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SPECIALE – Regolamento UE sui prodotti ottenuti dal lavoro forzato

Il regolamento (UE) 2024/3015 stabilisce norme che vietano agli operatori economici di immettere o mettere a disposizione sul mercato UE o da esso esportare prodotti ottenuti dal lavoro forzato.

L’obiettivo dichiarato è migliorare il funzionamento del mercato interno – e prevenire così la concorrenza sleale legata a fenomeni di dumping sociale – nonché contribuire alla lotta contro il lavoro forzato.

L’analisi del provvedimento mostra invece una serie di incongruenze che appaiono funzionali a preservare l’impunità delle Corporations sulle violazioni dei diritti umani fondamentali nelle filiere di approvvigionamento.

1) Divieto di vendita in UE di prodotti ottenuti con il lavoro forzato

Gli operatori economici non immettono né mettono a disposizione sul mercato dell’Unione prodotti ottenuti con il lavoro forzato, né esportano tali prodotti’ (articolo 3).

I prodotti messi in vendita online o tramite altri canali di vendita a distanza sono considerati disponibili sul mercato se l’offerta è destinata agli utilizzatori finali dell’Unione’.

Il divieto perciò si applica ogni qualvolta ‘l’operatore economico interessato indirizza, con qualsiasi mezzo, le proprie attività verso uno Stato membro’ (articolo 4).

2) Autorità competenti, cooperazione

Entro il 14 dicembre 2025 gli Stati membri forniscono alla Commissione e agli altri Stati membri, tramite l’apposito sistema di informazione e comunicazione stabilito dal regolamento:

– i nomi, gli indirizzi e i recapiti dell’autorità o delle autorità competenti da essi designate ad adempiere gli obblighi stabiliti dal regolamento; e

– i settori di competenza dell’autorità o delle autorità competenti.

Gli Stati membri provvedono inoltre affinché le loro autorità competenti:

– ‘esercitino i loro poteri in modo imparziale, trasparente e nel debito rispetto degli obblighi del segreto professionale’;

– ‘dispongano dei poteri, le competenze e le risorse necessari per svolgere le indagini, comprese risorse di bilancio sufficienti’;

– ‘si coordinino strettamente e scambino informazioni con le autorità nazionali competenti, quali gli ispettorati del lavoro e le autorità giudiziarie e di contrasto, comprese quelle responsabili della lotta contro la tratta di esseri umani, e con le autorità designate dagli Stati membri a norma della direttiva (UE) 2019/1937’;

– dispongano del potere di imporre sanzioni ‘direttamente, in collaborazione con altre autorità, ovvero rivolgendosi alle autorità giudiziarie competenti’.

Le autorità competenti degli Stati membri e la Commissione lavorano in stretta collaborazione e hanno la responsabilità di assicurare l’applicazione efficace e uniforme del presente regolamento in tutta l’Unione’ (articolo 5).

3) Governance

Il network UE contro i prodotti del lavoro forzato – composto da rappresentanti di ciascuno Stato membro, della Commissione e, se del caso, da rappresentanti delle autorità doganali – funge da piattaforma per il coordinamento e la cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri e la Commissione.

La rete svolge i seguenti compiti, per conseguire gli obiettivi del regolamento e contribuire alla sua attuazione:

– identificare le priorità comuni, agevolare il coordinamento delle indagini, dare seguito all’esecuzione delle decisioni;

– su richiesta della Commissione, contribuire a elaborare le linee guida per l’applicazione del regolamento;

– facilitare e coordinare la raccolta e lo scambio di informazioni, competenze e migliori prassi;

– contribuire ad approcci basati sul rischio e pratiche amministrative uniformi per l’attuazione del regolamento;

– promuovere le migliori prassi nell’applicazione delle sanzioni stabilite dal regolamento;

– cooperare, se del caso, con i servizi della Commissione nonché gli organi, organismi e le agenzie dell’UE e le autorità degli Stati membri;

