Recenti notizie di stampa fanno apparire l’eritritolo come un pericoloso ingrediente. All’origine dell’allarmismo vi è una pubblicazione apparsa nel febbraio 2023 sulla rivista Nature Medicine, dal titolo ‘The artificial sweetener erythritol and cardiovascular event risk‘, (1) nella quale il diffusissimo dolcificante, utilizzato abbondantemente sia come ingrediente che nelle diete chetogeniche, viene accusato di essere responsabile di attacchi cardiaci.
Prima di gettare tutto l’eritritolo conservato in casa, analizziamo meglio l’articolo spiegando poi come tale studio è stato effettuato e quali limiti evidenzia.
Cos’è l’eritritolo?
L’eritritolo è un poliolo a quattro atomi di carbonio (formula C4H10O4) che si trova naturalmente in frutta, verdura oltre che in cibi e bevande fermentati. (2)
A causa del suo potere calorico nullo e l’indice glicemico e insulinemico irrilevanti, viene da molto tempo utilizzato come valido sostituto dello zucchero.
Ampiamente studiato dal punto di vista tossicologico e di sicurezza, l’eritritolo è generalmente riconosciuto come sicuro (GRAS) dalla Food and Drug Administration (FDA) (3) così come in Europa per l’uso previsto negli alimenti (4).
Lo studio di Nature Medicine
Lo studio pubblicato su Nature Medicine sin dal titolo descrive l’eritritolo come un dolcificante ‘artificiale’, insistendo su questo punto in tutto l’articolo. Questo approccio fa sembrare quasi che ci sia l’intenzione, sin da subito, di voler mettere sullo stesso piano polioli ottenuti dalla fermentazione della frutta e dolcificanti intensivi totalmente artificiali (es. aspartame, neotame, acesulfame K, etc.).
Andando avanti nella loro trattazione, gli autori iniziano ad argomentare la loro immagine ancora più negativa dell’eritritolo, citando ad esempio un piccolo studio prospettico effettuato su alcune matricole universitarie in cui si mettevano in correlazione i livelli di eritritolo nel sangue con l’aumento del peso corporeo. (5)
Ma lo studio di Nature indica qualcosa di ancor più pericoloso: ‘i risultati confermano che i livelli circolanti di eritritolo sono associati al rischio di eventi cardiovascolari avversi, indipendentemente dai tradizionali fattori di rischio CVD (Cardio Vascular Disease)’.
L’obiettivo della ricerca
L’obiettivo della ricerca era trovare una correlazione tra sostanze chimiche o composti sconosciuti nel sangue e soggetti che potrebbero avere il rischio di infarto, ictus o morte nei tre anni successivi. Per fare ciò, il team ha analizzato 1.157 campioni di sangue, raccolti tra il 2004 e il 2011, in soggetti a rischio di malattie cardiache. (6)
Per confermare i risultati, il team di ricercatori ha testato un altro gruppo di campioni di sangue di oltre 2.100 persone negli Stati Uniti e altri 833 campioni raccolti dai colleghi in Europa fino al 2018 (7). È importante notare che circa tre quarti dei
partecipanti, in tutte e tre le popolazioni, avevano malattie coronariche o pressione sanguigna alta, e circa un quinto aveva il diabete. Più del 50% erano soggetti di genere maschile tra i 60 e i 70 anni.
Proseguendo nello studio, i ricercatori hanno scoperto che, nelle tre le popolazioni, livelli più elevati di eritritolo erano correlati a un maggior rischio di infarto, ictus o morte entro i successivi 3 anni.
8 volontari sani
Nella parte finale, lo studio ha voluto esaminare otto volontari sani (sì, ben 8 volontari in otto anni di studio) a cui è stata somministrata una bevanda contenente 30 grammi di eritritolo. La quantità, secondo i ricercatori (che però non indicano la fonte di questo dato), contenuta in una pinta (circa mezzo litro) di gelato chetogenico.
In essi sono stati monitorati due valori: livelli ematici (millimolari) di eritritolo e rischio di coagulazione. I risultati affermano che 30 grammi di eritritolo facevano salire di mille volte i livelli ematici di eritritolo, rimanendo elevati per i successivi due o tre giorni e al di sopra della soglia necessaria per innescare e aumentare il rischio di coagulazione. A supporto di ciò gli autori riferiscono che, in vitro, l’aggiunta di eritritolo a un plasma ematico ricco di piastrine aumenta l’aggregazione di esse in risposta all’ADP (adenosina difosfato).
