Il 5 luglio 2023 presso la sede del Consiglio regionale dell’Abruzzo è stata presentata l’anteprima del Rapporto ‘Bio in cifre 2023’, a cura di ISMEA, SINAB, MASAF e CIHEAM (Centre for Advanced Mediterranean Agronomic Studies) di Bari. I dati mostrano un comparto che continua a crescere sia in termini di adesioni, sia – seppur in maniera meno incisiva – in termini di attenzione del mercato.
Il sistema dei controlli nel biologico
Il biologico è una tecnica produttiva definita mediante atti legislativi e tutelata dall’Autorità pubblica. I controlli sono svolti da Organismi tecnici accreditati sia da enti di normazione (Accredia) che dal ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF).
Le verifiche da parte degli Organismi tecnici sono svolte con frequenza annuale su tutti gli operatori del sistema, con una intensità pari al 120-130% sul totale. Il che sta a significare che ogni 100 operatori assoggettati si effettuano mediamente 120-130 verifiche, di cui, almeno 10-15% non annunciate.
Bio, uno standard esemplare
Il sistema, nel suo complesso è soggetto a vigilanza da parte delle istituzioni pubbliche, su tutti gli Organismi di certificazione, e su un campione rappresentativo degli operatori. Il modello di controllo così organizzato è uno dei motivi della stabilità e della crescita equilibrata del sistema negli ultimi tre decenni.
A dimostrazione di questo, lo standard è infatti preso a esempio e spesso mutuato per altri schemi di qualità di recente introduzione quali SQNPI e SQNBA, rispettivamente Sistema Qualità Nazionale Produzione Integrata e Sistema Qualità Nazionale Benessere Animale.
I numeri dell’indagine
Dall’indagine si evidenziano sia elementi di crescita di sicuro interesse e conforto, che le criticità su cui occorre concentrare risorse e attenzioni, sia da parte delle istituzioni, ma anche da parte degli altri attori: operatori e organismi di certificazione.
Entrambi devono dismettere l’atteggiamento di ricerca di supporto esterno ma sentirsi protagonisti di un sistema che da anni contribuiscono a fare crescere a beneficio dell’ambiente.
Su questo ultimo aspetto una ulteriore considerazione prima di passare all’analisi dei dati. Il metodo di produzione biologico ha come obiettivo la sostenibilità ambientale, mediante strumenti tecnici rappresentati da pratiche agronomiche mirate alla conservabilità delle risorse naturali, basate sulla rinuncia dei mezzi tecnici di sintesi, sulla gestione dei suoli e con grande attenzione al benessere animale.
Il cruccio dei consumi interni
I dati evidenziano una interessante crescita delle superfici che ci avvicina agli obiettivi strategici comunitari Farm to Fork, con l’Italia secondo posto in Europa dopo l’Austria con un 26% circa di superficie interessata.
Di contro, si guarda con un atteggiamento quasi sconfortato a una crescita ridotta dei consumi, quasi come mancanza di un risultato. I consumi sono di certo importanti, ma esprimono la consapevolezza e adesione ai valori da parte del consumatore attraverso la scelta del cibo, ma non identificano l’obiettivo del sistema. Fattore quindi importante, indicatore della comprensione del consumatore a quanto le istituzioni stanno promuovendo al fine di un bene comune. Da non confondere con il vero obiettivo ricercato: incrementare le superfici al fine di garantire una maggiore sostenibilità delle attuali produzioni agricole.
Il dato delle crescite in termini di adesioni rappresenta quindi un importante risultato per il sistema. Per il discorso consumi si apre ora una nuova sfida, agli operatori l’invito a raccoglierla.
Le superfici bio in Italia
Nel 2022 le superfici in Italia hanno superato i 2,3 milioni di ettari, evidenziando una crescita del 7,5% rispetto al 2021 e un incremento del +111% se consideriamo come punto di riferimento il 2010.