– ‘promuovere la cooperazione, gli scambi di personale e i programmi di visita tra le autorità competenti e le autorità doganali, nonché tra tali autorità competenti e le autorità competenti dei paesi terzi e le organizzazioni internazionali’;

– facilitare l’organizzazione di attività di formazione e di sviluppo di procedure E infrastrutture, anche presso le delegazioni dell’Unione nei Paesi terzi;

– su richiesta della Commissione, fornire assistenza a quest’ultima per lo sviluppo di un approccio coordinato per l’impegno e la cooperazione con i Paesi terzi;

– monitorare le situazioni di utilizzo sistematico di lavoro forzato;

– prestare assistenza nell’organizzazione di campagne di informazione e sensibilizzazione;

– promuovere e agevolare la collaborazione per esaminare le possibilità di utilizzo di nuove tecnologie e la tracciabilità dei prodotti; (2)

– raccogliere dati sulle misure correttive connesse alle decisioni e sulla valutazione della loro efficacia.

3.1) Sistema di informazione e comunicazione

Un sistema di informazione e comunicazione tra la Commissione, le autorità competenti degli Stati membri e le autorità doganali viene istituito ai sensi dell’articolo 34 del reg. (EC) 1019/2019 (articolo 7).

Tale sistema potrà venire interconnesso con quello dello sportello unico dell’UE per le dogane, ai sensi del regolamento (UE) 2022/2399, per lo scambio di richieste e notifiche tra le autorità doganali e le autorità competenti.

3.2) Banca dati delle zone o i prodotti a rischio di lavoro forzato

Una banca dati viene istituita dalla Commissione europea per:

– fornire informazioni indicative su prove, verificabili e regolarmente aggiornate, sui rischi del lavoro forzato (incluso quello imposto da autorità statali) in zone geografiche specifiche o in relazione a prodotti o gruppi di prodotti specifici, anche per quanto riguarda il lavoro forzato;

– raccogliere, in particolare, le informazioni indipendenti e verificabili che provengono da organizzazioni internazionali quali ILO (International Labor Office) e le Nazioni Unite, o da organizzazioni istituzionali, accademiche o di ricerca.

– identificare in via prioritaria i rischi di lavoro forzato diffusi e gravi;

– rendere facilmente accessibili al pubblico, ‘anche alle persone con disabilità’, le suddette informazioni in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione entro il 14 giugno 2026 (articolo 8).

Il legislatore europeo si premura tuttavia di escludere dal pubblico dominio i nomi dei singoli operatori coinvolti, in antitesi al principio di ‘name and shake’ che dovrebbe invece logicamente applicarsi.

3.3) Punto unico di presentazione delle segnalazioni

Qualsiasi persona fisica o giuridica e qualsiasi associazione anche priva di personalità giuridica può presentare informazioni su prodotti che si sospetta siano derivati da schiavitù. Con la possibilità di fornire informazioni su operatori economici o prodotti sospettati, i motivi e gli elementi di prova, eventuali documenti. Sotto condizioni di riservatezza, salvo diversa volontà (articoli 9,32).

Un punto unico di presentazione delle informazioni, disponibile a titolo gratuito in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni UE e facile da utilizzare, verrà predisposto a dal fine dalla Commissione europea. La quale – escluse le informazioni ‘manifestamente incomplete o infondate o presentate in malafede’ – le distribuisce alle autorità competente capofila secondo il criterio di ripartizione delle indagini.

L’autorità competente capofila incaricata dell’indagine conferma il ricevimento della trasmissione, valuta diligentemente e in modo imparziale le informazioni, e informa il prima possibile la persona fisica o giuridica o l’associazione interessate circa l’esito della valutazione (articolo 9).

3.4) Misure di sostegno alle piccole e medie imprese

Misure di accompagnamento verranno elaborate dalla Commissione europea per sostenere gli sforzi degli operatori economici e dei loro partner commerciali, con particolare riguardo alle SMEs (Small and Medium Enterprises). Tali misure verranno se del caso rese pubbliche attraverso il ‘portale unico sul lavoro forzato’.

