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PAC post-2022, il fallimento della transizione ecologica in agricoltura

Il Parlamento europeo ha approvato la PAC post-2022, il 23.11.21. La nuova Politica Agricola Comune – che vale quasi un terzo (32%) del bilancio UE – è però una riforma grigio fumo, come già annunciato. Anzi un fallimento, per la transizione ecologica e i suoi protagonisti.

PAC post-2022, obiettivi traditi

La nuova PAC post-2022 non recepisce gli obiettivi del nuovo Green Deal europeo né tantomeno quelli della strategia UE Farm to Fork. Laddove si dichiarava la volontà di ottenere una riduzione sostanziale dell’impiego di pesticidi (-50%) e dei fertilizzanti di sintesi (-20%), nonché di stimolare l’estensione delle colture bio al 25% della SAU (Superficie Agricola Utilizzata) entro il 2030.

La non-riforma continua a sostenere i grandi operatori che avevano già da tempo boicottato la transizione ecologica. E ‘la maggior parte dei 400 miliardi di euro continuerà a venire destinata all’agricoltura agroindustriale, come di consueto’, annotano il Coordinamento Europeo Via Campesina e Friends of the Earth Europe. (1)

Fondi comuni per pochi

La riforma è un’occasione mancata per fornire ai piccoli e medi produttori sostenibili l’adeguato sostegno politico, economico e sociale di cui hanno bisogno’, spiega Andoni García Arriola, agricoltore dei Paesi Baschi e membro del coordinamento del Coordinamento europeo Via Campesina.

Attualmente, il reddito medio degli agricoltori in Europa è inferiore del 50% al reddito medio della popolazione, mentre meno del 2% dei beneficiari della PAC riceve il 30% del budget totale dei pagamenti diretti. Questo non cambierà con la nuova politica. 

Purtroppo non sono stati proposti più fondi per lo sviluppo rurale e un approccio collettivo di progetti in cui si promuove l’agroecologia contadina’.

Condizionalità sociale ed eco-schemi

I fautori della non-riforma evidenziano due novità, in apparenza positive, il cui impatto è tuttavia diverso da quanto prospettato:

– la ‘condizionalità sociale’, vale a dire il blocco dei pagamenti in caso di violazione dei diritti dei lavoratori. L’applicazione di tale misura, si noti bene, è volontaria fino al 2025. E solo successivamente la Commissione europea, a esito di valutazione d’impatto, potrà decidere di renderla obbligatoria;

– gli eco-schemi, che da principio avrebbero dovuto sostenere la conversione al biologico, si prestano invece a finanziare ogni progetto ‘ammantato di verde’. Il 20% delle dotazioni nazionali per i pagamenti diretti, che salirà al 25% dal 2025, andrà così a disperdersi in mille rivoli.

I piani strategici nazionali

La nuova PAC restituisce centralità alle politiche nazionali. Gli Stati membri sono chiamati a sviluppare i piani strategici, secondo le linee di riferimento della Commissione europea. Ogni piano deve pervenire alla Commissione europea entro la fine del 2021, per ottenere l’approvazione entro aprile 2022.

In Italia, le riunioni del Tavolo di partenariato, presiedute dal ministro Stefano Patuanelli, sulle priorità del Piano Strategico Nazionale non fanno sperare bene.

Non siamo più neanche di fronte ad un tentativo di greenwashing, ma di un vero e proprio patto per l’agricoltura industriale, che relega a contorno gli impegni per l’ambiente e il lavoro’, commentano le Associazioni della Coalizione italiana #CambiamoAgricoltura. (2)

Gli attivisti giudicano il documento deludente e inadeguato per affrontare le complesse sfide della transizione ecologica della nostra agricoltura, inefficace sia sul versante della lotta al cambiamento climatico che su quello dello stop alla perdita di biodiversità.

Note

(1) European Coordination Via Campesina. Common Agricultural Policy fails small farmers and the environment yet again, 23.11.21 https://www.eurovia.org/common-agricultural-policy-fails-small-farmers-and-the-environment-yet-again/

(2) Il grande bluff dell’Italia per la politica agricola comune (PAC) post 2022, 22.11.21 https://feder.bio/grande-bluff-dellitalia-la-politica-agricola-comune-pac-post-2022/

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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