Siamo quindi arrivati a quasi il 19% del totale delle superficie agricola utilizzabile censita dall’Istat, avvicinandoci con sentito orgoglio alla soglia del 25% indicata dalla Strategia Farm to Fork come traguardo al 2030.
Sono sei le regioni che hanno superato questo obiettivo: Toscana, Marche, Lazio, Basilicata, Calabria e Sicilia. In termini immediati, ogni 5 ettari coltivati in Italia, praticamente un ettaro aderisce al metodo di produzione biologico (ogni 4 nelle regioni più virtuose).
Il ruolo degli aiuti comunitari
Lo sviluppo dello standard appare comunque ancora fortemente legato agli aiuti comunitari, che occorre sempre ribadire compensano la perdita di reddito dovuta all’adesione al sistema e non rappresentano un aiuto che incrementa il reddito dell’agricoltore.
I maggiori risultati in termini di crescita sono rappresentati da: Sicilia (+22.5), Puglia (+11.9%), Provincia Autonoma di Trento (+43,4%), Liguria (+19,9%), Sardegna (14,0%), Provincia Autonoma di Bolzano (+10,1%), tra le aree con incrementi a due cifre decimali.
La zootecnia bio in ripresa
Anche il comparto zootecnico nel 2022 mostra segni di ripresa. Nella maggior parte degli allevamenti biologici si registrano significativi aumenti:
- bovini (+10,5%),
- suini (+12,1%),
- avicoli (con i polli da carne e ovaiole, +16,9%, superano i 6 milioni di capi),
- caprini (+7,3%, raggiungono i 107 mila capi),
Risulta invece in lieve flessione il numero degli ovini ( -1,4%).
Rispetto all’intero comparto zootecnico nazionale, le categorie biologiche più rappresentative sono i bovini (8,2%), i caprini (10,5%) e gli ovini (9,7%). Il contributo dei suini “bio” è invece più contenuto: su 100 capi di suini allevati in Italia, solo lo 0,6% proviene da un allevamento biologico. Significativa l’incidenza degli alveari che raggiunge il 22,5%.
Crescono gli operatori biologici certificati
Relativamente agli operatori certificati, i dati indicano un incremento di oltre il 7% rispetto al 2021, si registrano infatti 6.655 nuovi ingressi nel sistema di certificazione che portano il numero complessivo di operatori a superare il tetto di 92.000.
Tale incremento è una conferma di vitalità e ottimismo del comparto, nonostante le difficoltà del contesto e le conseguenti criticità di mercato.
Aziende bio, tre volte più grandi delle ‘convenzionali’
Forte incremento per la fase primaria dei cosiddetti ‘produttori esclusivi’, aziende agricole che producono soltanto con metodo biologico e apportano il beneficio ambientale del metodo più di ogni altro operatore, che hanno raggiunto le 68.605 unità (+10,1% sul 2021).
Nel 2022 le aziende agricole biologiche rappresentano il 7,3% delle aziende agricole complessive ma hanno una dimensione media di quasi tre volte rispetto a quelle dell’azienda agricola convenzionale (28,4 ettari invece degli 11 dell’azienda standard).
Significativo anche l’incremento dei produttori/preparatori (+3,6%) a quota 13.998 unità, dato che però non rende ancora merito al fenomeno. Si tratta di attività agricole che trasformano le loro produzioni, in proprio o presso terzi, e rappresentano una quota pari al 16% degli operatori primari coinvolti e superano i preparatori esclusivi (aziende di trasformazione) di circa 4400 unità. Parliamo quindi di filiere corte, la promozione delle quali è uno degli obiettivi innovativi introdotti nel reg. (UE) 2018/848, e che sembra perseguito e raggiunto dal sistema con una naturalezza ancora da comprendere.
I preparatori esclusivi, probabilmente per le difficoltà del comparto e l’effetto rimbalzo post esplosione Covid, perdono un -0,5%%, interrompendo la tendenza positiva portata avanti da diversi anni.
