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Stevia italiana alla riscossa

Al via in Sicilia la produzione industriale di stevia italiana. Con acquirente certo

La stevia italiana è protagonista di un progetto industriale che appare molto promettente. Un’iniziativa a rischi ridotti, considerato che le messi sono vendute prima ancora di avviare le coltivazioni. A valorizzare questa coltura, ancora poco diffusa in Italia, è l’accordo concluso da un gruppo di aziende agricole siciliane – coordinate da Massimo Somaschini, l’agronomo ideatore del progetto Ital Stevia – e la multinazionale francese Stevia Natura FR, proprietaria della prima e ancora unica unità di estrazione di stevia in Europa.

L’acquirente certo della stevia italiana

Sulla base dell’accordo siglato, la società francese si impegna a ritirare tutto il raccolto delle imprese agricole delle aree circostanti Agrigento e Trapani. Allo scopo di ottimizzare qualità e quantità delle piante è prevista anche una attività di monitoraggio dei parametri climatici ed agronomici delle aziende coinvolte. I dati saranno raccolti in una banca dati per focalizzare gli ulteriori miglioramenti possibili. Un obiettivo vitale, considerato che iI prezzo di ritiro della stevia italiana varia in funzione della sua qualità, vale a dire della percentuale di steviosidi, la parte utile alla produzione del dolcificante.

La corsa alla stevia italiana

La coltivazione di stevia italiana ha grandi potenzialità. Potrebbe infatti giovarsi della sua origine geografica, ponendosi come alternativa di alta qualità nei confronti delle forniture cinesi, che attualmente coprono circa l’80% della domanda globale di steviosidi.

La stevia rebaudiana è un dolcificante naturale che si distingue per l’assenza delle controindicazioni associate al consumo degli edulcoranti di sintesi. Oltreché per l’assenza di zuccheri, il cui consumo da parte della popolazione globale è gravemente eccessivo, con ripercussioni di rilievo sanitario attualmente oggetto di ulteriori valutazioni anche da parte dell’Efsa.

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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