Le autorità competenti designano punti di contatto per fornire informazioni e assistenza alle PMI su questioni relative all’applicazione del regolamento. Con la possibilità di organizzare apposita formazione circa gli indicatori di rischio del lavoro forzato e su come avviare un dialogo con le autorità stesse nel corso di un’indagine (articolo 10).

3.5) Linee guida

Linee guida per l’applicazione del regolamento verranno predisposte dalla Commissione – in consultazione con gli stakeholders – entro il 14 giugno 2026, e aggiornate regolarmente. Le linee guida comprendono indicazioni su:

– due diligence a carico degli operatori economici ‘in relazione al lavoro forzato, compreso il lavoro minorile forzato’. Una limitazione non trascurabile rispetto allo sfruttamento minorile nel suo complesso, a sua volta incompatibile con la ‘United Nations Convention on the Rights of the Child’ (1989). (3) Tenuto anche conto delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici, i diversi tipi di fornitori e i diversi settori;

– migliori prassi che gli operatori economici dovrebbero adottare per porre fine ai diversi tipi di lavoro forzato e per porvi rimedio; due diligence sul lavoro forzato imposto dalle autorità statali; informazioni da presentare alle autorità competenti in caso di indagini;

– parametri di riferimento delle autorità competenti per le valutazioni basate sul rischio nel contesto delle indagini, e gli elementi di prova;

– informazioni supplementari prescritte per l’importazione di prodotti identificati dalla Commissione europea come ‘a rischio di schiavitù’, ai sensi del successivo articolo 27;

– indicatori di rischio del lavoro forzato e le modalità per identificare tali indicatori, basate su informazioni indipendenti e verificabili. Ivi comprese le relazioni di organizzazioni internazionali (i.e. ILO), rappresentanti della società civile e delle organizzazioni aziendali e sindacali, e l’esperienza acquisita sulla due diligence relativa al lavoro forzato;

– metodo di calcolo delle sanzioni pecuniarie applicabili da parte degli Stati membri;

– modalità di presentazione delle segnalazioni (articolo 11).

3.6) Portale unico sul lavoro forzato

Un portale unico sul lavoro forzato, a opera della Commissione, mette a disposizione del pubblico in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni UE:

– riferimenti delle autorità competenti;

– linee guida e banca dati;

– elenco delle fonti di informazione di rilievo, con dati disaggregati sull’impatto e sulle vittime del lavoro forzato (e.g. età, genere);

– il punto unico di presentazione delle segnalazioni;

– eventuali decisioni di divieto di un prodotto;

– eventuali revoche di divieti;

– risultato dei riesami (articolo 12).

3.7) Cooperazione internazionale

La cooperazione internazionale – con autorità di Paesi terzi, organizzazioni internazionali, rappresentanti della società civile, organizzazioni sindacali e aziendali e altri stakeholders, per agevolare l’applicazione del regolamento – è prevista come facoltativa, per la Commissione europea.

Lo scambio di informazioni e la cooperazione sui settori o sui prodotti a rischio di lavoro forzato, le migliori pratiche per porre fine al lavoro forzato, le decisioni di divieto di prodotti (e i relativi elementi di prova), sono previsti in particolare con Paesi terzi che dispongano di una legislazione analoga.

Iniziative di cooperazione e misure di accompagnamento – per sostenere gli sforzi degli operatori economici e le SMEs, le organizzazioni della società civile, le parti sociali e i Paesi terzi, per contrastare il lavoro forzato e le sue cause profonde – possono venire prese ‘in considerazione’ dalla Commissione e gli Stati membri UE (articolo 13).

