HomeProgressoPollame e uova, domanda globale in crescita. La sfida della sostenibilità

Pollame e uova, domanda globale in crescita. La sfida della sostenibilità

La domanda globale di pollame e uova è in continua crescita, secondo gli ultimi dati FAO. Proteine ad alto valore biologico e costi accessibili sono le chiavi di un successo che tuttavia ci pone di fronte, ancora una volta, alla più grande sfida. La sostenibilità delle produzioni e dei consumi, al 12° posto tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs), in Agenda ONU 2030.

Carni avicole, domanda globale in crescita

Dal 1960 a oggi il consumo pro-capite di carne di pollame è aumentato di 5 volte, quello di uova è raddoppiato. E si attende che la domanda globale di carni avicole, tra il 2000 e il 2030, triplichi in Asia meridionale (+271%), superi il raddoppio in Europa orientale e Asia centrale (del 116%), lo sfiori sia in Medio Oriente e Nord Africa (+97%), sia in Asia orientale e nel Pacifico (+91%).

L’impennata della domanda va attribuita alla crescita demografica e all’urbanizzazione – come già esposte nel rapporto ONU TWI2050 (The World In 2050), ma anche al continuo aumento del consumo individuale di queste derrate. A prescindere dalla regione del mondo e dai livelli di reddito considerati, sia pure con un tasso di crescita maggiore nei Paesi a Basso e Medio Reddito (Low-Middle Income Countries, LMIC).

Carni avicole e uova già ora rappresentano le prime fonti di proteine animali a livello planetario, seguite dalla carne di maiale. Ai pregevoli valori nutrizionali si associano infatti bassi costi di produzione e l’assenza di vincoli religiosi o culturali al loro consumo (i quali incidono, per le carni suine, su circa 2 miliardi di persone).

Filiera avicola e SDGs. Food security, food safety, sostenibilità

La filiera avicola può senza dubbio contribuire, per le ragioni sopra espresse, al raggiungimento del Sustainable Development Goal n. 2. ‘END HUNGER, achieve food security and improved nutrition, and promote sustainable agriculture’. Eliminare la fame e la malnutrizione, come si è visto, rappresenta un obiettivo cruciale per la società moderna. A livello globale, europeo e italiano.

La food security (cioè la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari) non può tuttavia prescindere – come evidenziato nello stesso SDG 2 e richiamato nel successivo SDG 12 – dalla sostenibilità in agricoltura e in allevamento. Né tantomeno dalla food safety, la sicurezza alimentare, come sottolineato nell’ultimo rapporto ‘The Future of Food Safety’ di FAO, WHO, WTO e African Union. E ribadito dall’ONU al primo World Food Safety Day, il 7.6.19.

Avicoltura sostenibile, l’esempio europeo per la FAO

Le pratiche di allevamento e di produzione in avicoltura devono venire allineate a standard igienico-sanitari, ambientali e di rispetto del benessere animale effettivamente in grado di garantire cibo sicuro, etico e sostenibile per le popolazioni del pianeta. Seguendo ove possibile i requisiti previsti nel settore biologico che meglio di altri garantiscono, su questa filiera in particolare, le migliori possibilità di raggiungere gli obiettivi detti.

‘Ensure responsible production and consumption’ (SDG 12).

L’Unione Europea può rappresentare l’esempio da seguire per lo sviluppo sostenibile ed efficace della filiera agricola globale. Grazie a un sistema di regole che – come i dati epidemiologici sulle tossinfezioni alimentari dimostrano – è anni luce più avanti rispetto ai ‘modelli’ di zootecnia applicati in USA, Brasile e altri grandi esportatori di prodotti avicoli.

Il nuovo direttore generale della FAO Qu Dongyu potrà dunque considerare l’esempio europeo e seguirne l’aggiornamento tuttora in corso. Il clamoroso successo dell’iniziativa dei cittadini europei #EndTheCageEra dovrà infatti comportare un’evoluzione delle regole all’insegna del benessere animale. E così della sicurezza alimentare, anche per quanto attiene ai residui di farmaci veterinari (il cui utilizzo è già stato oggetto di recenti riforme).

