Il reg. UE 2022/720 – c.d. VBER, Vertical Block Exemption Regulation, in vigore dall’1.6.22 – aggiorna la disciplina delle esenzioni alle restrizioni verticali alla concorrenza (1,2).
La nuova disciplina degli accordi verticali, a cui la Commissione europea ha dedicato
appositi Orientamenti, merita attenzione anche nell’ambito della filiera agroalimentare. L’ABC a seguire.
1) Premessa. Restrizioni verticali alla concorrenza, TFUE
Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, TFUE, stabilisce i principi generali a garanzia della libera concorrenza nel mercato interno. A tal uopo sono definiti appositi divieti – che comportano la nullità degli accordi tra gli operatori – e alcune esenzioni.
1.1) Divieti
‘Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno ed in particolare quelli consistenti nel:
a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione,
b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti,
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento,
d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza,
e) subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi’ (TFUE, art. 101.1).
1.2) Esenzioni
‘Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto.
3. Tuttavia, le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate inapplicabili:
– a qualsiasi accordo o categoria di accordi fra imprese,
– a qualsiasi decisione o categoria di decisioni di associazioni di imprese, e
– a qualsiasi pratica concordata o categoria di pratiche concordate,
che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva, ed evitando di
a) imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi;
b) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi’ (TFUE, 101.3).
2) Reg. UE 2022/720
2.1) Campo di applicazione
Il regolamento (UE) 2022/720:
– vieta alcune pratiche restrittive della concorrenza, in una prospettiva di tutela dell’acquirente che la direttiva UTPs (Unfair Trading Practices, dir. UE 2019/633) considera solo in parte (3,4),
– aggiorna il regime delle esenzioni ai divieti di intese restrittive della concorrenza tra operatori che operino in diversi comparti della filiera, la cui quota individuale di mercato rilevante non superi il 30%.
La disciplina si applica anche ad accordi tra imprese concorrenti qualora, nel singolo contratto, esse operino in un rapporto tra fornitore e acquirente (es. vendita di prodotti lattiero-caseari da un produttore a un altro).
2.2) Esenzioni generali e individuali
VBER (Vertical Block Exemption Regulation) definisce due tipi di esenzioni dal divieto di intese restrittive della concorrenza stabilito nel TFUE:
– un’esenzione generale, c.d. safe harbour (letteralmente, porto sicuro), per tutti gli accordi verticali che rispettino i requisiti del reg. UE 2022/720,
– un’esenzione ad hoc, c.d. ‘esenzione individuale’, che può invece applicarsi a esito di valutazione caso per caso (TFUE, art. 101.3).
2.3) Black list
Il safe harbour esclude tassativamente una serie di clausole contrattuali, che comportano la nullità dell’intero accordo, indicate nella black list a seguire:
– restrizioni sui prezzi di rivendita (resale price maintanance, RPM). È vietato imporre un prezzo fisso o minimo di rivendita al distributore/rivenditore. È invece possibile imporre un prezzo massimo, ovvero raccomandare – senza mai imporre – l’applicazione di listini al dettaglio,
– restrizioni sul territorio di rivendita o sulla clientela a cui è consentito rivendere i prodotti. Fatta salva una serie di deroghe (legate a rapporti di distribuzione esclusiva, selettiva, e territoriale) che di fatto vanificano il divieto (reg. UE 2022/720, articolo 4.1.b,c,d),
– ‘impedire l’uso efficace di internet da parte dell’acquirente o dei suoi clienti per vendere i beni o servizi oggetto del contratto, in quanto tale pratica limita il territorio in cui, o i clienti ai quali, i beni o servizi oggetto del contratto possono essere venduti’,
– la restrizione della facoltà di vendere pezzi di ricambio a utenti finali, a riparatori, grossisti o altri prestatori di servizi.
2.4) Grey list
La grey list comprende alcune pratiche che possono venire esentate dal divieto di intese restrittive, a determinate condizioni, ovvero comportare la nullità solo parziale dell’accordo. Ci si riferisce anzitutto ai patti di non concorrenza o esclusiva imposti al distributore o rivenditore, che sono ammessi purché di durata definita e non superiore a 5 anni. Fatte salve:
– la maggior durata dei contratti che comprendano l’utilizzo da parte dell’acquirente di locali,
– le restrizioni, ammesse ad libitum, all’utilizzo e diffusione di know-how che non sia di pubblico dominio (articolo 5).
3) Orientamenti CE
La Commissione europea – nei propri Orientamenti, se pure privi di valore giuridico formale (5) – chiarisce il proprio punto di vista in merito all’applicazione del VBER (reg. UE 2022/720).
3.1) Restrizioni sui prezzi
I c.d. fulfilment agreement – vale a dire, gli accordi in base ai quali il fornitore designa un distributore per l’esecuzione di fornitura già pattuita con un cliente – non devono intendersi soggetti al divieto di fissazione del prezzo di rivendita, ad avviso della Commissione.
Diverso è il caso in cui sia stato il cliente a rivolgersi al distributore. In questa ipotesi è vietato al fornitore imporre il prezzo di rivendita, in quanto ciò può restringere la concorrenza tra i distributori dello stesso prodotto o servizio.