4) Indagini

La valutazione della probabilità che un prodotto offerto sul mercato UE sia stato ottenuto da lavoro forzato, o schiavitù segue un approccio basato sul rischio. La Commissione e le autorità competenti dei Paesi membri, ‘per dare la priorità ai prodotti che si sospetta siano stati ottenuti con il lavoro forzato’, possono perciò riferirsi ai seguenti criteri:

– entità e gravità del presunto lavoro forzato, anche laddove imposto dallo Stato;

– quantità dei prodotti immessi o messi a disposizione sul mercato UE;

– percentuale della parte del prodotto che si sospetta sia stata realizzata con il lavoro forzato rispetto al prodotto finale.

L’indagine preliminare si concentra su operatori economici e fornitori di prodotti coinvolti nelle loro supply-chain ‘il più possibile vicine a dove è probabile che sussista il rischio di lavoro forzato e che possono esercitare la massima influenza per prevenire, attenuare e far cessare il ricorso al lavoro forzato’ (articolo 14). Un’antinomia, laddove la massima influenza sulle condizioni di lavoro può venire esercitata dalle Corporations che acquistano i prodotti (e.g. cacao, nocciole, olio di palma) e non dai loro fornitori locali.

4.1) Coordinamento delle indagini e assistenza reciproca

Le indagini sono coordinate da un’autorità competente capofila, che può essere:

– la Commissione europea, se il presunto lavoro forzato ha luogo al di fuori del territorio UE;

– l’autorità competente dello Stato membro interessato, se il presunto lavoro forzato ha luogo nel suo territorio (articolo 15).

L’assistenza reciproca è altresì prevista, su richiesta dell’autorità capofila, per lo scambio di informazioni e i contatti con operatori economici aventi sede o lingua operativa di altri Stati membri (articolo 16).

4.2) Pre-istruttoria

Prima di avviare un’indagine, ‘le autorità competenti capofila chiedono informazioni agli operatori economici sottoposti a valutazione e, se del caso, ai fornitori di prodotti, sulle misure pertinenti da essi adottate per individuare, prevenire, attenuare, far cessare i rischi di lavoro forzato o porvi rimedio’.

Gli operatori economici hanno 30 giorni per rispondere, con diritto di presentare documenti e richiedere assistenza al punto di contatto nazionale. Entro i 30 giorni lavorativi dalla risposta, ‘l’autorità competente capofila conclude la fase preliminare dell’indagine volta a stabilire se vi sia un sospetto fondato di violazione’.

La pre-istruttoria può venire chiusa, si noti bene, anche quando ‘le ragioni che hanno motivato l’esistenza di un sospetto fondato siano state eliminate, ad esempio in virtù di un’applicazione della legislazione, degli orientamenti, delle raccomandazioni applicabili o di qualsiasi altro dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato (…) tale da attenuare, prevenire e far cessare il rischio di lavoro forzato’ (articolo 17).

4.3) Indagine

Qualora l’autorità capofila stabilisca l’esistenza di un sospetto fondato di violazione del divieto generale di immettere in UE prodotti ottenuti da lavoro forzato, essa:

– avvia un’indagine sui prodotti e gli operatori economici interessati, informando gli stessi (entro tre giorni lavorativi dalla data della decisione) sull’avvio dell’indagine e le sue eventuali conseguenze; i prodotti sotto indagine; i motivi dell’avvio dell’indagine, a meno che ciò non ne comprometta l’esito; il diritto e la data entro cui presentare documenti o informazioni;

– comunica l’avvio dell’indagine nel sistema di informazione e comunicazione (si veda il precedente paragrafo 3.1);

Su richiesta dell’autorità competente capofila, gli operatori economici sotto indagine trasmettono tutte le informazioni utili anche ai fini della tracciabilità ‘e, se del caso, le parti del prodotto a cui l’indagine dovrebbe limitarsi’ (articolo 18).

