La sostenibilità è la ‘hot topic di questi mesi, anche nel mondo del largo consumo’. Ed è così che l’Osservatorio Immagino, alla sesta edizione (Oi 2019-2), vi dedica un apposito approfondimento. Senza tralasciare Made in Italy e filiera corta, la pietra miliare dei nostri consumi. Un approfondimento.
Osservatorio Immagino. Lo scenario dei consumi attraverso le etichette
L’Osservatorio Immagino – ideato da GS1-Italy, con il supporto di Nielsen – è divenuto in pochi anni la fonte d’informazione principale in merito ai consumi di FMCG (Fast Moving Consumer Goods) in Italia. Con la prerogativa, unica al mondo, di tracciare le vendite grazie all’identificazione esatta di ogni referenza esposta a scaffale. Attraverso il sistema Immagino che proprio GS1-Italy ha introdotto nel retail italiano, in avanguardia planetaria.
‘Le etichette dei prodotti raccontano i consumi degli italiani’. Un aforisma degno di nota, il consumatore acquista ciò che identifica attraverso un insieme di diciture. E i dati statistici sui consumi possibile venire disaggregati al punto da identificare le tendenze di consumo dei prodotti che, nelle diverse categorie, esprimono vari concetti (es. biologico, equo e sostenibile, made in Italy).
Il numero di referenze censite nel rapporto dell’Osservatorio Immagino ora in esame supera le 106mila. (1) 30mila SKU (Stock Keeping Unit) in più rispetto alla precedente edizione, la quale già offriva uno scenario ampio e rappresentativo del mercato italiano nel 2018.
Sostenibilità, domanda e offerta
Le aspettative dei consumatori in tema di sostenibilità delle filiere sono molto elevate. Il sondaggio eseguito da Nielsen evidenzia quanto segue:
- il 74% degli intervistati considera ‘estremamente’ o ‘molto importante’ che le imprese del largo consumo adottino azioni a tutela dell’ambiente, garantendo un maggior rispetto degli ecosistemi, delle persone e degli animali.
- il 61% si dichiara ‘abbastanza certo’ (45%) o ‘molto sicuro’ (16%) di cambiare le proprie abitudini di consumo e acquisto per ridurre il proprio impatto ambientale,
- il 20% è ‘disposto a spendere di più per acquistare prodotti che offrano qualità, sicurezza e rispetto dell’ambiente’. (2)
Industria e distribuzione hanno saputo intercettare questa tendenza di consumo con discreta rapidità, considerati i tempi e le risorse richiesti per riorganizzare filiere e processi, ma anche solo per programmare nuove linee di prodotti. Senza mai da sottovalutare il rischio, dell’effetto boomerang di operazioni di mero greenwashing.
Il ‘paniere green’ a scaffale dei supermercati
Il ‘paniere green’ composto dall’Osservatorio Immagino consta di 19.182 prodotti, i quali si distinguono poiché riportano in etichetta almeno un claim riconducibile all’idea di ‘sostenibilità’. Ci si riferisce perciò al 18,0% delle referenze a scaffale e al 19,4% del giro d’affari. Con € 7 miliardi di vendite sui canali iper- e supermercati, nei 12 mesi conclusi a giugno 2019 (+3,4%).
‘La sostenibilità si sta facendo strada sulle etichette, in alcuni casi occupando più spazio del brand stesso, diventando esso stesso brand. Così il consumatore attento ai temi del rispetto dell’ambiente sarà influenzato da come viene comunicato (o non comunicato) il materiale con cui è fatta una bottiglietta d’acqua, se è riciclabile, se è addirittura compostabile. Timidamente appaiono nuovi claim che fanno riferimento a filiera, tracciabilità, assenza di antibiotici, probiotici, polifenoli, agricoltura sostenibile, aromatizzato, speziato, gourmet… e non solo’ (Marco Cuppini, Osservatorio Immagino, GS1-Italy).
