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Vino naturale, cresce l’interesse dei consumatori italiani

Il microcosmo dei vini naturali inizia ad attrarre il grande pubblico. Uno studio Nomisma attesta l’esigenza dei consumatori di ricevere informazioni sui contenuti dei vini in commercio. E anche i grandi operatori di ‘Big Wine’ si affacciano alla finestra. Come l’azienda vitivinicola Pasqua che, oltre ad avere commissionato la citata ricerca, annuncia l’avvio di una piccola produzione di ‘vino naturale’.

Vino naturale, la ricerca Nomisma

La ricerca ‘Vino naturale e stili di vita green‘ – condotta dal ‘Wine Monitor’ di Nomisma su mille consumatori di vino in età 18-73 – conferma, come prevedibile, che ben pochi (12%) hanno un’idea più o meno esatta di cosa sia il ‘vino naturale’. Il 50% dei soggetti consultati ne ha sentito parlare ma non ne conosce le caratteristiche, il 21% non ne ha mai sentito parlare ma esprime curiosità.

Il 71% dei consumatori italiani intervistati vorrebbe avere più informazioni sul vino naturale. Il sondaggio – se pure eseguito su un campione ristretto attraverso un questionario in prevalenza a risposta chiusa – offre alcuni spunti degni di nota:

– il ‘vino naturale’ viene associato ai termini ‘artigianalità’, ‘salute’, ‘qualità’, ‘autenticità’, ‘sostenibilità’, ‘semplicità’, bontà. ‘Tutti attributi che attestano come il metodo produttivo, i benefici per la salute, le caratteristiche organolettiche e l’assenza di elementi artificiali contribuiscano a definire il percepito di un prodotto a vocazione fortemente bio‘, evidenzia il rapporto,

– l’89% degli intervistati vorrebbe garanzie sull’origine del vino, attribuisce più valore (87%) ed esprime maggiore propensione all’acquisto (85%) al prodotto ‘naturale’,

– a raffronto con il vino ‘convenzionale’, quello naturale è considerato più difficile da produrre  (79%), più benefico per la salute (69%) e rispettoso dell’ambiente (66%), ma anche più buono. Il 61% degli intervistati ne immagina migliori qualità organolettiche,

– il 57% dei consumatori acquisterebbe a priori il prodotto che effettivamente risponda alle promesse caratteristiche di ‘naturalità’. Il 31% vorrebbe invece prima assaggiarlo e ricevere maggiori notizie ,

– i Millennials, le donne e in generale i consumatori con scolarità e reddito più elevati (quelli che tra l’altro risultano maggiormente aderire alla dieta mediterranea) paiono essere quelli più attenti alla sostenibilità socio-ambientale dei consumi.

I misteri del vino in etichetta

La domanda di trasparenza su origine, metodo di produzione e ingredienti del vino evidenziata dalla ricerca di ‘Wine Monitor’ è un tema scottante che non solo le istituzioni, ma anche le filiere della produzione e della distribuzione tuttora trascurano. Non solo in relazione al vino naturale, a tutt’oggi privo di una disciplina uniforme al di là dei disciplinari di alcune organizzazioni, ma per le bevande alcoliche in generale, comprese le birre, e i vini in particolare.

Le etichette del vino sono tuttora misteriose. L’ingiustificata deroga dall’elenco degli ingredienti impedisce di distinguere i vini e gli spumanti realizzati con ‘zuccheri alieni, di canna o di barbabietola. Ed è impossibile sapere quando un prodotto sia stato realizzato con l’acido tartarico di sintesi chimica, anziché con quello derivato dalle fecce delle uve. Senza indulgere in ulteriori riflessioni su allergeni spesso tuttora nascosti e ignoti valori di anidride solforosa e solfiti.

Le scelte di acquisto dei nettari di Bacco, secondo il rapporto di ‘Wine Monitor’, sono attualmente basate sui seguenti aspetti:

– denominazione di origine (indicata dal 27% dei consumatori come primo fattore di scelta), 

– vitigno (20%),

– regione e area di provenienza (18%),

– prezzo (7%),

– certificazione bio (3%).