4.4) De-territorializzazione

Ancora una volta, come già evidenziato nell’ultimo capoverso del precedente paragrafo 4, il legislatore europeo prevede che l’autorità capofila, ‘nella misura possibile’:

– dia ‘priorità agli operatori economici oggetto dell’indagine coinvolti nelle fasi della catena di approvvigionamento il più possibile vicine a dove ha luogo il probabile lavoro forzato’;

– tenga conto ‘delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici, in particolare se l’operatore economico è una SME, della quantità di prodotti interessati, della complessità della catena di approvvigionamento’ (articolo 18).

Il legislatore europeo tende così ad allontanare l’indagine dai protagonisti della catena del valore, in palese contraddizione con gli obiettivi dichiarati nel regolamento. Questo approccio vale a proteggere le Corporations la cui strategia si basa appunto sulla de-territorializzazione delle filiere. (4)

4.5) Ispezioni in loco

Soltanto ‘in situazioni eccezionali in cui l’autorità competente capofila ritiene necessario effettuare ispezioni in loco’, essa vi provvede ‘tenendo conto del luogo in cui è situato il rischio di lavoro forzato’.

Le ispezioni in loco – che dovrebbero essere doverose, in applicazione delle normative a tutela dei lavoratori, sul territorio europeo – vengono indicate come facoltative, al pari di quelle nei Paesi extra-UE.

Quando il rischio di lavoro forzato è situato al di fuori del territorio dell’Unione, oltretutto, la facoltà di ispezioni in loco da parte della Commissione è affidata:

– non solo, come è logico, all’informazione ufficiale e l’assenza di obiezioni da parte del governo del Paese terzo ove è previsto che si svolgeranno le ispezioni. Ma anche

– alla ‘condizione che gli operatori economici interessati diano il loro consenso’ (articolo 19). Un’altra norma costruita su misura delle Corporations, non certo interessate a ispezioni ufficiali su ‘land grabbing’ e schiavitù.

5) Decisioni

Entro un periodo di tempo ragionevole (non superiore ai 9 mesi) dall’avvio dell’indagine l’autorità competente capofila valuta tutte le informazioni e le prove raccolte. O qualsiasi altro dato disponibile, in caso di mancata raccolta di dati anche a causa di immotivati difetti di riscontro degli operatori. Per stabilire se i prodotti interessati siano stati immessi o messi a disposizione sul mercato o esportati in violazione del divieto di cui all’articolo 3. In tal caso, l’autorità può disporre:

– il divieto di immettere o mettere a disposizione sul mercato UE i prodotti interessati e di esportarli;

– l’ordine agli operatori economici indagati di ritirare dal mercato UE i prodotti interessati già immessi sul mercato dell’Unione, e/o rimuovere da un’interfaccia online i relativi contenuti e annunci;

– la prescrizione agli operatori indagati di smaltire i prodotti in questione (o le rispettive parti, qualora sia accertata la sostituibilità delle sole parti ottenute da lavoro forzato) senza neppure considerare la logica alternativa di destinare tali merci a enti caritatevoli.

Laddove invece l’autorità non sia in grado di stabilire che i prodotti interessati sono stati immessi o messi a disposizione sul mercato o sono esportati in violazione dell’articolo 3, essa chiude l’indagine e ne informa sia gli operatori economici coinvolti, sia tutte le altre autorità competenti (attraverso il sistema di informazione e comunicazione). ‘La chiusura dell’indagine non preclude l’avvio di una nuova indagine sullo stesso prodotto e sullo stesso operatore economico qualora emergano nuove informazioni pertinenti’ (articolo 20).

5.1) Deroghe

L’ordine di smaltimento sopra indicato, in caso di accertamento delle violazioni della regola generale di cui all’articolo 3, può venire derogato ‘al fine di prevenire perturbazioni di una [non meglio definita, ndr] catena di approvvigionamento di importanza strategica o critica per l’Unione’.

In alternativa all’ordine di smaltimento, l’autorità competente capofila può ‘ordinare che il prodotto interessato sia trattenuto, a spese degli operatori economici, per un determinato periodo di tempo, che non supera il tempo necessario per eliminare il lavoro forzato per quanto riguarda il prodotto in questione.