3.2) Restrizioni territoriali e sulla clientela, vendite attive e passive
Le restrizioni territoriali e sulla clientela, come si è accennato (v. supra, paragrafo 2.3, secondo punto), possono venire limitate di fatto quando si tratta di vendite attive e non anche nei casi di vendite passive (se non ai grossisti e ai membri dei sistemi di distribuzione selettiva).
Per vendite attive ‘si intende il fatto di contattare in maniera attiva e mirata dei clienti mediante visite, lettere, e-mail, telefonate o altri mezzi di comunicazione diretta o attraverso azioni di pubblicità e promozione mirate, offline o online […]’.
Le vendite passive sono invece quelle ‘effettuate in risposta a richieste spontanee di singoli clienti, comprese la consegna di beni o la prestazione di servizi al cliente, senza che la vendita sia stata avviata sollecitando attivamente particolari clienti, gruppi di clienti o territori, incluse le vendite risultanti dalla partecipazione ad appalti pubblici o dalla risposta a bandi di gara privati’ (reg. UE 2022/720, art.1.1.l,m).
3.3) Restrizioni relative alle vendite online
La black list, come si è visto (v. supra, paragrafo 2.3, primo punto) comprende il divieto del fornitore di impedire ai distributori di fare ‘un uso efficace di internet’. Questo divieto tuttavia è soggetto ad alcune deroghe poiché vengono ammesse, a determinate condizioni, le fattispecie di:
– online marketplace ban, cioè il divieto imposto dal fornitore al distributore di vendere i prodotti tramite i c.d. online marketplaces (es. Amazon, eBay),
– dual pricing (doppia tariffazione), cioè l’applicazione al distributore di prezzi diversi per i prodotti destinati alla vendita online e nei negozi fisici,
– parity clause, vale a dire il divieto del fornitore all’acquirente di offrire gli stessi prodotti su piattaforme o siti concorrenti a prezzi più convenienti.
3.4) Limiti all’utilizzo di piattaforme di vendita online
Sono ammessi i divieti del fornitore al distributore di effettuare vendite attraverso online marketplaces, secondo la Commissione, ‘purché non abbiano indirettamente lo scopo di impedire l’uso effettivo di Internet da parte dell’acquirente per vendere i beni o i servizi oggetto del contratto in determinati territori o a determinati clienti’.
‘Le restrizioni alle vendite online in genere non hanno tale scopo se l’acquirente rimane libero di gestire il proprio negozio online e di fare pubblicità online. In questi casi, all’acquirente non viene impedito di fare un uso effettivo di internet per vendere i beni o servizi oggetto del contratto’.
3.5) Online marketplaces, criticità
L’interpretazione offerta dalla Commissione, a ben vedere, non considera le condizioni operative delle PMI. Molte delle quali, a seguito dei lockdown e della maggiore attitudine dei consumatori a eseguire acquisti online, sono riuscite a sopravvivere grazie all’utilizzo dei vari marketplace. Senza tuttavia disporre di risorse adeguate per organizzare e indicizzare sul web un proprio canale di vendita online o comunque a trovare un’alternativa.
L’eventuale legittimazione dei divieti a ricorrere a piattaforme performanti come Amazon, nei casi sopra descritti, si traduce in un vero e proprio Internet Ban. Su questo aspetto si attende perciò un’attenta vigilanza delle autorità nazionali per la concorrenza e il mercato (Antitrust). È indispensabile infatti verificare, caso per caso, l’impatto dei divieti dei fornitori alle vendite tramite piattaforme online sull’economia dei distributori. E se del caso, dichiararne la nullità.
3.6) Dual pricing
Il dual pricing ha registrato una vera e propria inversione di rotta. Questa pratica, nella precedente versione degli Orientamenti, era classificata come restrittiva (fatta salva l’ipotesi di doppia tariffazione concordata tra il fornitore e i propri distributori, considerati i maggiori costi della logistica per le spedizioni dirette dal fornitore ai clienti finali). La doppia tariffazione viene invece oggi accolta nel regime di esenzione in quanto può incentivare o premiare un livello adeguato di investimenti nei canali di vendita online o offline, a condizione che non abbia lo scopo di limitare le vendite a particolari territori o clienti.
I prezzi differenziati, secondo la Commissione, beneficiano della deroga al divieto allorché ragionevolmente legati alle differenze negli investimenti e nei costi sostenuti dall’acquirente per effettuare le vendite nei diversi canali. Non sono viceversa ammessi quando essi ostacolino l’uso effettivo di internet da parte dell’acquirente per vendere i beni o i servizi su determinati territori o clienti. Vale a dire quando il prezzo all’ingrosso renda la vendita online non redditizia o finanziariamente insostenibile, ovvero quando il dual pricing limiti le quantità di prodotti a disposizione dell’acquirente per le vendite online.
