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Coop promuove il pomodoro No Cap, ‘caporalato free’

Coop Italia promuove il pomodoro No Cap, frutto della sostenibilità sociale e ambientale. Dal 7 agosto a fine mese, nei negozi del gigante della GDO italiana l’offerta di pomodoro etico raddoppia.

Accanto alle cassette di pomodoro da conserva a marchio Coop – già da sempre ‘caporalato free’ – viene ora ‘ospitato’ il pomodoro bio della filiera a marchio ‘No Cap’, in cassette da 3 kg.

Caporalato e sfruttamento dei lavoratori, la crisi irrisolta

Lo sfruttamento dei braccianti e dei lavoratori è forse la più grave crisi irrisolta in agricoltura e nella filiera agroalimentare, in UE come altrove:

  • in Italia, il caporalato è così diffuso da coinvolgere anche alcuni grandi marchi. Basti citare i recenti casi di Attianese in Campania, Spreafico SpA e StraBerry in Lombardia,
  • in Spagna, nelle serre di Almeria, lo sfruttamento è altrettanto grave e tollerato dalle autorità che dovrebbero impedirlo,
  • in Germania, il focolaio di Covid nel più grande macello industriale ha alzato il sipario su abusi sistemici dei diritti dei lavoratori.

Nei Paesi extra-UE a basso e medio reddito (LMIC, Low-Middle Income Countries) la violazione dei diritti dei lavoratori agricoli viene denunciata da anni da associazioni come Oxfam. E solo l’affermazione delle responsabilità di due diligence accountability degli operatori a valle della filiera potrà indurre un cambiamento, a partire dalle filiere più critiche.

Coop Italia e No Cap

Rinunciare ai profitti sulla pelle dei lavoratori è invece possibile e doveroso. La sinergia con l’associazione che tutela i lavoratori agricoli No Cap conferma infatti l’impegno sociale che Coop Italia ha assunto già a partire dal 1998, distinguendosi quale primo gruppo retail ad avere certificato SA 8000 (Social Accountability) su tutte le forniture dei prodotti con i propri marchi.

La sostenibilità i tutti i suoi aspetti è la nostra strada. Capiamo che in momenti di difficoltà economica come questi che stiamo vivendo, è sempre molto difficile mantenere salda l’attenzione sul tema, ma è proprio ora che non bisogna cedere terreno sui temi di giustizia e di legalità e crediamo che la collaborazione con No Cap sia perfettamente associabile al nostro prodotto a marchio. 

Dal 2015 è stato ampliato l’impegno coinvolgendo e responsabilizzando tutti i fornitori di ortofrutta, anche non a marchio Coop, i cui prodotti sono distribuiti nei propri punti vendita’, dichiara Maura Latini, amministratrice delegata di Coop Italia.

No Cap, servizi per lavoratori e imprese

Il bollino No Cap viene rilasciato alle imprese agricole previa verifica di:

  • assunzioni con contratti regolari. Ore di lavoro in linea con la normativa nazionale. Iscrizioni all’INPS. Durc. Contributi previdenziali,
  • sicurezza sul posto di lavoro, adeguato servizio sanitario e accesso al primo soccorso,
  • uso di energie rinnovabili impiegate nella produzione, imballaggi riciclabili o biodegradabili,
  • capacità di creare valore aggiunto nelle filiere sostenibili.

L’associazione è nata nel 2017 sul solco del movimento anti caporalato animato da Yvan Sagnet (in copertina), camerunense protagonista delle proteste contro lo sfruttamento dei braccianti, nel 2011 a Nardò, provincia di Lecce, Puglia. È attiva in Campania, Basilicata, Sicilia, Calabria, oltreché in Puglia.

Un sostegno concreto a lavoratori e imprese agricole

L’attivismo contro il caporalato si manifesta ogni giorno con l’offerta di servizi essenziali ai lavoratori agricoli ma anche consulenza alle imprese per operare nel rispetto dei diritti umani.

Siamo convinti che per contrastare il caporalato e lo sfruttamento lavorativo nel settore agricolo occorra partire dalla filiera dei soggetti che la compongono. Dai lavoratori agli agricoltori, dalla distribuzione ai consumatori. 

La collaborazione con Coop Italia, tra le più grandi catene della distribuzione da anni impegnata contro lo sfruttamento lavorativo in agricoltura, rappresenta un valore aggiunto importante nella lotta al caporalato’, spiega Yvan Sagnet, presidente di No Cap.

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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