Costruito lo studio in questo modo, il team di ricercatori aveva essenzialmente tutti gli elementi per un titolo di articolo estremamente virale, su un argomento di grande attualità, dato che si parla molto di riduzione dello zucchero nella dieta e sua sostituzione con i dolcificanti.
Su questa nota, alla fine dell’articolo, leggiamo anche che molti studi epidemiologici osservazionali riportano che l’uso di dolcificanti artificiali è associato a vari esiti avversi per la salute, inclusa la mortalità per malattie cardiovascolari, senza specificare però in alcun modo di quali dolcificanti artificiali si tratti (8). Dato che a rigor di scienza dovrebbe senza dubbio essere fornito. Un dato quindi mancante e di natura fondamentale, poiché all’interno della categoria ‘dolcificanti artificiali’ troviamo una grande variabilità di molecole tra loro molto differenti e soprattutto dalle modalità d’uso (quantità, miscele…) tra loro differenti.
I limiti dello studio
La prima riflessione da fare riguardo ai limiti della pubblicazione è relativa al tipo di studio effettuato. Si tratta di una ricerca correlazionale, questo significa quindi che non è basata sul principio fondamentale di causa-effetto.
Questo tipo di ricerche si concentra esclusivamente sul trovare e mettere in correlazione le osservazioni nella variabile Y, osservando e registrando la variabile X (vedi l’approfondimento sugli studi correlazionali in fondo all’articolo).
Il fascino pericoloso degli studi correlazionali
Facendo un esempio pratico, nel grafico riportato qui sotto è possibile rilevare una eccellente correlazione tra consumo di margarina pro-capite (causa) e il tasso di divorzio (effetto) nello stato del Maine nell’arco di 10 lunghi anni. Incredibilmente le due curve sono identiche.
Per la sua natura elementare (e paradossale se vogliamo), questa correlazione permette a tutti di capire in modo ovvio che non può esistere una relazione tra causa ed effetto.
Per essere credibile uno studio correlazionale deve necessariamente essere corredato da uno studio sperimentale causa-effetto in cui manipolando una variabile (causa) si misura l’effetto diretto e correlato sulla seconda variabile (effetto). Se questo non viene fatto, risulterà semplice affascinare i lettori con correlazioni che sembrano convincenti ma poi all’atto pratico se la reale correlazione causa-effetto non viene fornita lo studio rischia di essere quanto meno fuorviante. L’esempio della correlazione tra divorzi e consumo di margarina in Maine ne è l’esempio più illuminante.
Come rimanere in zona ‘sicurezza scientifica’
Gli stessi autori della ricerca costruiscono l’articolo con un’architettura ‘narrativa’ molto efficace:
1) la parte iniziale (titolo incluso) intrisa di negatività sui dolcificanti,
2) la parte successiva dedicata a descrivere l’interessante e semplice studio correlazionale,
3) la parte finale scientificamente ineccepibile, in cui finalmente si dichiara l’assenza dello studio causa-effetto, affermando che, in base alla progettazione messa in campo, questo studio può solo mostrare un’associazione e non la causalità, riconoscendo finalmente la possibilità di confusione non modellata (ad esempio, dieta) che potrebbe aver direttamente o indirettamente influenzato i risultati da fattori che non sono stati affatto inclusi nei loro modelli sperimentali.
I limiti dichiarati dagli stessi ricercatori
Poiché i pazienti arruolati mostravano già un’elevata prevalenza di patologie cardiovascolari e fattori di rischio tradizionali, inoltre, non è realisticamente possibile determinare la traducibilità dei risultati alla popolazione generale.
Nello studio si rilevano anche limitazioni all’interpretazione delle misurazioni effettuate in vitro. Storicamente, le misurazioni della funzione piastrinica in vitro si utilizzano per dimostrare gli effetti di farmaci che inibiscono la funzione piuttosto che migliorarla. Questo studio non ha misurato la funzione piastrinica nel sangue dei soggetti a seguito del consumo di eritritolo. Gli autori hanno infatti estrapolato i dati dalle loro misurazioni in vitro per prevedere gli effetti basati sui livelli ematici di eritritolo a seguito del consumo del dolcificante in un gruppo diverso di soggetti.