Le etichette esaminate, vale la pena ribadire, sono oggetto di un’analisi statistica che è utile a registrare una variazione, anche significativa, nella presentazione dei prodotti a scaffale. Ma non è evidentemente idonea a valutare l’attendibilità né il significato effettivo di singole informazioni commerciali rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile la cui ampiezza, come si è visto, deve ricomprendere un’ampia serie di elementi.
Le dichiarazioni in etichetta che attengono alla ‘sostenibilità’ sono state suddivise, nel rapporto in esame, in quattro aree:
1) risorse, gestione ‘sostenibile’
2) agricoltura e allevamento, metodi ‘sostenibili’,
3) lavoratori e foreste, rispetto e salvaguardia,
4) pesca sostenibile e rispetto degli animali, adesione a protocolli.
1) Gestione sostenibile delle risorse
Gli 11 claim considerati in quest’area sono ‘sostenibilità’, ‘sustainable cleaning’ (certificazione), ‘riduzione impatto ambientale’, ‘con materiale riciclato’, ‘senza fosfati’, ‘biodegradabile’, ‘vegetale’ (nel cura casa e nel cura persona), ‘riduzione sprechi’, ‘riduzione/controllo emissioni CO₂’, ‘Ecolabel’ (non-food, certificazione), ‘meno plastica’.
5.841 prodotti, il 5,5% del ‘paniere green’, riportano in etichetta una o più delle predette indicazioni. 2,854 miliardi di euro di vendite, in crescita (+3,9%, 8% del paniere). ‘Il 42,8% del giro d’affari è generato dai prodotti per la cura della casa, tra cui spiccano i prodotti per bucato lavatrice (in forte crescita), gli ammorbidenti e i detersivi per lavastoviglie. Seguono i prodotti della drogheria alimentare (25,5%) e quelli del freddo (12,5%)’. Solo 193 i marchi coinvolti.
‘Sostenibilità’è la parola ubiquitaria, riferita alla salvaguardia di territorio e risorse, piuttosto che ad agricoltura e allevamento, (3) condizioni di lavoro e ambiente. € 1,359 miliardi di vendite (3,8% sul largo consumo totale), in crescita (+4,0%).
Riduzione degli sprechi e ‘packaging sostenibile’ registrano crescite a doppia cifra. Aumentano le vendite di prodotti che vantino una riduzione degli sprechi in fase di consumo (es. dosaggio controllato, erogatori particolari, +17,7%), come quelle relative a packaging variamente ecologico (+26%). Ancora si trascura però – aggiungiamo noi, richiamando un insegnamento di Mario Gasbarrino (ex AD di Unes-U2 Supermercati) – il valore cruciale del cambio di paradigma su detersivi e detergenti, che dovrebbero venire venduti soltanto in versione concentrata (con enormi risparmi su packaging e trasporti).
Gli impegni a ridurre o compensare le emissioni di CO2 sono invece ancora troppo scarsi, considerata la crescente e doverosa attenzione al climate change. Ne riferiscono soltanto 19 imprese su 206 degli oltre 106 mila prodotti analizzati dall’Osservatorio Immagino. Ed è altresì rara l’indicazione ‘meno plastica’, che si ritrova su appena 132 confezioni, se pure in crescita (+19,5%, € 48 milioni).
2) Agricoltura e allevamento sostenibile
Le indicazioni relative ad agricoltura e allevamento sostenibili oggetto di considerazioni sono ‘biologico/EU organic’, ‘senza OGM’, (4) ‘100% ingredienti naturali’, ‘senza antibiotici’, ‘biologico cura persona’, ‘Ecocert’ (certificazione), ‘filiera/tracciabilità’.