Vino biologico, successo continuo

Il vino biologico è protagonista di una crescita continua – a livello nazionale, europeo e globale – coerente con l’intero settore dell’agroalimentare bio. (1) Secondo l’Osservatorio Bio Nomisma, nel quinquennio 2013-2018 i consumatori abituali di vino bio in Italia sono aumentati dal 2 al 41%.

La conversione al bio è di conseguenza molto pronunciata, nei vigneti come in altre colture. Grazie anche alla crescente sensibilità dei cittadini verso l’inquinamento ambientale e i pericoli per la salute associati all’impiego di pesticidi in agricoltura. Secondo i dati di FIBL (‘The Research Institute of Organic Agriculture’), tra il 2009 e il 2017 l’agricoltura biologica è cresciuta in misura straordinaria in Italia (+142%), ancor più che nel mondo (+112%) e in Europa (+103%).

I vigneti bio in Italia sono particolarmente estesi in Sicilia (35%) e Puglia (+14%), per complessivi 103mila ettari coltivati a vite da vino secondo metodo biologico. Seguono Toscana (13%), Veneto (5%) e Marche (5%). La Lombardia ha registrato l’indice di conversione più alto, nel quinquennio 2012-2017 (+289,7% per superfici convertite, a fronte di una media nazionale del +84,3%. Sopra la media anche il Veneto, +100%).

‘Big Wine’ al naturale 

Sorprende, sotto certi aspetti, l’annuncio di un vino naturale firmato Pasqua. La dimensione piccola, spesso microscopica, dell’azienda agricola è invero una caratteristica comune ai vignaioli indipendenti e a quelli che si sono finora impegnati a produrre vini naturali. La nota cantina veronese viceversa, ha una storia che risale al 1925 e un fatturato di 54,7 milioni di euro, con 15 milioni di bottiglie vendute nel 2018 in 61 Paesi. Grazie anche a proprie filiali distributive, in USA come in Cina.

Un piccolo esperimento di marketing o l’avvio di un percorso verso l’agricoltura sostenibile e la produzione di vini a realizzarsi a partire da uve e loro derivati, col minor contributo possibile della chimica nelle vigne e nei campi? È ancora presto a dirsi. Il vino naturale Pasqua, con etichetta ‘Brasa Coèrta’, è un progetto pilota. Concepito con lo chef e ristoratore milanese Diego Rossi e condotto dall’agronomo Lorenzo Corino, 1.800 bottiglie l’anno per iniziare.

Il vigneto da cui proviene Brasa Coèrta è stato impiantato nel 1985 su un terreno argilloso-calcareo di origine alluvionale. Le varietà di uve coltivate sono Corvina, Corvinone, Rondinella, Cabernet Sauvignon e Merlot. Quanto al metodo ‘naturale’, riferisce l’azienda, ‘Le uve vengono raccolte a mano con attenta selezione, per rimanere poi per circa dieci giorni nelle cassette prima di essere pigiate. Dopo la pigiatura vengono passate in tini di legno dove i lieviti naturali realizzano la fermentazione alcolica. Terminato questo passaggio, il vino viene riposto in tonneaux di rovere francese di secondo e terzo passaggio per circa 6 mesi, dove svolge la fermentazione malolattica. Infine passa in acciaio per un ulteriore affinamento’.

Marta Strinati e Dario Dongo

Note

(1) La storia del successo del vino biologico italiano è stata documentata nei precedenti articoli, relativi agli anni:

– 2016, https://www.greatitalianfoodtrade.it/mercati/vino-bio-un-2016-da-leoni-cresce-anche-lo-spumante-e-piace-il-bag-in-boxhttps://www.greatitalianfoodtrade.it/vino-italiano/vino-italiano-biologico-prosegue-la-crescita

– 2015, https://www.greatitalianfoodtrade.it/mercati/vino-italiano-news/vino-biologico-italiano-export-2015

– 2014, https://www.greatitalianfoodtrade.it/mercati/il-vino-biologico-italiano-a-vinitalybiohttps://www.greatitalianfoodtrade.it/mercati/vino-bio-un-comparto-in-crescita

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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