Allevamenti avicoli intensivi, le regole in UE

Le regole UE sugli allevamenti avicoli intensivi hanno vietato, nel 2012, gli allevamenti in batteria. (1) Le gabbie devono rispondere a misure minime e limiti di concentrazione degli animali ivi stipati. Gli spazi a disposizione rimangono peraltro esigui, ed è perciò che i cittadini europei hanno portato avanti l’iniziativa ‘End The Cage’. Poiché è tuttora possibile, ad esempio, mantenere 13 galline ovaiole in ogni gabbia di un metro quadrato per 45 cm di altezza. Spazi che neppure permettono alle galline di allargare le ali. Quelle allevate a terra vivono un po’ meglio ma neppure troppo, in 9 nella gabbia da 1 mq. (2)

I polli da carne vengono ‘allevati a terra’, bensì all’interno di capannoni spesso illuminati e areati artificialmente. Con una densità abitativa ancora maggiore, 20 animali per metro quadrato. (3) Le regole di settore in Europa sono evolute prima che altrove, superando in certa misura le resistenze delle lobby dell’agricoltura industriale. E tuttavia il benessere animale viene di fatto riservato, nella filiera avicola, alle produzioni bio.

Il sovraffollamento ancora tollerato nelle produzioni convenzionali espone i polli a maggiori rischi di malattie, oltreché a ferite e cannibalismo. E comporta un maggior impiego di medicinali veterinari, al cui abuso si ricollegano tra l’altro i fenomeni dell’antibiotico-resistenza (AMR, Anti-Microbial Resistance) e multi-antibioticoresistenza (MDR, Multiple Drug Resistance), già diffusi in alcune zoonosi a trasmissione umana come alcuni ceppi di Salmonella.

Allevamenti biologici, le regole UE

Gli allevamenti biologici seguono criteri che oggi rappresentano la migliore espressione del benessere animale (sia pure, in vista della produzione di alimenti di origine animale). Il sistema biologico viene perciò sostenuto anche da Compassion In World Farming (CIWF), l’associazione internazionale di riferimento per l’animal welfare.

Gli animali allevati con il metodo bio, anzitutto, hanno più spazio a disposizione. I polli non possono venire tenuti in gabbia e devono avere la possibilità di accedere a uno spazio all’aperto per almeno un terzo della loro esistenza. Ogni gallina ha diritto a uno spazio di 4 metri quadrati all’esterno, mentre all’interno la capienza massima è di 6 capi per mq. Il mangime somministrato deve essere sempre di origine vegetale, biologico e privo di OGM o derivati.

È vietata la somministrazione di antibiotici a uso preventivo (profilassi) e i trattamenti a seguito di comparsa di segni d’infezione (metafilassi) devono venire limitati ai casi più gravi. Vengono impiegati animali a lento accrescimento, più resistenti di quelli usati negli allevamenti convenzionali. Con un ciclo biologico doppio, in quanto la macellazione è consentita dopo 81 giorni di vita (anziché dopo 40 giorni). (4)

Antibiotics-free

Senza uso di antibiotici (Antibiotics-free) è un claim sempre più diffuso sulle etichette delle carni avicole vendute in Italia. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio Immagino di GS1-Italy, Oi 2019 – 2, registra infatti una crescita esponenziale dell’offerta di tali prodotti sul canale della distribuzione moderna.

Tale dicitura – benché a tutt’oggi priva di una disciplina specifica – vale a significare che gli animali da cui derivano le carni o le uova così contrassegnate non hanno ricevuto somministrazione di antibiotici nell’intero corso della loro esistenza. I prodotti che invece derivano da animali sui quali non sia stato possibile evitare questo trattamento vengono invece ‘declassati’ e venduti senza esporre il claimsenza antibiotici’ in etichetta (sotto pena di contestazione del delitto di frode in commercio).

