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Uber Eats lascia l’Italia, rider senza tutele

Uber Eats chiude la consegna di cibo in Italia. La decisione, comunicata dal colosso statunitense il 15 giugno, è ininfluente per i consumatori, serviti da altri operatori, ma lascia i rider senza lavoro e senza tutele.

Uber Eats lascia l’Italia

La scelta di lasciare il mercato italiano dipende dal fallimento degli obiettivi.

Non siamo cresciuti in linea con le nostre aspettative per garantire un business sostenibile nel lungo periodo’, spiega un comunicato sul sito dell’azienda, attiva in 60 città italiane. (1)

Uber Eats è stato l’ultimo grande operatore globale del food delivery a sbarcare in Italia, nel 2016. Dopo il danese Just Eat, pioniere nel 2011, sono arrivati nel 2015 Foodora, Glovo, Moovenda e l’inglese Deliveroo, leader indiscusso del mercato italiano. (2)

Un mese di transizione

L’azienda continuerà a operare per un mese. La fase di transizione permetterà ai ristoratori partner di accordarsi con altri operatori di food delivery. Meno semplice sarà la ricollocazione per i rider.

In questi sette anni migliaia di corrieri e delivery partner hanno avuto la possibilità di guadagnare attraverso la nostra app in modo facile e immediato.

Il nostro obiettivo principale è ora quello di fare il possibile per i nostri dipendenti, in conformità con le leggi vigenti, assicurando al contempo una transizione senza problemi per tutti i nostri ristoranti ed i corrieri che utilizzano la nostra piattaforma’, dichiara Uber Eats.

I rider di Uber Eats senza tutele

Salvo erogazioni spontanee dell’azienda, ancora non comunicate, di fatto i rider di Uber Eats rimangono senza lavoro e senza le forme di tutela garantite ai lavoratori subordinati.

È arrivata oggi una comunicazione ufficiale prima ai lavoratori e poi ai sindacati a cui è stata inviata la lettera per l’apertura della procedura di licenziamento collettivo per i dipendenti degli uffici, circa una quarantina di persone. Ai fattorini, invece, non spetta nulla come al solito, essendo formalmente in regime di collaborazione autonoma a ritenuta d’acconto o in partita iva, restano sprovvisti di tutela dal licenziamento e di ogni copertura sociale’, commenta Deliverance Milano, il sindacato metropolitano dei riders. (3)

Un mercato ormai saturo

Dopo il boom di domanda dettato dalle restrizioni per Covid-19, il business del food delivery è oggi meno appagante per le attese di Uber Eats. Lo stesso vale per il comparto parallelo – quick ecommerce, la consegna rapida di alimenti confezionati – ove si è già registrata la ritirata di Gorillas (che però assumeva con contratto i propri rider).

Il mercato del delivery è saturo e non basta alle multinazionali come Uber, Deliveroo, Glovo o Foodora comprimere al massimo il costo del lavoro e il rischio d’impresa, scaricandolo sulle spalle dei lavoratori attraverso il cottimo, per restare in piedi. Questa è la riprova del fatto che occorre regolamentare al più presto la categoria e incentivare la contrattazione tra le parti sociali per garantire i lavoratori’, incalza Deliverance Milano.

La lenta progressione delle tutele in Europa

Per la tutela dei diritti dei lavoratori impegnati sulle piattaforme digitali procede intanto l’esame della proposta di direttiva in materia presentata dalla Commissione il 9 dicembre 2021.

Dopo un anno e mezzo, il 12 giugno 2023, il Consiglio dell’UE ha definito la propria posizione, che verrà sottoposta all’esame del Parlamento europeo e infine della Commissione europea. (4) I tempi non sembrano rapidi.

Marta Strinati

Note

(1) Manuele De Mattia. Uber Eats dismette le operazioni in Italia. Uber Newsroom. 15.6.23 https://www.uber.com/it/newsroom/uber-eats-dismette-le-operazioni-in-italia/

(2) Marta Strinati. Food delivery, il boom dei pasti a domicilio. GIFT (Great Italian Food Trade). 5.2.19

(3) Uber Eats chiude i battenti in Italia: chi sarà la prossima? Deliverance Milano. 15.6.23 https://www.facebook.com/deliverancemilano/?locale=it_IT

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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