle regioni di nuova industrializzazione, Africa e Sudamerica, e si stabilizza (in alcuni decresce) nei paesi occidentali come Europa e Nord America, evidenziano i ricercatori.
Ingredienti nemici della barriera intestinale
Lo studio in esame passa in rassegna le sostanze riconosciute in letteratura scientifica come capaci di influenzare la barriera intestinale e aumentare la permeabilità intestinale e favorire l’infiammazione. Un’azione nociva che può manifestarsi con un’alterazione dei componenti la barriera (strato mucoso, cellule epiteliali, cellule immunitarie) o alterare la composizione del microbiota.
Emulsionanti e addensanti
Emulsionanti quali carragenina, carbossimetilcellulosa, polisorbato-80, mono e digliceridi degli acidi grassi sono molto diffusi negli alimenti ultraprocessati. E attenzione, non solo in cioccolatini o snack, ma persino nelle merende al latte tanto amate dai bambini, nei gelati, nella pasta fresca, nei formaggi spalmabili, come abbiamo riferito più volte. (3)
Questi additivi sono stati identificati, mediante studi in vitro e sugli animali, come nocivi per ciascun componente della barriera intestinale e pertanto promotori delle malattie infiammatorie intestinali.
Studi clinici sull’uomo confermano le evidenze. I ricercatori ne citano quattro in cui il consumo di emulsionanti ha causato alterazione del microbiota, assottigliamento del muco intestinale, peggioramento dell’infiammazione intestinale e aumento di recidiva.
Coloranti azoici
I coloranti azoici sono ancora molto diffusi negli alimenti, in particolare in caramelle, latticini e bevande. Sono noti per favorire anomalie neuro-comportamentali dei bambini, come l’iperattività.
Due di questi coloranti di sintesi, Red 40 e Yellow 6, sono considerati sicuri per il consumo umano, secondo l’Oms. Tuttavia, un recente studio (He et al.) su cavie ha mostrato che i due coloranti azoici possono innescare o aggravare la malattia infiammatoria intestinale.
Nelle nostre indagini di mercato abbiamo trovato il Red 40 (E 129, Rosso allura o Allura Red) negli alcolpops Breezer Ruby Grapefruit e Bacardi Breezer Peach. Il Giallo Arancio (Yellow 6o Giallo Tramonto, Sunset Yellow, E110) lo abbiamo invece individuato nel Ginger San Benedetto e nell’Aperol.
Il biossido di titanio
Il biossido di titanio (TiO 2, E171) è utilizzato come additivo alimentare per le sue proprietà sbiancanti e schiarenti. Viene aggiunto principalmente in dolciumi, caramelle e gomme da masticare, salse bianche e glasse, ma anche nei dentifrici e nei prodotti farmaceutici.
È composto per un terzo da nanoparticelle (<100 nm) che si accumulano negli organi vitali, fegato e milza soprattutto. È neurotossico, causa infiammazioni e induce alterazioni nell’intestino (colon e retto) che nel tempo possono evolvere in tumori. Ed è genotossico, cioè in grado di danneggiare il DNA.
In Europa dal 7.2.22 è vietato aggiungerne in alimenti e integratori alimentari, ma rimane in farmaci e dentifrici, come abbiamo visto.
Dolcificanti artificiali
Studi in vitro e studi sugli animali hanno dimostrato che i dolcificanti artificiali, come sucralosio, aspartame e saccarina, possono interagire con diversi componenti della barriera intestinale e favorire l’infiammazione intestinale.
Gli studi sull’uomo sono invece scarsi e contraddittori. Per questo, gli edulcoranti di sintesi rimangono ampiamente presenti negli alimenti etichettati come ‘senza zuccheri aggiunti’.
Sale
Gli alimenti ultraprocessati in genere contengono un contenuto di sale molto elevato. Il sale alimentare o cloruro di sodio (NaCl) è composto per il 40% da sodio e per il 60% da cloruro.
