La recente inchiesta di ‘Essere Animali‘ sull’allevamento di orate e spigole (branzini) in Grecia ha riacceso i fari sul benessere dei pesci. Un tema di grande attualità, poiché l’acquacoltura è destinata a superare la pesca. E il risparmio, purtroppo, ha i suoi costi.
Acquacoltura in Grecia, l’inchiesta di ‘Essere Animali’
L’inchiesta degli animalisti denuncia il sovraffollamento nelle gabbie degli allevamenti greci, la sofferenza degli animali e la sistematica somministrazione di antibiotici ,causa primaria di antibiotico-resistenza. L’abbattimento a sua volta comporterebbe sofferenze inutili. (1) Pratiche contro le quali ‘Essere Animali’ lancia una petizione su Change.
‘Chiediamo alla Grande Distribuzione Organizzata (GDO) di impegnarsi concretamente per risolvere queste problematiche, confermate come tali anche da Efsa, Oie e Unione Europea. Anche se silenziosa, la sofferenza di milioni di pesci non può rimanere inascoltata ed è urgente attivarsi subito, vincolando gli allevamenti fornitori all’adozione di policy che pongano fine all’agonia dei pesci.’ (Essere Animali)
La droga del prezzo
La droga del prezzo – che tuttora anima gli acquisti in GDO, a dispetto delle tante chiacchiere sulla sostenibilità – non può resistere al pesce greco d’allevamento. Che costa meno proprio grazie al drastico risparmio su benessere animale e tutela dell’ambiente:
– la densità dei pesci nelle vasche, negli allevamenti greci, sfiora i 40 kg/m3. Più che doppia rispetto allo standard previsto per l’acquacoltura biologica (15 kg/m3) e ben superiore rispetto a quella in auge negli allevamenti che mirano alla qualità delle produzioni (come in Italia e Croazia). E tanto maggiore è la densità, tanti più antibiotici sono richiesti per prevenire il diffondersi di malattie,
‘Gli allevamenti che seguo in Italia non realizzano mai una densità superiore ai 20-22 kg/m3. Alcuni impianti sono certificati antibiotic free, altri non lo sono ma non ricorrono ai farmaci proprio grazie alle condizioni ottimali di vita dei pesci. E sono soggetti a audit molto frequenti, 30 giornate l’anno’ (Maurizio Ribezzo, Innovatio S.r.l.).
– i mangimi a basso costo utilizzati in Grecia e Turchia, ma non anche in Italia, contengono grassi di animali terrestri, proteine OGM ed emoglobina,
– le vasche vengono installate, letteralmente, a pochi passi dal bagnasciuga. Ipotesi inconcepibile in Italia, ove gli allevamenti vengono autorizzati solo offshore, anche a diverse miglia dalla costa, per proteggere l’ecosistema.
Asimmetrie e approvvigionamenti
L’asimmetria degli standard di acquacoltura applicati nei vari Paesi europei – che abbiamo già segnalato negli allevamenti di salmone – riemerge con brutalità. D’altra parte, l’acquacoltura in Italia non è in grado di coprire la domanda interna. ‘Per mangiare solo pesce allevato in Italia dovremmo ridurre i consumi di 7-8 volte‘, spiega Claudio Mazzini, responsabile commerciale Freschissimi di Coop Italia.
‘Alleviamo la salute’ è la miglior espressione di Coop Italia in acquacoltura, dopo le produzioni biologiche. Solo pesce italiano, allevato senza antibiotici negli ultimi 12 mesi, con mangimi selezionati e densità limitata. Ma neppure Coop può rinunciare alle importazioni su altre linee di prodotti a private label, per il 45% delle forniture. Con privilegio alla Croazia (25%), ove i prodotti hanno pure una qualità elevata. E a seguire. Grecia (20%) e Malta (10%).
Italia-Grecia, orate e branzini a confronto
‘All’ipermercato lo stesso pesce costa 5 al kg se turco, fino a 7 euro se greco e da 7 a 12 euro al kg se italiano. L’origine Turchia o Grecia va tantissimo tra i consumatori, ma solo per i prezzi più bassi. Ho visto impianti ben gestiti in Albania, ma il pesce proveniente da quel Paese non ha appeal sul nostro mercato, quindi va altrove’ (Maurizio Ribezzo, Innovatio S.r.l.).
I pesci greci d’allevamento costano meno e tuttavia, rispetto a quelli italiani, risultano:
- più piccoli e più grassi, proprio perché derivano da cicli veloci di accrescimento in spazi ristretti. La pezzatura ellenica media è di 300-600 g, a fronte di quelle superiori (codificate in 6-800 g, 800-1.000 g, >1000 g) più diffuse in Italia,
- meno freschi. ‘In Italia, la GDO chiede che il pesce arrivi entro 24 ore dalla cattura sul banco di vendita. Il pesce provenienza Grecia impiega invece un giorno e mezzo. Quello turco 2-2,5 giorni. La denominazione è sempre ‘pesce fresco’, ma la differenza non è trascurabile‘, spiega Maurizio Ribezzo.
Note
(1) L’associazione indica come irregolare il sistema di abbattimento in acqua e ghiaccio, che invece è indicato come idoneo, previo stordimento elettrico, proprio nella Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla possibilità di introdurre taluni requisiti riguardanti la protezione dei pesci durante l’abbattimento. V. https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2018/IT/COM-2018-87-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".