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Trasparenza nella catena del valore, lavori in corso

La trasparenza sulla catena del valore è la chiave per risollevare le sorti della filiera agroalimentare. In questa direzione muovono la direttiva UE sulle pratiche commerciali sleali (UTPs), di recente adottata, e i lavori in corso di un’apposita task force europea.

La sopravvivenza e lo sviluppo sostenibile delle nostre filiere dipendono dal riconoscimento di un’equa remunerazione di tutti i suoi protagonisti. Si segnala anche il fiorire di iniziative private, come ‘Chain for Food e ‘Chi è il padrone? La marca del consumatore.

Salvaguardia della filiera agroalimentare europea, la direttiva UTPs

La direttiva sulle pratiche commerciali sleali (UTPs, Unfair Trading Practices) è stata votata dall’Assemblea di Strasburgo il 12.3.19. A seguito di negoziati che – grazie alla determinazione dell’On.le Paolo De Castro, suo relatore al Parlamento europeo – hanno rafforzato la tutela di agricoltori e imprese di trasformazione con misure ben più efficaci rispetto a quelle ipotizzate dalla Commissione nella sua proposta originaria 12.4.18.

La salvaguardia della filiera agroalimentare europea viene perciò promossa, in primo luogo, con le misure cogenti previste dalla direttiva UTPs. Al preciso scopo di riequilibrare lo squilibrio contrattuale, finora creduto insanabile, tra i fornitori di derrate agricole (anche per usi diversi da ‘food & feed’) e i loro acquirenti. Con particolare attenzione agli abusi tuttora posti in essere e impuniti, non solo dalla GDO ma anche dai colossi globali dell’ecommerce. Ma non basta.

Trasparenza nella filiera agroalimentare, le esigenze 

I consumAttori hanno iniziato a comprendere la necessità di salvaguardare le produzioni sui territori, per due essenziali esigenze:

– sicurezza alimentare e qualità dei cibi che, come Ippocrate sempre ci insegna, rappresentano per l’uomo la prima medicina. A fronte del ripetersi di crisi e scandali internazionali ritualmente originati in Paesi (es. USA e Canada, Brasile) ove i sistemi normativi e di controllo sono del tutto imparagonabili ai nostri,

– sopravvivenza economica di aree rurali, distretti produttivi e Paesi ove la produzione alimentare tuttora rappresenta una delle prime fonti di ricchezza e occupazione, entrambe in declino. Oltreché di tutela degli ecosistemi attraverso pratiche di agricoltura sostenibile. Le uniche in grado di mitigare il cambiamento climatico in atto, ridurre gli sprechi e proteggere la biodiversità.

Trasparenza nella filiera, origine in etichetta 

L’indicazione di origine dei prodotti e dell’origine delle loro materie prime è indispensabile per consentire ai consumAttori scelte informate di acquisto (#IoVotocolPortafoglio). I decreti italiani recanti obbligo di indicare in etichetta la sede dello stabilimento nonché l’origine di vari ingredienti (grano e semola nella pasta, risone nel riso, latte nei latticini, pomodoro nelle relative conserve) valgono carta straccia. Poiché Paolo Gentiloni, Maurizio Martina e Carlo Calenda hanno deliberatamente omesso la notifica preventiva dei relativi schemi, come prescritto in Europa dal lontano 1983.

Si deve lavorare con serietà:

– in Italia, per introdurre l’indicazione obbligatoria di origine e/o provenienza di alimenti venduti sfusi o preincartati, nonché dei cibi serviti dalle collettività. Tali norme possono venire emanate nel rispetto delle regole UE, poiché incidono sull’unica area non armonizzata dal ‘Food Information Regulation’. (1) #OrigineCarnialRistorante e #Spremutaitalianalibera sono le nostre prime proposte, di nessun costo per l’erario e la filiera, ma sicuri vantaggi per allevatori e agrumicoltori italiani,

– a livello UE, bisogna varare al più presto il regolamento #EatORIGINal! Unmask your food!. (2) È proprio ciò che chiedono i cittadini europei, che hanno infatti proposto un’iniziativa popolare già registrata il 19.9.18. Il livello di dettaglio dell’informazione dovrà essere elevato, almeno su scala nazionale. Per evitare il ripetersi di ridicole generalizzazioni, come quelle previste dal regolamento ‘Origine Pianeta Terra. (3)

Le nostre produzioni non possono sostenere la battaglia dei prezzi con le derrate che derivano dalla globalizzazione dello sfruttamento di ecosistemi e lavoratori. I maggiori costi di produzione legati al rispetto di regole evolute non sono più assorbiti dagli aiuti comunitari, per via del progressivo smantellamento della PAC (Politica Agricola Comune). E i trattati tossici dell’era Juncker aggravano la situazione, eliminando garanzie e dazi.

Trasparenza nella catena del valore, la task force europea

La ‘Agricultural Market Task Force’ è stata istituita nel 2016 per analizzare il mercato agroalimentare e suggerire strategie per il suo rafforzamento.

La trasparenza sulla catena del valore è infatti uno dei temi cruciali da affrontare, a gran voce sollecitato dalle rappresentanze delle parti sociali interessate (con esclusione dei colossi internazionali della GDO) nel corso delle consultazioni sulla direttiva UTPs.