L’esperienza maturata sulle filiere ‘antibiotics free’ ha consentito agli operatori della filiera avicola italiana di lavorare con impegno al miglioramento delle condizioni ambientali dello stabilimento. Igienizzazione delle lettiere e formazione del personale, areazione e riscaldamento. Con il risultato di migliorare sensibilmente i livelli complessivi di igiene e sicurezza, benessere animale, impatto sull’ambiente. Nella logica One Health che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, World Health Organization) ha adottato e l’Unione Europea effettivamente segue.

‘Senza antibiotici’, le esperienze italiane

La prima impresa a eliminare gli antibiotici nel processo produttivo è stata la società Guidi di Roncofreddo (FC), seguita da Fileni e ValVerde. La rivoluzione è però avvenuta quando Coop Italia, primo gruppo della grande distribuzione in Italia, ha lanciato il progetto ‘Alleviamo la Salute. Presentando sul mercato nazionale 25 referenze di carni da polli cresciuti senza l’uso di antibiotici, oltre a due referenze di uova che provengono da allevamenti a terra e senza l’uso di antibiotici.

Alcuni attivisti sostengono che la dicitura ‘senza antibiotici’ in etichetta non sia sufficiente a esprimere un effettivo miglioramento del benessere animale, essendo comunque consentito l’utilizzo di altri farmaci veterinari (come i coccidiostatici ionofori, per i polli). Un tema che potrà venire approfondito nelle sedi competenti, in vista del possibile sviluppo di un apposito standard di allevamento.

La questione della sessazione

La sessazione è un altro elemento critico per la sostenibilità della filiera agricola. Laddove è prassi, nella gran parte degli allevamenti di galline ovaiole, uccidere alla nascita tutti i pulcini nati maschi. Circa 7 milioni di creature vengono sterminate ogni anno nel mondo, anche nelle filiere sedicenti ‘sostenibili’, per cinico opportunismo e carenza di visione strategica. Confidando nell’assenza di divieti e nella scarsa consapevolezza di questo fenomeno da parte dei consumAttori.

Coop Italia è stato il primo operatore italiano a muoversi nella direzione cruelty-free, mettendo al bando la sessazione dalle filiere di approvvigionamento di tutte le uova a marchio proprio. Seguendo l’esempio di Coop Switzerland e di Seleggt, fornitore del gruppo Rewe.

Il 28.1.20 il ministro francese dell’agricoltura Didier Guillaume ha annunciato che la Francia introdurrà il divieto della sessazione su scala nazionale, ad applicarsi entro la fine del 2021. La ministra tedesca per l’agricoltura Julia Klöckner ha a sua volta descritto tale pratica – che in Germania comporta l’uccisione ogni anno di circa 45 milioni di pulcini – come ‘eticamente inaccettabile’, invocandone il divieto.

Nomenclatura delle uova

La nomenclatura delle uova adottata in Europa vale anche a comunicare ai consumatori il tipo di allevamento adottato. Il carattere che identifica il tipo di allevamento è il primo numero che compare nel codice. (5) Ad esempio 1IT032TV040:

0 = biologico (v. sopra),

1 = allevamento ‘all’aperto’. In tal caso le galline dispongono di 2,5 mq di spazio all’aperto, e possono convivere in 9 in ogni metro quadrato di spazio, (6)

2 = ‘allevamento a terra’. Anche in questo caso 9 galline per mq ma all’interno dei capannoni, senza possibilità di accesso all’esterno, (7)

3 = ‘allevamento in gabbia’. Gabbie poco più grandi di un foglio A4, dotate di nido, lettiera e sabbia. (8)

Dario Dongo e Alessandra Mei

Note

(1) V. dir. 1999/74/CEche stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole. ‘Gli Stati membri provvedono affinché l’allevamento nelle gabbie di cui al presente capo sia vietato a decorrere dal 1° gennaio 2012. Inoltre, la costruzione o la messa in funzione per la prima volta di gabbie di cui al presente capo è vietata a decorrere dal 1o gennaio 2003’ (art 5.2)

