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Dieta mediterranea e obesità infantile, l’Europa sottosopra

Grecia, Italia, Spagna e Cipro svettano in Europa per la prevalenza dell’obesità infantile. È quanto emerge dalle rilevazioni dell’OMS, le cui politiche nutrizionali – combinazione – vengono frattanto ostacolate dall’indomito produttore di cibi HFSS (High Fats, Salt and SodiumFerrero. Con l’orgoglioso appoggio di chi dovrebbe invece promuovere la dieta mediterranea in opposizione al cibo-spazzatura, come Coldiretti e Adiconsum tra i tanti accoliti.

il Senato della Repubblica Italiana addirittura è giunto ad approvare ad ampissima maggioranza una risoluzione, il 5.12.18. Non per proteggere la salute dei nostri figli e nipoti rispetto all’epidemia di sovrappeso e obesità infantile – con tutte le malattie e i disagi che ne seguiranno – ma per delegare il governo a combattere i semafori in etichetta. Vergogna!

OMS, rapporto sull’obesità infantile in Europa

Il piano di monitoraggio COSI (European Child Obesity Surveillance Initiativeè stato presentato dal dr. Joao Breda, responsabile di OMS Europa per la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili (NCDsNon Communicable Diseases– all’ultimo congresso europeo sull’obesità, a fine maggio a Vienna.

Le rilevazioni eseguite su 250.000 bambini in 38 Paesi del vecchio continente attestano il primato di Cipro, con il 43% di bambini sovrappeso e obesi (con obesità nel 30% dei casi). A seguire Grecia, Italia e Spagna. Manca solo il Portogallo per attribuire l’acronimo PIGS ai dati antropometrici giovanili anziché all’economia di questi Paesi. E purtroppo anch’essi incideranno sulle economie nazionali, atteso che già ora il 30% delle spese di sanità pubblica è assorbito dalle malattie legate a diete squilibrate e stili di vita insalubri.

La dieta mediterranea è stata soffocata nella sua culla di sempre, con il cibo-spazzatura. Così, in questa Europa sottosopra, la Svezia è ora il Paese con la gioventù in migliore forma. Mentre in Italia il 42% dei bambini maschi è ‘overweight’ e di questi la metà – il 21% del totale, a pari merito con Cipro – è obesa (per le femmine38% di sovrappeso compresa l’obesità che esprime il14% sul totale). Uno scenario tragico, dal Brennero in giù, come confermato nel rapporto di ‘Helpcode Italia’ all’Istituto Gaslini di Genova.

La Francia – ove le truppe in abito scuro dei lobbisti di Ferrero non funzionano – è invece impegnata sul fronte nutrizionale con tanta serietà da trovarsi sul fronte opposto al nostro, nella classifica di WHO Europe su sovrappeso e obesità infantile (con un’incidenza che varia tra il 5 e il 9%).

Obesità e sovrappeso infantile, una condanna a vita per i bambini italiani

Grasso non è bello, né tantomeno felice. I bambini italiani sono condannati, a causa di una cattiva dieta, a una maggiore occorrenza di malattie anche croniche e gravi, come il diabete di tipo 2 che infatti dilaga come una malattia virale. E non esiste vaccino, soltanto prevenzione.

Già in età pediatrica l’obesità induce sofferenza negli organi vitali ed è associata ad una serie di problemi di salute che includono disturbi del sonno, respiratori, gastrointestinali, endocrini, cardiovascolari e psichiatrici. Il danno all’organismo non è temporaneo e l’obesità insorta in età evolutiva tende ad aggravarsi in età adulta, con riduzione dell’aspettativa di vita.

Le malattie croniche non trasmissibili sono il risultato di una combinazione di fattori genetici, fisiologici, ambientali e comportamentali. Tra essi, sovrappeso e obesità rappresentano un fattore di rischio e incidono sulla severità delle malattie. Riferendosi a patologie cardiovascolari, cancro, diabete e disturbi respiratori cronici. Le quattro malattie responsabili della gran parte delle morti premature, 35 milioni ogni anno, il 60% dei decessi a livello globale.