Improving market outcomes, enhancing the position of farmers in the supply chain’ è il primo rapporto del Gruppo di lavoro, datato 14.11.16. Curiosamente preceduto da una citazione biblica di cui viene ripresa la sola parte finale, ‘l’interesse del paese in ogni cosa è un re che si occupa dei campi.’ Tralasciandone l’incipit, ancor più consono allo scenario in esame e al possibile ruolo dell’Esecutivo europeo, ‘Se vedi nella provincia il povero oppresso e il diritto e la giustizia calpestati, non ti meravigliare di questo, poiché sopra un’autorità veglia un’altra superiore e sopra di loro un’altra ancora più alta’. (4)

La trasparenza viene descritta come ‘the availability of relevant market information (e.g. concerning prices, weather, production, trade, consumption and stocks) for all market participants.’ E rappresenta un obiettivo da perseguire, poiché lo scenario completo è oggi disponibile solo ad alcuni operatori. Correggere questa asimmetria di informazioni è dunque essenziale a riequilibrare i poteri tra i vari attori della filiera e favorire la valorizzazione delle produzioni locali e sostenibili. Oltre a consentire il monitoraggio dei listini e così mitigare i rischi di cartelli sui prezzi, intese e altre pratiche anti-concorrenziali.

Volatilità e asimmetria d’informazione hanno ripercussioni negative sui primi anelli della filiera (agricoltura e trasformazione), veri e propri ‘ammortizzatori’ delle fluttuazioni dei costi delle materie prime. Restando invece pressoché invariate le marginalità dei numerosi intermediari (fino a 10, dai campi allo scaffale) e dei distributori stessi. I consumatori a loro volta e per le stesse ragioni non fruiscono quasi mai della riduzione dei prezzi, quand’anche calino i costi a monte della filiera.

Trasparenza di filiera in Europa, ultime novità 

A febbraio 2018 una conferenza organizzata dalla Commissione europea ha consentito alle rappresentanze delle parti sociali interessate (stakeholders) di aggiornare le rispettive posizioni:

– all’agricoltura è essenziale conoscere costi e prezzi dei prodotti lungo l’intera filiera. Con il supporto di un osservatorio europeo alla stregua dello ‘Observatoire de la formation des prix et des marges’, istituito in Francia dai ministeri dell’economia e dell’agricoltura, (5)

– alla trasformazione è altresì necessario un sistema europeo che organizzi e coordini la raccolta dei dati, anche al fine di ridurre i costi di monitoraggio e analisi che di fatto ne ostacolano l’accesso da parte di microimprese e PMI,

– la distribuzione a sua volta condivide le esigenze espresse dalla catena produttiva. La cognizione esatta dello scenario complessivo di tutte le filiere può infatti aiutare a ridurre le asimmetrie nella remunerazione dei vari comparti.

La Commissione ha perciò proposto di rafforzare il sistema ISAMM (Information System for Agricultural Market Management and Monitoring), istituito nel 2005 nell’ambito del processo di semplificazione della PAC.

Il rafforzamento del sentimento di fiducia verso il mercato agroalimentare sarà evidente.

In controtendenza il JRC (Joint Research Centre), che fa pure capo alla Commissione. trasparenza lungo la filiera. Gli ‘scienziati’ a servizio di Bruxelles paventano il rischio di cartelli e accordi anti-concorrenziali (ciò che invece si verifica in caso di asimmetrie, secondo autorevoli dottrine a essi sfuggite). Si preoccupano anche di un aspetto – il costo delle informazioni per i bilanci pubblici nazionali e UE – che esula del tutto dalle loro competenze.

Di trasparenza v’è enorme bisogno. Tanto su mercati e catene del valore, quanto su operato e fedeltà agli interessi pubblici dei burocrati di Bruxelles. (6)

#Égalité!

Dario Dongo e Marina De Nobili

Note

(1) Cfr. reg. UE 1169/11, articolo 44

(2) Non deve venire trascurato il valore dell’informazione obbligatoria sulla sede dello stabilimento, cruciale per distinguere il vero ‘Made in’ rispetto alle sue contraffazioni implicite (es. ‘Italian sounding’). Si veda l’articolo https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/sede-dello-stabilimento-in-etichetta-il-must-per-il-made-in-italy

(3) V. reg. UE 2018/775. Si veda l’analisi sui vincitori e i vinti da tale osceno provvedimento, su https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/origine-ingrediente-primario-vincitori-e-vinti

(4) Cfr. https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/food-farming-fisheries/farming/documents/amtf-report-improving-markets-outcomes_en.pdf. Citazione da Ecclesiaste 5-8

(5) Altro esempio è quello dell’Osservatorio europeo sui prezzi del latte, ‘EU Milk Market Observatory

(6) Proprio ieri abbiamo riaffermato la denuncia di atti illeciti da parte di funzionari della Commissione europea, DG Grow (si veda l’articolo https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/canapa-nei-cosmetici-la-commissione-fa-marcia-indietro-dopo-la-nostra-denuncia). In questo caso, è evidente come l’uscita di JRC sui costi pubblici del monitoraggio pubblico sui mercati risponda all’interesse privato delle società di consulenza, che sono solite rivendere gli stessi dati a migliaia di operatori. Vergogna!

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