Se gli operatori economici dimostrano, durante tale periodo di tempo, di aver eliminato il lavoro forzato dalla catena di approvvigionamento per quanto riguarda i prodotti interessati, senza modificare il prodotto in questione, e avendo posto fine al lavoro forzato individuato (…), l’autorità competente capofila riesamina la sua decisione’ (articolo 20).

5.2) Attuazione delle decisioni

Le decisioni adottate da un’autorità competente di uno Stato membro sono riconosciute e applicate dalle autorità competenti degli altri Stati membri nella misura in cui riguardano prodotti con le stesse informazioni di identificazione e provenienti dalla stessa catena di approvvigionamento per cui è stato accertato il ricorso al lavoro forzato’ (articolo 20).

5.3) Revisione delle decisioni

Il riesame delle decisioni può venire richiesto ‘in qualsiasi momento’ dagli operatori economici interessati. La domanda di riesame contiene ‘nuove informazioni sostanziali che non erano state portate a conoscenza dell’autorità competente capofila nel corso dell’indagine’ e dimostrano che i prodotti sono immessi o messi a disposizione sul mercato o destinati all’esportazione conformemente all’articolo 3.

La decisione sulla domanda di riesame deve venire adottata entro il rigoroso termine di 30 giorni lavorativi dal suo ricevimento. Immediatamente – tramite atti di esecuzione della Commissione, quando essa agisca quale autorità competente capofila – ‘per imperativi motivi d’urgenza debitamente giustificati connessi alla tutela dei diritti di difesa e di proprietà degli operatori economici interessati’.

La legittimità procedurale e sostanziale della decisione dell’autorità competente capofila di uno Stato membro può in ogni caso venire sottoposta all’esame di un organo giurisdizionale competente, da parte degli operatori economici interessati (articolo 21).

5.4) Tabula rasa

Qualora gli operatori economici abbiano dimostrato di essersi conformati alla decisione (…) e di aver eliminato il lavoro forzato dalle loro attività o dalla loro catena di approvvigionamento in relazione ai prodotti interessati’:

– ‘l’autorità competente capofila revoca la propria decisione per il futuro, informa gli operatori economici e rimuove la decisione dal portale unico sul lavoro forzato’; e tuttavia

– rimangono ‘impregiudicate le decisioni di natura giurisdizionale adottate dai giudici nazionali degli Stati membri nei confronti degli stessi operatori economici o prodotti’ (articolo 21).

6) Ruolo delle autorità doganali

I prodotti che entrano nel mercato UE o ne escono sono soggetti ai controlli delle autorità doganali, le quali a loro volta sono chiamate a:

– eseguire le decisioni dell’autorità capofila competente di ‘vietare l’immissione o la messa a disposizione di prodotti sul mercato dell’Unione e la loro esportazione’ (articolo 26);

– richiedere agli operatori economici informazioni supplementari sui prodotti o gruppi di prodotti identificati dalla Commissione come ‘a rischio di lavoro forzato’ (articolo 27);

– autorizzare l’immissione in libera pratica o l’esportazione se l’autorità competente non ne confermi la sospensione entro 4 giorni (2 per i prodotti deperibili. Articolo 29);

– sequestrare i prodotti la cui immissione in libera pratica o esportazione sia stata rifiutata dall’autorità competente (articolo 30).

7) Sanzioni modiche

È responsabilità degli Stati membri stabilire – e notificare alla Commissione, entro il 14 dicembre 2026 – sanzioni ‘effettive, proporzionate e dissuasive’. La cui determinazione da parte delle autorità competenti deve tenere in debito conto, a seconda dei casi, di:

– gravità e durata dell’inosservanza di una decisione da parte dell’operatore economico, nonché suoi eventuali precedenti;

– grado di cooperazione con le autorità competenti;

– eventuali circostanze attenuanti o aggravanti (e.g. benefici finanziari, profitti conseguiti o le perdite evitate, direttamente o indirettamente, quale conseguenza dell’inosservanza di una decisione. Articolo 37).