Obesità infantile in Italia, le azioni necessarie

La dieta mediterranea – come osservata il secolo scorso da Ancel Keys e Margaret Haney – non è un mero elenco di cibi salutari né la combinazione calcolata degli stessi. È piuttosto un codice di condotta e di civiltà, un paradigma dell’esistenza. Per gli antichi greci diaita significava infatti regola di vitaVerdure, olio extravergine di oliva, frutta, cereali e legumi, proteine animali nella giusta misura. Con attenzione alla qualità, genuinità e freschezza delle materie prime. E all’equilibrio tra l’energia assunta e quella consumata grazie all’esercizio fisico, altrettanto fondamentale.

Proprio i Paesi che sono emblema della dieta mediterranea – Cipro, Croazia, Spagna, Grecia, Italia, Marocco e Portogallo, secondo il riconoscimento di Unesco come patrimoniimmateriale dell’umanità – sono però quelli che hanno perso di vista il modello di vita. Per deficit culturale, influenze esterne (pubblicità, anche occulta) e incapacità di spesa, i popoli del Mediterraneo stanno avvelenando i loro figli con il cibo-spazzatura.

Junk-food, o HFSS (High Fats, Sugars and Sodium), vale a dire cibi ultra-processati con profili nutrizionali deteriori e squilibrati, devono venire riformulati in modo da inibirne gli effetti nocivi. Si devono adottare misure drastiche, quali:

L’obiettivo di queste misure, si noti bene, è costringere i produttori di cibo-spazzatura a cambiare le ricette. Riducendo in misura drastica zucchero, grassi saturi e sale nei cibi ultraprocessati. Come è già accaduto nei Paesi che le hanno applicate, seguendo le raccomandazioni WHO (World Health OrganizationOMS). Un esempio su tutti, lo zucchero nelle bevande analcoliche gassate, dimezzato in UK rispetto all’Italia.

Ed è falso il teorema del presunto attacco al Made in Italy, poiché le misure di sanità pubblica volte a tutelare la salute dei minori soprattutto possono venire mirate – come si sta facendo in Francia – ai soli cibi ultra-processati. Alimenti come bevande analcoliche, snack confezionati e dolciumi, pane industriale, carne meccanicamente separata (es. würstel), oltre a zuppe istantanee, piatti pronti, torte e pizze industriali. I quali:

– non hanno nulla a che fare con le tradizioni produttive e gastronomiche italiane,

– possono venire riformulati con semplicità. Soprattutto in Italia, dove la tecnologia alimentare è all’avanguardia e ne ha dato ottima prova nella sostituzione dell’olio di palma con oli privi di grassi saturi e contaminanti pericolosi.

Gli ultra-processed foodssi differenziano infatti per la presenza di additivi alimentari e sostanze raramente impiegate in cucina. Siano esse direttamente estratte dagli alimenti (es. caseina, lattosio, siero di latte e glutine), o derivate da ulteriori trattamenti (es. oli idrogenati, proteine idrolizzate, maltodestrine, zucchero invertito, sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio).

L’evoluzione delle ricette di tali prodotti – che efficaci politiche sanitarie e stringenti misure devono indurre – consentirà anzi al Made in Italy di affermarsi ancor meglio sui mercati internazionali. Poiché l’esigenza di alimenti salutari è tanto attuale quanto condivisa a livello globale. E le imprese più evolute stanno già facendo tesoro di ciò, offrendo cibi ove la bontà fa il paio con con profili nutrizionali equilibrati e clean labels.

Dario Dongo e Giulia Baldelli

Note

(1) V. Food classification, public health. NOVA, the star shines bright, su World Nutrition, Volume 7, Number 1-3, January-March 2016.

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