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Stop ai prodotti da lavoro forzato nei campi e nelle fabbriche

Il Parlamento europeo ha adottato in via definitiva il regolamento che vieta la vendita, l’importazione e l’esportazione di beni realizzati con il lavoro forzato. Il regolamento si inserisce nella serie di normative previste dall’Unione Europea di promozione del rispetto dei diritti umani e dell’ambiente a livello globale, come previsto anche dalla Corporate Sustainability Reporting Directive. (1)

Un regolamento contro il lavoro forzato

Secondo i dati dell’International Labour Organization, sono quasi 28 milioni le persone costrette al lavoro forzato. Di queste, il 39,4% sono donne e ragazze mentre il 12% sono bambini. Lo sfruttamento di queste persone genera ogni anno un profitto illecito di 236 miliardi di dollari. (2)

La Commissione Europea nel 2022 ha proposto un regolamento per vietare che vengano immessi sul mercato prodotti ottenuti con lo sfruttamento dei lavoratori, indipendentemente dal luogo di produzione. Il regolamento, nell’aprile 2024, è stato adottato dal Parlamento europeo con 555 voti favorevoli, solo 6 voti contrari e 45 astensioni. (3)

Autorità competenti

Ogni Stato membro designa un’autorità competente a svolgere i compiti previsti dal regolamento, affinché nessun prodotto ottenuto con il lavoro forzato entri sul mercato europeo o venga esportato. Le autorità collaborano con la Commissione per assicurare l’applicazione del regolamento in tutta l’Unione (articolo 5).

L’Unione europea istituisce al contempo una rete sui prodotti del lavoro forzato. Servirà da piattaforma per un coordinamento e una cooperazione tra le autorità statali e la Commissione. La rete sarà composta dalle autorità nazionali e dai rappresentanti della Commissione e potranno partecipare alle riunioni anche altre autorità competenti degli Stati membri, esperti e portatori di interessi in base alla questione che si affronta (art. 6)

I portali sullo sfruttamento del lavoro

La Commissione istituisce una banca dati che fornisce informazioni indicative, basate su prove, verificabili e regolarmente aggiornate, sui rischi del lavoro forzato in zone geografiche specifiche o in relazione a prodotti o gruppi di prodotti specifici. La banca dati sarà facilmente accessibile al pubblico e disponibile in tutte le lingue dell’Unione (art 8)

Le presunte violazioni del regolamento potranno essere presentate attraverso il Punto unico di trasmissione delle informazioni che la Commissione istituisce, disponibile in tutte le lingue ufficiali dell’Unione e gratuito. Le informazioni di violazione dovranno essere corredate degli elementi di prova e se possibile dei documenti giustificativi e sarà facoltà della Commissione respingere quelle manifestamente incomplete, infondate o presentate in malafede. (art 9)

Apertura delle indagini, articolo 14

L’apertura delle indagini deve seguire l’approccio basato sul rischio. Le autorità prendono quindi in considerazione i seguenti criteri:

  • l’entità e la gravità del presunto lavoro forzato, compreso il timore di un possibile lavoro forzato imposto dallo Stato,
  • la quantità o il volume di prodotti immessi sul mercato dell’Unione,
  • la percentuale della parte di prodotto che si sospetta sia realizzata con il lavoro forzato rispetto al prodotto finale.

La valutazione della probabilità che sia stato violato il regolamento si basa su informazioni pertinenti, fattuali e verificabili. All’articolo 14, paragrafo 3, è disponibile un elenco non esaustivo esemplificativo di tali informazioni.

Le decisioni dell’Autorità

Le indagini devono concludersi entro un termine ragionevole previsto di 9 mesi. Se viene accertato che i prodotti violano il regolamento, le autorità adottano una decisione contenente:

  • il divieto di immettere o mettere a disposizione del mercato tali prodotti,
  • l’ordine all’operatore economico interessato di ritirare tali prodotti già immessi sul mercato,
  • l’ordine di smaltire (4) i prodotti o la parte dei prodotti ottenuta tramite il lavoro forzato.