Si osserva tuttavia che:

– le sanzioni non vengono riferite alla gravità dell’immissione sul mercato UE di prodotti ottenuti dal lavoro forzato, bensì alla sola inosservanza delle decisioni dell’autorità competente;

– la ‘dissuasività’ delle sanzioni non è accompagnata dal riferimento a una percentuale del fatturato dell’operatore responsabile e della Corporation a cui esso eventualmente appartenga. (5)

8) Conclusioni provvisorie

Forced Labour Regulation (EU) No 2024/3015, FLR, rivela un’amara verità:

– schiavitù e abusi sui lavoratori anche minori costituiscono tuttora un asset strategico (6) per le oligarchie finanziarie che dominano il pianeta, attraverso il controllo (7,8). Al punto che

– le Trans-National Corporations hanno così ottenuto un regolamento UE del tutto inoffensivo. Così come, a livello di Nazioni Unite, sono riuscite a vanificare il #BindingTreaty. (4)

La vacuità del regolamento in esame è palese sotto vari aspetti, quali:

– l’assenza di prescrizioni sulla due diligence;

– il focus dei controlli su chi esegue anziché su chi trae maggior profitto dal lavoro forzato;

– la possibilità di sottrarsi alle indagini con impegni indefiniti, alle decisioni con altrettanto indefinite ‘dimostrazioni’;

– il vincolo del ‘consenso dell’indagato’ alle ispezioni in loco nei Paesi terzi;

– le sanzioni svincolate dal fatturato;

– l’assenza di riferimenti alle responsabilità di gruppo d’imprese.

L’unico vero intento del legislatore europeo, altrettanto facile a intravedersi, è attribuire alla Commissione europea il potere di ostacolare le importazioni di prodotti in arrivo da Paesi non allineati alla geopolitica dell’Occidente collettivo, sulla base di rapporti costruiti ad hoc.

#Égalité

Dario Dongo

Credit cover: The workers’ rights. Mars Chocolate Child Labor Controversy: Company Use Kids As Young As 5. December 2, 2023 https://tinyurl.com/p8mp4sjs

Note

(1) Regulation (EU) 2024/3015 of the European Parliament and of the Council of 27 November 2024 on prohibiting products made with forced labour on the Union market and amending Directive (EU) 2019/1937 https://tinyurl.com/t8t9x79e

(2) Si veda l’esempio della startup svizzera KOA, nel paragrafo 3 al precedente articolo di Dario Dongo. Chocolate from the whole cocoa fruit, with no added sugars. FT (Food Times). September 13, 2024

(3) Dario Dongo. Convenzione ONU per i diritti dell’infanzia, 30 anni senza soluzione. Égalité. 17.11.19

(4) Si veda il paragrafo 3 del precedente articolo di Dario Dongo. Responsibilities of Trans-National Corporations, #BindingTreaty. FT (Food Times). December 17, 2024

(5) Sanzioni pecuniarie di valore percentuale al fatturato dell’esercizio precedente sono invece stabilite in vari altri atti legislativi europei, tra i quali:
– le Direttive Omnibus e Due Diligence
– i Regolamenti GDPR (General Data Protection Regulation), GPSR (General Product Safety Regulation), EUDR (European Union Deforestation Regulation)

(6) I diritti umani, non a caso, sono il tassello mancante delle operazioni di greenwashing delle Corporations. Si veda il precedente articolo di Marta Strinati, Dario Dongo. Olio di palma, soia, legno, caffè, cacao. A che serve la certificazione di sostenibilità? Rapporto di Greenpeace. GIFT (Great Italian Food Trade). 16.5.21

(7) Dario Dongo. The tentacles of finance on food sovereignty and our food. FT (Food Times). March 31, 2024

(8) Dario Dongo. I signori della guerra alle elezioni europee. Égalité. 2 aprile 2024

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