Ben 10.367 prodotti per € 2,245 milioni di euro di sell-out (6,3% del totale), in vivace crescita annua (+5,7%):
– il biologico domina la scena con 7.227 prodotti e oltre 1,1 miliardi di euro di giro d’affari (+2,8%),
– le garanzie di filiera e tracciabilità dei (filiera controllata, certificata, garantita, italiana e di territorio, filiera corta e km0), su 861 etichette per € 488 milioni di sell-out, sono un astro nascente (+15,4%),
– ‘senza antibiotici’ letteralmente vola (vendute +87,1% di sell-out), con spiccata oltre crescita dell’offerta e della domanda, ‘a conferma dell’ampio spazio disponibile per ampliare gli assortimenti in futuro’. (5)
3, 4) Filiere eque e pesca sostenibile
La responsabilità sociale e ambientale espressa mediante certificazioni su filiere eque, rispetto dei lavoratori e dell’ambiente è associata ai nomi delle organizzazioni che operano nei relativi ambito (es. ‘Fairtrade’, ‘FSC’, ‘UTZ’). 4.226 prodotti, € 2,150 miliardi di fatturato (+1,4%).
I protocolli di certificazione di pesca sostenibile e benessere animale – come ‘Friends of the sea’ e ‘cruelty free’ sono ancora marginali, purtroppo. 939 prodotti (0,9%) e 437 milioni di euro di vendite, seppure in aumento (+2,3%).
Made in Italy, 100% made in Italy
Il carrello tricolore si distingue per indicazioni come ‘made in Italy’, ‘product in Italy’, ‘solo ingredienti italiani’, ‘100% italiano’ e indicazioni geografiche (Dop, Igp, Dop, Doc, Docg). Oltre ai nomi delle Regioni e alla bandiera italiana. Ed è il fenomeno più significativo, che investe il il 25,2% dei prodotti a scaffale. Quasi 20 mila prodotti (19.228), oltre 7,1 miliardi di euro di giro d’affari.
‘Lʼitalianità è entrata prepotentemente, e sembra stabilmente, nel carrello della spesa: ormai un prodotto su quattro acquistato in supermercati e ipermercati riporta sull’etichetta un riferimento alla sua origine nazionale’. (Osservatorio Immagino)
La bandiera italiana è il segno più diffuso, sul 14,5% dei prodotti rilevati. E innesca ora l’obbligo, tra l’altro, di indicare in etichetta la diversa origine dell’ingrediente primario (ai sensi del reg. UE 2018/775, dall’1.4.20). ‘100% italiano’ macina ulteriori consensi (+3,5%), così come le identità regionali (+2,6%) che da sole sviluppano oltre 2,34 miliardi di euro, il 10,8% delle referenze alimentari rilevate dall’Osservatorio Immagino.
Spesa sostenibile e filiera corta, il percorso è segnato. La blockchain, un’opportunità per garantire i fatti oltre alle parole. (6)
Dario Dongo e Sabrina Bergamini
Note
(1) Il rapporto Oi 2019-2 si può scaricare gratuitamente su https://osservatorioimmagino.it/
(2) Fonte Nielsen Sustainable Shoppers Report 2018, citata nel documento in nota 1
(3) NB: il concetto di ‘agricoltura sostenibile’ viene spesso abusato, in quanto trattasi di caratteristica comune a tutti i prodotti agricoli realizzati in UE sulla base di prescrizioni cogenti. Si veda https://www.greatitalianfoodtrade.it/progresso/agricoltura-sostenibile-l-abc
(4) Il concetto ‘senza OGM’ presenta, ad avviso di chi scrive, un’opportunità di sviluppo interessante negli alimenti di origine animale da filiere ‘OGM-free’. Vale a dire senza impiego di soia OGM nei mangimi degli animali da reddito (v. https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/i-crimini-dell-amazzonia-nelle-nostre-dop). Attenzione va viceversa dedicata al rischio di ‘nuovi OGM’ (NBT) in ortofrutta (es. indivia)
(5) Non a caso il sondaggio realizzato da Efsa per l’Eurobarometro, il 7.6.19, indicava i residui di antibiotici nei cibi in cima alla lista delle paure dei cittadini europei. V. https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/i-timori-nel-piatto-indagine-di-eurobarometro
(6) A condizione che si tratti di vera blockchain, pubblica e interoperabile, e non di una fraudolenta presentazione come ‘blockchain’ di sistemi chiusi che con essa non hanno nulla a che fare. Si veda l’articolo https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/blockchain-vero-o-falso-la-frode-all-angolo