L’OMS raccomanda di non consumare più di 5 g di sale al giorno, ma questa soglia viene spesso superata. Ciò nonostante sia ormai noto il legame tra un’eccessiva assunzione di sale e l’ipertensione, altre malattie cardiovascolari e un maggior rischio di morte prematura.
Gli autori dello studio riferiscono che sia gli studi in vitro che in vivo suggeriscono che un’eccessiva assunzione di sale può anche modulare il sistema immunitario, e in questo modo essere coinvolto nello sviluppo delle malattie infiammatorie intestinali.
Fosfato
Il fosfato inorganico è spesso presente negli alimenti ultraprocessati mediante diversi additivi alimentari, aggiunti con funzione emulsionante (es., fosfato di sodio, E 339) o antiossidante (es., acido fosforico, E338).
Questi additivi sono autorizzati in un centinaio di alimenti e studi recenti hanno rilevato un aumento generalizzato del livello di fosfato nella parete dei vasi sanguigni della popolazione, una condizione che accresce il rischio cardiovascolare.
L’unico studio, con esperimenti in vitro e in vivo, individuato dai ricercatori dimostra che un’eccessiva assunzione di fosfati nella dieta può esacerbare l’infiammazione intestinale. (4)
Conclusioni
‘Studi preclinici mostrano che diversi componenti non nutritivi degli UPF (alimenti ultraprocessati, ndr) possono influenzare negativamente la barriera intestinale. Possono indurre disbiosi, influenzare negativamente lo strato di muco, aumentare la permeabilità dell’epitelio intestinale o interagire direttamente con il sistema immunitario.
Sulla base di questi risultati, una dieta a basso contenuto di UPF (alimenti ultraprocessati, ndr) potrebbe potenzialmente indurre la remissione o controllare i sintomi nei pazienti con IBD (malattie infiammatorie intestinali, ndr).
Tuttavia, i dati sull’uomo sono ancora limitati e sono necessari studi nutrizionali per valutare il potenziale clinico di nuove terapie dietetiche per i pazienti affetti da IBD. Nel frattempo, è ragionevole consigliare ai nostri pazienti con IBD di ridurre l’assunzione di UPF’, concludono i ricercatori.
Note
(1) Vissers Eva, Wellens Judith, Sabino João. Ultra-processed foods as a possible culprit for the rising prevalence of inflammatory bowel diseases. Frontiers in Medicine, vol. 9, 2022. https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fmed.2022.1058373
(2) La correlazione tra consumo regolare di alimenti ultraprocessati e malattie non trasmissibili è tanto marcata da avere spinto un gruppo di scienziati esperti in nutrizione a rivolgere un appello all’ONU affinché solleciti i governi ad adottare politiche nutrizionali di contenimento di tali consumi. V. Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. Alimenti ultraprocessati, il peggior male. Appello degli scienziati sul British Medical Journal. GIFT (Great Italian Food Trade). 16.8.21
(3) Vedi precedenti articoli di Marta Strinati su GIFT (Great Italian Food Trade):
- Salsa tzatziki, attenzione agli ingredienti. 21.7.22
- Additivi a rischio nelle gomme Daygum Ferragni. 17.7.22
- Pasta fresca ripiena, il gusto delle etichette ingannevoli. 38 prodotti a confronto. 10.2.22
- Corn flakes e cereali ripieni, 24 a confronto. 22.1.22.
- Frùttolo e altre merende al latte, 10 prodotti a confronto. 25.9.21
- Formaggi freschi spalmabili e in fiocchi, 18 prodotti a confronto. 30.7.21
- Gelato confezionato, troppi additivi sospetti. La nostra indagine di mercato su 20 prodotti. 6.7.21
(4) Sugihara K, Masuda M, Nakao M, Abuduli M, Imi Y, Oda N, et al. Dietary phosphate exacerbates intestinal inflammation in experimental colitis. J Clin Biochem Nutr. (2017) 61:91–9. doi: 10.3164/jcbn.16-117
Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".