I consumi
Per quanto attiene la spesa alimentare delle famiglie, dopo una importante crescita nel 2020 (+9,5%), sostenuta dal confinamento domestico provocato dal lockdown, a cui ha seguito la conseguente e attesa riduzione nel 2021 (-4,6%), il 2022 vede una ripresa moderata dei consumi.
Siamo di fronte a 3,66 mld di euro per il mercato domestico, con incremento pari a +0,5%. Considerando un tasso di crescita dell’agroalimentare pari al +6,4%, e dell’inflazione dei prezzi del medesimo settore al +9,1%, ne consegue una riduzione dell’incidenza delle vendite del biologico sulla spesa alimentare complessiva, che passa dal 3,6% dal 3,9% del 2021.
Le migliori performance
In un contesto di sostanziale stagnazione va però segnalato il positivo andamento di alcune categorie merceologiche come
– uova fresche (+6,8%),
– prodotti ittici (+3,1%),
– carni fresche e trasformate (+3,7%).
Continua invece a rallentare, come nel 2021, la spesa nei settori dove il bio è più rappresentato:
– ortofrutta (-2,8%),
– derivati dei cereali (-3,4%).
Altro settore in calo interessa vino e spumanti biologici rispetto al 2021 (-3,7%), flessione collegata alla forte ripresa dei consumi fuori dalle mura di casa.
Bene il bio fuori casa
Interessante evoluzione invece emerge per il consumo extradomestico di alimenti biologici, che è stato lo scorso anno l’oggetto della prima indagine qualitativa condotta presso un campione di 1.126 bar e 864 ristoranti italiani.
L’indagine ha fornito risultati molto incoraggianti circa la presenza di alimenti biologici nei menu dei pubblici esercizi e il grado di consapevolezza degli operatori. Più della metà dei bar (54,4%) e oltre due terzi dei ristoranti (68,4%) hanno dichiarato di aver proposto o impiegato nelle loro preparazioni culinarie cibi, bevande e materie prime biologiche nel corso del 2022.
La spesa per l’acquisto di prodotti biologici fatta dai gestori dei bar risulta essere in media del 18,9% rispetto a quella totale, e si concentra soprattutto nell’acquisto di latte (25,9%), prodotti freschi, in particolare frutta (20,1%) e verdura (11%), vino (12,6%) e succhi (11,9%). Inoltre, il 30% dei bar che acquista prodotti biologici ritiene che l’offerta biologica incida positivamente sul fatturato complessivo, e indica nel 14,6% il sovrapprezzo per il consumatore rispetto agli omologhi prodotti non biologici.
Il bio al ristorante
Per i ristoranti la spesa in prodotti biologici supera il 33%, e le maggiori quantità acquistate sul totale della categoria riguardano in particolare: verdure (42%), olio (34,5%), frutta (29,5%), uova (24,1%), latte e derivati.
Il 51,5% dei ristoranti che acquistano prodotti biologici, infine, valuta positivo l’impatto economico del bio nell’offerta del proprio locale, mentre il differenziale di prezzo mediamente dichiarato è del 16,6% per il piatto con prodotto bio, rispetto all’omologo con ingredienti non bio.
Il mercato estero ancora in crescita
Rimane invece fondamentale il mercato estero. Nel 2022 le vendite di prodotti agroalimentari italiani bio sui mercati internazionali hanno raggiunto i 3,4 miliardi di euro, con un fattore di crescita del +16%. Se consideriamo il lungo periodo la tendenza conforta l’ottimismo con un +181% rispetto al 2012.
La quota di export sul paniere Made in Italy pesa oggi un 6% sull’export agroalimentare italiano totale nel 2022. Dati che emergono dall’ultima analisi condotta nell’ambito di Ita.Bio (Sana 2022).
Donato Ferrucci, Dario Dongo, Nicolò Passeri