Se i prodotti in questione fanno parte di una catena di approvvigionamento strategica per l’Unione, le autorità competenti possono ordinare che il prodotto interessato sia trattenuto il tempo necessario per eliminare il lavoro forzato dalla catena di approvvigionamento in questione, a spese degli operatori.

Sanzioni, articolo 37

Le sanzioni sono decise dagli Stati membri e devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Devono inoltre tenere in conto:

  • la gravità e la durata della violazione,
  • eventuali violazioni dello stesso tipo commesse in precedenza dall’operatore economico,
  • il grado di cooperazione con le autorità,
  • eventuali fattori attenuanti o aggravanti applicabili.

Un regolamento contro la fast fashion

Il regolamento si applica a qualsiasi prodotto che può essere valutato in denaro e che, in quanto tale, può essere oggetto di transazioni commerciali, indipendentemente dal fatto che sia estratto, raccolto, prodotto o fabbricato, comprese le lavorazioni o trasformazioni connesse a un prodotto in qualsiasi fase della sua catena di approvvigionamento (articolo 2, lettera f).

Samira Rafaela, eurodeputata liberale dei Paesi Bassi e relatrice del regolamento, si riferisce però soprattutto al mondo del fast fashion e del relativo sfruttamento dei lavoratori imposto dallo Stato, in particolare dalla Cina. Molti marchi europei di abbigliamento, tra i quali Zara e H&M, si riforniscono di materiali prodotti dalle persone uigure ristrette dei campi di detenzione nello Xinjiang. (5)

Lo sfruttamento in agricoltura

Un altro settore interessato dallo sfruttamento dei lavoratori è l’agricoltura. In base alle nuove previsioni, non sarà più ammesso l’ingresso nell’Unione europea del riso dalla Birmania, ottenuto con lo sfruttamento della comunità Rohingya, o del concentrato di pomodoro cinese proveniente dallo Xinjiang. Lo stesso rigore dovrà venire applicato all’interno dei confini europei.

L’Italia non è estranea allo sfruttamento dei lavoratori agricoli. Secondo i dati del VI Rapporto agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, nel 2021 sono stati circa 230 mila i lavoratori irregolari nelle aziende agricole italiane, vittime di caporali e imprenditori. (6) Vediamo se le cose cambieranno con l’applicazione del regolamento, che avverrà il terzo anno successivo dall’entrata in vigore.

Alessandra Mei

Note

(1) Dario Dongo, Alessandra Mei. Corporate Sustainability Reporting, al via la nuova direttiva UE. 2.12.2022 GIFT (Great Italian Food Trade)

(2) International Labut Organization. Dati e ricerche sul lavoro forzato. https://www.ilo.org/topics/forced-labour-modern-slavery-and-human-trafficking/data-and-research-forced-labour 

(3) Testo del regolamento adottato https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-9-2023-0306-AM-177-177_IT.pdf 

(4) Lo smaltimento, a norma dell’articolo 25 del regolamento, deve avvenire attraverso il riciclo o, se non possibile, rendendo inutilizzabili i prodotti. Nel caso di prodotti deperibili, lo smaltimento deve avvenire mediante la donazione dei prodotti per scopi caritatevoli o di interesse pubblico o, se ciò non è possibile, rendendo i prodotti inutilizzabili.

(5) Vincenzo Genovese, Paula Soler. Il Parlamento europeo ha approvato il divieto di vendita nell’Ue di prodotti realizzati con lavoro forzato. 23.3.2024

(6) Osservatorio Placido Rizzotto. VI Rapporto Agromafie e Caporalato. https://www.fondazionerizzotto.it/vi-rapporto-agromafie-e-caporalato/ 

Alessandra Mei

Laureata in Giurisprudenza all'Università di Bologna, ha frequentato il Master in Food Law presso la stessa Università. Partecipa alla squadra di WIISE srl benefit dedicandosi ai progetti europei e internazionali di ricerca e innovazione.

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