Il microbioma intestinale – cruciale nel modulare la salute dei sistemi immunitario, metabolico e neurologico – è soggetto a una rarefazione drammatica nello stile di vita ‘moderno’ che si basa su una dieta ‘agro-industriale’. I ricercatori dell’Università di Stanford (Carter et al., 2023) hanno raccolto e comparato la composizione batterica di 351 campioni fecali di cacciatori-raccoglitori Hadza della Tanzania e di altrettanti abitanti di Nepal e California. (1)
La rarefazione del microbioma intestinale
Gli Hadza, circa 1.300 persone, sono una delle ultime tribù di cacciatori-raccoglitori rimaste in Africa. Risiedono vicino al lago Eyasi nella Rift Valley centrale della Tanzania e sono minacciati dall’erosione del loro territorio snaturalizzato da insediamenti agricoli, documenta Survival, organizzazione di volontariato per gli indigeni. (2)
Vivono in campi nella boscaglia in gruppi di circa 5-30 persone. Si spostano da un campo all’altro ogni 4 mesi circa, bevono principalmente da sorgenti d’acqua e ruscelli e seguono una dieta che include tuberi, bacche, miele e animali selvatici. Dal punto di vista genetico, essi sono considerati una delle più antiche stirpi dell’umanità.
124 specie batteriche perdute nella popolazione ‘industrializzata’
I ricercatori hanno raccolto e analizzato i campioni di feci raccolti da 167 individui Hadza (inclusi 30 neonati e 6 madri) tra settembre 2013 e agosto 2014.
Il sequenziamento metagenomico ultra profondo dei campioni ha permesso di recuperare 91.662 genomi di batteri, archaea (archeobatteri), batteriofagi ed eucarioti, il 44% dei quali è assente dai set di dati unificati esistenti.
La ricerca ha individuato 124 specie batteriche residenti nell’intestino assenti nelle popolazioni industrializzate. In queste ultime, l’evoluzione del microbioma intestinale comporta infatti una rarefazione della varietà batterica e la presenza di geni associati allo stress ossidativo, probabilmente a causa dell’adattamento del microbioma ai processi infiammatori.
La povertà microbica all’occidentale
Tra le cause di questa trasformazione i ricercatori menzionano i tipici aspetti dello stile di vita occidentale:
– consumo di alimenti altamente trasformati,
– alti tassi di somministrazione di antibiotici,
– parto tramite taglio cesareo e uso di latte artificiale,
– igiene dell’ambiente di vita e
– ridotto contatto fisico con gli animali e il suolo.
Una rarefazione del microbioma è peraltro osservata anche negli immigrati negli Stati Uniti d’America, che gradualmente si caratterizzano per un microbioma industrializzato, meno vario.
Hadza, una varietà batterica sorprendente
Per confrontare il microbioma degli Hadza i ricercatori hanno eseguito un ulteriore sequenziamento metagenomico profondo su campioni fecali di individui nepalesi e californiani.
I campioni nepalesi provengono da quattro popolazioni distinte in raccoglitori (Chepang) e agrari (Raute e Raji, agrari recenti, e Tharu, agrari di lunga data).
I risultati mostrano nel microbioma intestinale dell’adulto Hadza medio ben 730 specie batteriche, in confronto alle 277 specie nel microbioma intestinale californiano dell’adulto medio, alle 317 specie dei raccoglitori nepalesi e alle 436 specie degli agrari nepalesi.
La ricerca arricchisce di nuove informazioni i database di genomi associati all’intestino e offre un punto di riferimento per lo studio dell’impatto dello stile di vita occidentale sul microbioma intestinale. L’alimentazione biologica, come si è visto, è oggi l’unica salvezza per salvaguardare il nostro microbiota.
Marta Strinati
Note
(1) Matthew M. Carter, Matthew R. Olm, Bryan D. Merrill, Dylan Dahan, Surya Tripathi, Sean P. Spencer, Feiqiao B. Yu, Sunit Jain, Norma Neff, Aashish R. Jha, Erica D. Sonnenburg, Justin L. Sonnenburg. Ultra-deep sequencing of Hadza hunter-gatherers recovers vanishing gut microbes. Cell. 2023 June 21, DOI:https://doi.org/10.1016/j.cell.2023.05.046
(2) Gli Hadza. Survival. https://www.survival.it/galleria/hadza

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".