I risultati di questo studio sarebbero stati più convincenti se le misurazioni della funzione piastrinica fossero state effettuate su piastrine di soggetti dopo il consumo di eritritolo vs placebo, o meglio ancora misurando il numero di piastrine circolanti attivate mediante citometria a flusso. Ed anche questo non è stato fatto.
Causa o effetto
Il limite più sottovalutato è forse che l’eritritolo (che gli autori indicano come dolcificante artificiale) viene sintetizzato in modo endogeno dal glucosio attraverso la via del pentoso-fosfato (PPP) e che è stato dimostrato che alti livelli di eritritolo ematici sono causati da alti livelli di glucosio e stress ossidativo (cosa che accade praticamente in tutti i soggetti affetti da metabolismo glucidico perturbato!), due fattori chiave nella patogenesi delle malattie cardiometaboliche [9]. In altre parole, sono gli alti livelli di glucosio e di stress ossidativo ad essere correlati alle CVD, mentre l’eritritolo circolante è solo una loro conseguenza.
Il dottor Oliver Jones, professore di chimica alla RMIT University di Victoria in Australia, ha affermato che qualsiasi rischio possibile (ancora non provato) di eccesso di livelli di eritritolo dovrebbe anche essere bilanciato con i reali rischi per la salute del consumo eccessivo di glucosio e ha sostenuto che ‘poiché le persone nello studio avevano già molti fattori di rischio cardiovascolare, non si può dimostrare che non si tratti di uno di questi altri fattori a causare un aumento del rischio di coagulazione‘. [8]
Ecco perché lo studio effettuato in questo modo non può assolutamente indicare la correlazione causa-effetto.
Le ricerche sull’eritritolo
L’eritritolo è un ingrediente studiato sin dal 1935. Da quella data si sono susseguite tantissime pubblicazioni scientifiche effettuate da moltissime Università e gruppi di ricercatori mondiali sul suo uso e gli effetti benefici riscontrati utilizzandolo nella dieta.
Più esattamente sono più di 2.500 gli articoli pubblicati su riviste scientifiche di nazionalità, taglio e autorevolezza diversi. Specificato questo, esistono diverse ricerche sull’eritritolo e sui suoi effetti benefici, tra cui
- è stato dimostrato che l’eritritolo non influenza le concentrazioni di glucosio e di insulina e sembra avere effetti protettivi sulla funzione endoteliale nei pazienti con DMT2, (10, 11, 12)
- uno studio effettuato su 24 diabetici di tipo 2, che consumano 36 grammi di eritritolo al giorno per 4 settimane, conclude che ‘L’eritritolo in acuto ha migliorato la funzione endoteliale misurata mediante tonometria arteriosa periferica della punta delle dita. L’eritritolo cronico ha ridotto la pressione del polso centrale e tendeva a diminuire la velocità dell’onda del polso carotido-femorale. Pertanto, il consumo di eritritolo ha migliorato nettamente la funzione endoteliale dei piccoli vasi e il trattamento cronico ha ridotto la rigidità dell’aorta centrale’. In altre parole, ha migliorato la pressione sanguigna che aiuta a ridurre il rischio di patologie cardiovascolari, (13)
- un recente studio ha dimostrato che le concentrazioni di grelina vengono soppresse in seguito alla somministrazione orale di eritritolo in soggetti sani, (14)
- uno studio pilota ha documentato che l’ingestione acuta di eritritolo non influenza le concentrazioni di lipidi nel sangue né di acidi urici, (15)
- l’eritritolo può avere anche altri effetti benefici, ad esempio può agire come antiossidante [16] e può migliorare la salute dentale negli esseri umani. (17)
Detto questo, avendo analizzato come lo studio sia stato condotto ed osservando quante pubblicazioni ancora oggi indichino questo ingrediente naturale come la risposta migliore allo zucchero (e ai suoi danni dimostrati dalla scienza), appare soprattutto necessario sottolineare la differenza tra correlazione e causalità e la differenza tra i livelli endogeni rispetto a quelli esogeni di eritritolo in soggetti sani o a rischio di patologie cardiovascolari.
P.S. Cos’è uno studio correlazionale?
Uno studio correlazionale è un tipo di ricerca scientifica che esamina la relazione tra due o più variabili senza manipolarle in alcun modo. In uno studio correlazionale, i ricercatori raccolgono dati su due o più variabili e utilizzano tecniche statistiche per determinare se esiste una relazione tra di esse.