(2) Cfr. dir. 1999/74/CE. ‘Gli Stati membri provvedono affinché, a decorrere dal 1° gennaio 2002, tutti gli impianti di allevamento di cui al presente capo nuovi o ristrutturati o messi in funzione per la prima volta, soddisfino almeno i requisiti elencati in prosieguo:

1) Tutti gli impianti devono essere attrezzati in modo da garantire che tutte le galline ovaiole dispongano: […]

c) di almeno un nido per 7 ovaiole. Se sono utilizzati nidi di gruppo, deve essere prevista una superficie di almeno 1 m2 per un massimo di 120 ovaiole; d) di posatoi appropriati, privi di bordi aguzzi e che offrano almeno 15 cm di spazio per ovaiola. […] e) di una superficie di lettiera di almeno 250 cm2 per ovaiola; la lettiera deve occupare almeno un terzo della superficie al suolo.[…]

a) nei sistemi di allevamento che consentono alle galline ovaiole di muoversi liberamente fra diversi livelli:

i) il numero di livelli sovrapposti è limitato a 4;

ii) l’altezza libera minima fra i vari livelli deve essere di 45 cm’ (art. 4.1)

(3) V. dir. 2007/43/CE, che stabilisce norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne. ‘Gli Stati membri garantiscono che la densità massima di allevamento in un’azienda o in un pollaio di un’azienda non superi in alcun momento 33 kg/m2’ (articolo 3.2)

(4) Cfr. reg. UE 2018/848, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici. Allegato II, Parte II. V. precedente articolo

(5) Cfr. d.lgs. 267/03, Attuazione delle direttive 1999/74/CE e 2002/4/CE, per la protezione delle galline ovaiole e la registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento. Allegato E, Codice per il metodo di allevamento. Art 2.2.2, ‘I metodi di allevamento come definiti nel regolamento (CEE) n. 1274/91, modificato, utilizzati nell’allevamento devono essere indicati con il seguente codice: «1» All’aperto; «2» A terra; «3» In gabbie. Il metodo di allevamento utilizzato in allevamenti la cui produzione avviene secondo le condizioni specificate dal regolamento (CEE) n. 2092/91 deve essere indicato come segue: «0» Produzione biologica.

(6) Cfr. d.lgs. 267/03 (Allegato B), dir. 1999/74/CE, reg. UE 2168/2017

(7) Cfr. d.lgs. 267/03, Allegato B. ‘1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli impianti di allevamento di cui al presente allegato, nuovi, ristrutturati o messi in funzione per la prima volta, devono: c) avere un coefficiente di densità non superiore a 9 galline ovaiole per metro quadrato di zona utilizzabile

(8) Cfr. d.lgs. 267/03, Allegato D. ‘A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tutte le gabbie di cui al presente allegato devono: a) consentire alle galline ovaiole di disporre: 1) di almeno 750 centimetri quadrati di superficie della gabbia per ogni gallina ovaiola, di cui 600 centimetri quadrati di superficie utilizzabile, fermo restando che l’altezza della gabbia, diversa dall’altezza al di sopra della superficie utilizzabile, non deve essere inferiore a 20 cm in ogni punto e che la superficie totale di ogni gabbia non può essere inferiore a 2000 centimetri quadrati. Nel calcolo dei 600 centimetri quadrati di superficie utilizzabile è inclusa la bandina salva uova, posta dietro alla mangiatoia, purché non superi otto centimetri misurati in proiezione orizzontale; 2) di un nido; 3) di una lettiera che consenta di becchettare e razzolare; 4) di posatoi appropriati che offrano almeno 15 cm di spazio per gallina ovaiola’ (articolo 1).

Alessandra Mei

Laureata in Giurisprudenza all'Università di Bologna, ha frequentato il Master in Food Law presso la stessa Università. Partecipa alla squadra di WIISE srl benefit dedicandosi ai progetti europei e internazionali di ricerca e innovazione.

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