3.7) Dual pricing, criticità
La riforma del dual pricing ha quindi sostituito il ‘test di equivalenza’ – in base al quale i prezzi imposti dal fornitore per le vendite online dovevano essere complessivamente equivalenti a quelle imposte per le vendite offline – con il test ‘sull’effettivo uso di internet’ quale condizione base per la legittimità della pratica.
La criticità più evidente attiene all’onere della prova. Bisognerebbe infatti chiarire quali criteri e parametri possano venire adottati dai distributori (e/o le autorità di vigilanza) per dimostrare che il prezzo più elevato per i prodotti da rivendersi online impedisca l’effettivo uso di internet, senza perdersi in complesse analisi economiche.
3.8) Parity clause
La parity clause comporta il divieto per le piattaforme di intermediazione online (quale fornitore dei relativi servizi) di imporre all’acquirente di non offrire prezzi migliori su altre piattaforme di intermediazione.
Questa pratica, oggi in grey list (v. par. 2.4), è ammessa solo quando l’intermediario si limiti a vietare al distributore il c.d. free riding. Vale a dire l’applicazione di prezzi inferiori, agli stessi prodotti, sui propri canali di vendita diretta.
4) Restrizioni verticali e pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare
Maggiori chiarimenti sull’interazione tra il reg. UE 2022/2161 e la dir. UE 2019/633, sulle pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare, sarebbero molto utili. A maggior ragione ove si considerino il recente intervento dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM, c.d. Antitrust) sulla fissazione dei prezzi del latte (6) e l’incerta applicazione del divieto alle vendite sottocosto, affidata tra l’altro a un diverso ente (ICQRF. V. nota 7).
4.1) Peculiarità di settore
Il settore agroindustriale rimane dominato da lobby così potenti da avere già conseguito apposite deroghe alle regole di concorrenza stabilite nel TFUE. Come si è visto, a esempio, nei casi delle quote di produzione – o meglio, rendite di posizione – sui formaggi stagionati DOP. Laddove la Commissione e gli Stati membri si ostinano a tollerare l’applicazione sistematica di deroghe invece vincolate a contesti di crisi. (8)
Il principio di specialità comporta peraltro l’applicazione dei divieti e delle condizioni stabiliti nella direttiva UTPs (Unfair Trading Practices), in relazione alle forniture di prodotti agricoli e alimentari. Quand’anche le pratiche commerciali applicate risultino compatibili con il regolamento in esame. Il quale peraltro mantiene efficacia, anche nel settore agroalimentare, al di fuori dei soli casi di conflitto apparente di norme con la citata direttiva.
Maria Rosaria Raspanti e Dario Dongo
Note
(1) reg. UE 2022/720, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate. Su Europa-Lex, https://bit.ly/3NvpmSI
(2) Il reg. UE 2022/720 abroga il reg. UE 330/2010, recante applicazione del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate. https://bit.ly/3wLoHWx. V. anche https://bit.ly/39Jn7w9, https://bit.ly/3ahciC0
(3) Dario Dongo. Pratiche commerciali sleali, la direttiva UE 2019/633. GIFT (Great Italian Food Trade). 4.5.19, https://www.greatitalianfoodtrade.it/mercati/pratiche-commerciali-sleali-la-direttiva-ue-2019-633
(4) Dario Dongo. Pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare, d.lgs. 198/2021. L’ABC. GIFT (Great Italian Food Trade). 26.2.22, https://www.greatitalianfoodtrade.it/mercati/pratiche-commerciali-sleali-nella-filiera-agroalimentare-d-lgs-198-2021-l-abc
(5) Commissione europea. Comunicazione sull’orientamento informale per questioni nuove o irrisolte relative agli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea sollevate da casi individuali (lettere di orientamento). Bozza per consultazione, pubblicata il 24.05.22 https://ec.europa.eu/competition-policy/public-consultations/2022-informal-guidance-notice_en
(6) AGCM, parere 22.12.21. AS1815 – Protocollo di intesa della filiera lattiero-casearia nazionale per la salvaguardia degli allevamenti italiani, disponibile su https://www.agcm.it/competenze/tutela-della-concorrenza/attivita-di-segnalazione/lista-segnalazioni-e-pareri
(7) Dario Dongo. Vendite promozionali, scarsa tutela di produttori e consumatori. GIFT (Great Italian Food Trade). 24.5.22, https://www.greatitalianfoodtrade.it/vendite-promozionali-scarsa-tutela-di-produttori-e-consumatori
(8) Dario Dongo. Parmigiano Reggiano, Grana Padano e quote di produzione. #VanghePulite GIFT (Great Italian Food Trade). 5.2.22, https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/parmigiano-reggiano-grana-padano-e-quote-di-produzione-vanghepulite
AGCM, provvedimento 12.11.2019 n. 27991, AL22 – Commercializzazione del grano Senatore Cappelli, nonché AL15E – AUCHAN-GDO/Panificatori, disponibili su https://www.agcm.it/competenze/tutela-della-concorrenza/delibere/
Victoria Daskalova. The New Directive on Unfair Trading Practices in Food and EU Competition Law: Complementary or Divergent Normative Frameworks? (Journal of European Competition Law and Practice). 24.8.19

Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.