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Nestlé riconosce che il 60% dei suoi prodotti non è salutare

Nestlé riconosce che il 60% dei suoi prodotti non è sano, né potrà mai esserlo. Così si esprime il colosso alimentare globale, secondo il Financial Times, che rivela di avere avuto accesso a un documento interno della multinazionale diffuso all’inizio 2021, incentrato sulle iniziative possibili per contrastare l’epidemia di obesità e rispondere alla domanda di cibi più sani.

Nestlé e il mea culpa sul junk food

Le considerazioni di Nestlé si basano, secondo il Financial Times, sulla definizione di ‘alimento salutare’ codificata dallo Health Star Rating System, un sistema di valutazione nutrizionale degli alimenti ideato in Australia e adottabile su base volontaria.

I conti sono presto fatti. Il sistema australiano contempla un range di giudizio crescente da mezza stella a 5 stelle. E solo il 37% dei prodotti dei marchi di proprietà di Nestlé raggiunge le 3,5 stelle.

La mediocrità nutrizionale di Nestlé

La mediocrità nutrizionale riguarda, secondo Nestlé, il 96% delle bevande, il 99% dei prodotti dolciari e dei gelati, l’82% delle acque aromatizzate e il 60% dei latticini.

Un disastro, considerato che l’analisi non tiene conto di cibo per animali, latte in polvere per prima infanzia, caffè e integratori alimentari. Più o meno i prodotti che fanno la metà del fatturato della multinazionale.

Sforzi insufficienti

Il risultato della rilevazione delude i vertici di Nestlé, che negli ultimi anni hanno cercato di migliorare i propri prodotti. Senza grandi risultati.

Nel 2018 la ONG olandese Access to Nutrition Initiative ha riconosciuto l’impegno della multinazionale nel miglioramento dei propri prodotti. Ma ha anche evidenziato larghissimi margini di miglioramento.

‘Si stima che Nestlé derivi solo il 19% delle sue vendite totali da prodotti salutari. Questi risultati mostrano che Nestlé ha un ampio margine di manovra per migliorare la salubrità del suo portafoglio attraverso la riformulazione di prodotto, l’innovazione e/o modifiche al portafoglio’, (Access to Nutrition Initiative, Global Index 2018).

Prodotti insanabili

Il documento ‘riservato’ della multinazionale riferisce a prodotti esemplari quali causa della dilagante epidemia di obesità e malattie non trasmissibili. Orrori non commercializzati in Italia, come una pizza surgerlata (DiGiorno) con il 40% della quantità giornaliera di sodio o il Nesquik aromatizzato alla fragola, carico di zuccheri, coloranti e aromi, ma pubblicizzato come ‘perfetto per la colazione e per preparare i bambini alla giornata‘.

Ma anche bibite e alimenti confezionati largamente disponibili sui nostri scaffali. Come i prodotti con olio di palma: dalle basi per la pizza Buitoni allo snack Kit Kat. O le bibite gassate al gusto di arancia o chinotto a marchio San Pellegrino, che forniscono 20-25g di zuccheri a bicchiere. Vale a dire l’intera dose giornaliera raccomandata dall’Oms, che raccomanda di ridurre l’apporto di zuccheri semplici sotto il 5% del fabbisogno quotidiano di energia dagli alimenti. Vale a dire, 25 grammi di zucchero nella dieta media giornaliera di un adulto (2000 kcal/die).

Prodotti insanabili e politiche nutrizionali

I prodotti alimentari di Nestlé – come di altri colossi di Big Food – sono insanabili per loro stessa ammissione. Il business del junk-food è incompatibile con la salute e il benessere invocati nel terzo dei Sustainable Development Goals (SDGs) in Agenda ONU 2030.

Non v’è da stupirsi se le Corporation di settore finanziano studi nutrizionali ‘di comodo’, né se ostacolano le politiche nutrizionali e di salute pubblica (1,2). Rimane solo da chiedersi come i consumAttori possano ancora tollerare tutto questo POP, #ProfitOverPeople.

Marta Strinati 

Note

(1) Marta Strinati. Ricerca nutrizionale deviata dalle lobby di Big Food. Nuovo studio. GIFT (Great Italian Food Trade). 27.1.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/ricerca-nutrizionale-deviata-dalle-lobby-di-big-food-nuovo-studio

(2) Marta Strinati, Dario Dongo. Nutrizione e salute, ecco come Big Food ostacola l’OMS. GIFT (Great Italian Food Trade). 3.9.20, https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/nutrizione-e-salute-ecco-come-big-food-ostacola-l-oms

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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