Ad esempio, un ricercatore potrebbe condurre uno studio correlazionale per esaminare la relazione tra l’età e la pressione sanguigna. In questo caso, il ricercatore raccoglierebbe dati su un gruppo di persone, registrando la loro età e la loro pressione sanguigna, e quindi utilizzerebbe tecniche statistiche per determinare se esiste una relazione tra queste due variabili.
Uno studio correlazionale può essere utile per identificare le relazioni tra le variabili, ma non può stabilire la causa e l’effetto tra di esse. Pertanto, se i ricercatori vogliono determinare se una variabile causa l’altra, dovrebbero condurre uno studio sperimentale in cui manipolano una variabile (causa) e misurano l’effetto sulla seconda variabile (effetto).
Gianluca Baccheschi
Bibliografia
(1) Witkowski, M., Nemet, I., Alamri, H. et al. The artificial sweetener erythritol and cardiovascular event risk. Nat Med 29, 710–718 (2023). https://doi.org/10.1038/s41591-023-02223-9
(2) Suitability of sugar alcohols as antidiabetic supplements: A review. Nontokozo Z. Msomi et Al. J Food Drug Anal. 2021; 29(1): 1–14.
(3) GRN No. 789 Erythritol: https://www.cfsanappsexternal.fda.gov/scripts/fdcc/index.cfm?set=GRASNotices&id=789
(4) Regolamento (UE) 2015/1832 della Commissione del 12 ottobre 2015: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32015R1832&from=SL
(5) Erythritol is a pentose-phosphate pathway metabolite and associated with adiposity gain in young adults, Katie C. Hootman et Al. PNAS May 8, 2017 114 (21) E4233-E4240
(6) clinicaltrials.com: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT00590200
(7) clinicaltrials.com: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT00590200
(8) Dietamecicale.it/approfondimenti: https://www.dietamedicale.it/approfondimenti/il-dolcificante-eritritolo-e-il-rischio-di-patologie-cardiovascolari-un-approccio-scientifico; 02/03/2023
(9) Regulation of Erythritol Metabolism, a Biomarker of Cardiometabolic Disease. Semira Ortiz and Martha Field Current Developments in Nutrition, Volume 5, Supplement 2, June 2021, 5140515
(10) Gut hormone secretion, gastric emptying, and glycemic responses to erythritol and xylitol in lean and obese subjects. Bettina K. Wölnerhanssen et Al. American Journal of Physiology, 14 JUN 2016 https://doi.org/10.1152/ajpendo.00037.2016
(11) Gastric emptying of solutions containing the natural sweetener erythritol and effects on gut hormone secretion in humans: A pilot dose-ranging study. Bettina K. Wölnerhanssen MD et Al, Diabetes, Obesity and Metabolism 10 February 2021 https://doi.org/10.1111/dom.14342
(12) Effects of Oral Administration of Erythritol on Patients with Diabetes. Masashi Ishikawa et Al. Regulatory Toxicology and Pharmacology, Volume 24, Issue 2, October 1996, Pages S303-S308
(13) Effects of erythritol on endothelial function in patients with type 2 diabetes mellitus: a pilot study. Nir Flint et Al. Acta Diabetologica volume 51, pages 513–516 (2014)
(14) An Erythritol-Sweetened Beverage Induces Satiety and Suppresses Ghrelin Compared to Aspartame in Healthy Non-Obese Subjects: A Pilot Study. Zachary A Sorrentino et Al. Cureus. 2020 Nov; 12(11): e11409.
(15) Gastric emptying of solutions containing the natural sweetener erythritol and effects on gut hormone secretion in humans: A pilot dose-ranging study. Bettina K. Wölnerhanssen MD et Al. Diabetes, Obesity and Metabolism, 10 February 2021 https://doi.org/10.1111/dom.14342
(16) Erythritol is a sweet antioxidant. Gertjan J.M. den Hartog Ph.D. et Al. Nutrition, Volume 26, Issue 4, April 2010, Pages 449-458
(17) Effect of Erythritol and Xylitol on Dental Caries Prevention in Children. Honkala S. et Al. Caries Res 2014; 48: 482-490
Gianluca Baccheschi
Biologo, PhD in Oncologia. Più di 20 anni di esperienza direzionale in aziende multinazionali nei settori healthcare e pharma. Esperto di ingredienti e integratori alimentari.