HomeMercatiFiliera agroalimentare, 6 aree di sviluppo in era Covid-19

Filiera agroalimentare, 6 aree di sviluppo in era Covid-19

Covid-19 ha assestato un duro colpo ad alcuni comparti della filiera agroalimentare, nella produzione agricola primaria soprattutto. Il recupero è in gran parte legato alla capacità di Europa e Italia di erogare risorse in tempi rapidi. Ed è altrettanto importante aggiornare le strategie.

La premessa è un orizzonte critico, tra la recessione economica e l’aumento della disoccupazione che avranno un impatto senza precedenti anche sulle capacità di spesa dei consumatori. Gli investimenti in capitale di rischio nel settore agroalimentare sono altresì diminuiti, -16% nel primo trimestre 2020 secondo le stime del gruppo finanziario olandese Rabobank. FoodBytes – piattaforma di Rabobank che connette startup, imprese e investitori dell’agroalimentare sostenibile – propone di considerare sei aree di sviluppo. Nel condividere tale approccio, aggiungiamo alcune nostre note.

1 – Alimenti funzionali

Il primo elemento da considerare è la spiccata tendenza dei consumatori, nell’era Covid, ad acquistare alimenti funzionali. Vale a dire cibi benefici per la salute e utili a rafforzare il sistema  immunitario.

Un limite allo sviluppo di nuovi prodotti, secondo gli analisti di RaboResearch, è il fattore prezzo. Nella fase recessiva che segue la pandemia Covid-19 si attende infatti una esigenza generale di risparmio. I marchi emergenti dovrebbero quindi puntare a entrare nel mercato degli alimenti funzionali con prezzi ridotti al minimo. Con la fiducia di recuperare marginalità, progressivamente, una volta consolidata la fiducia dei consumatori.

Un punto di forza risiede invece nell’opportunità di offrire prodotti funzionali in linea con i consumi abituali, che non richiedano perciò grandi investimenti pubblicitari. FoodBytes cita gli esempi di bevande comuni ‘migliorate’ (tè, caffè, acque) e snack (es. barrette) arricchiti. Come lo Shaka Tea, una bevanda senza calorie che contiene la pianta antiossidante hawaiana makiki e viene commercializzata al prezzo ‘competitivo’ di meno di 3 US$ a bottiglietta. I succhi biologici spremuti a freddo Vive Organic e gli snack Kuli Kuli, a base di moringa, pianta originaria dell’India ricca di vitamine del gruppo B, C e amminoacidi.

2 – Ecommerce

Il lockdown imposto dal nuovo coronavirus ha rappresentato un volano eccezionale per il commercio elettronico:

– la domanda è cresciuta a livelli inverosimili, +178,5% in Italia nella settimana di Pasqua (dati Nielsen),

– molti consumatori abituati al retail fisico si sono avvicinati, per necessità, alla spesa online.

Si prospetta uno scenario potenzialmente brillante per la consegna a domicilio dei prodotti alimentari, come già di altri beni di consumo (elettronica ed elettrodomestici in primis). A condizione di essere effettivamente preparati a sostenere la domanda, in termini di capacità informatica e di consegne. Ciò che purtroppo non è accaduto in Italia, come si è visto. Laddove proprio i colossi della GDO nazionale si sono esibiti in un clamoroso flop.

Rabobank cita l’esempio di Oddbox (UK), una startup cresciuta nella scuderia FoodBytes che offre la consegna a domicilio di prodotti prossimi alla scadenza o con difetti apparenti (es. ortofrutta di forma non conforme agli standard) a prezzi scontati. Con l’idea di aggiungere al risparmio dei consumatori la soddisfazione condivisa di ridurre gli sprechi alimentari.

3 – Filiera corta per il fresco

La richiesta di alimenti freschi è aumentata significativamente, secondo i ricercatori di RaboResearch. La vendita di arance in USA è aumentata del 60% proprio in virtù delle proprietà benefiche associate dai consumatori all’agrume ricco di vitamina C. Non da meno nel Bel Paese, ove sono anche state segnalate vistose speculazioni sui prezzi.

Gli analisti di RaboResearch evidenziano come i problemi logistici della GDO, durante l’emergenza Covid-19, abbiano indotto i consumatori a favorire l’acquisto di frutta e verdura presso i produttori locali. Anche in Italia, come abbiamo visto, si è registrato il diffuso sviluppo di iniziative locali da parte dei piccoli agricoltori, per la consegna a domicilio delle loro derrate.

I consumAttori, aggiungiamo noi, hanno imparato in questi mesi a organizzare la spesa su base settimanale. Ed è perciò che il modello di consegna settimanale di una cassetta di ortofrutta bio a km0, magari anche altri prodotti (uova, latticini, carni), rappresenta oggi un’occasione imperdibile per l’agricoltura contadina.

Il modello citato nel rapporto è la Seal the Season (USA), che ha fatto incontrare la domanda di cibi freschi con l’offerta dei produttori locali mediante consegna a domicilio di alimenti stagionali surgelati, con garanzia di remunerazione equa a favore dei piccoli agricoltori. In Paesi meno sconfinati come il nostro si può fare anche di più, avendo ben chiari i valori legati alla filiera corta.

4 – Imballaggi alimentari sostenibili

L’ossessione collettiva di proteggere gli alimenti dal nuovo coronavirus – irrazionale e superflua, come abbiamo visto – ha fatto letteralmente esplodere i consumi di imballaggi alimentari monouso. Una catastrofe per l’ambiente, considerati:

– l’enorme quantità di rifiuti del tutto inutili,

– il rilevante contributo della produzione di plastica al riscaldamento globale.

La soluzione win-win, secondo Rabobank, è offrire imballaggi in materiali ‘sostenibili’, di matrice vegetale, a costi contenuti. Come Corumat e Element Packaging, due imprese seguite da FoodBytes. Il nostro punto di vista è più radicale. Il miglior imballo è quello che non esiste (cit. Stanislao Fabbrino). Bisogna perciò insistere sul riutilizzo dei contenitori e la loro ricarica mediante somministrazione di alimenti sfusi. Gli esempi non mancano, né la capacità d’innovazione. E sono anche disponibili benefici fiscali, tra l’altro.

5 – Igiene

I patogeni alimentari, come spesso ripetiamo, non conoscono ferie né feste comandate o lockdownCampylobacter, salmonellaE.Coli (anche in variante STEC), Listeria m. sono i più diffusi. La loro prevalenza è elevata anche in Europa, sebbene a livelli meno preoccupanti rispetto ad altre aree del pianeta (USA e Canada sopra tutti).

I sistemi di analisi rapida dei patogeni rappresentano la grande opportunità per verificare e misurare la loro presenza già nelle fasi agricola e di allevamento. Solo in questo modo si può prevenire con efficacia l’immissione sul mercato di prodotti a rischio di sicurezza alimentare. Tanto più considerato che i risultati delle analisi tradizionali spesso pervengono quando gli alimenti sono già stati distribuiti al consumatore finale. In particolare quando si tratti di alimenti con una shelf-life breve. Quarta e quinta gamma ma anche prodotti di origine animale (es. uova e carni).

La disponibilità di analisi rapide ha la funzione essenziale di mitigare i rischi di gravi perdite troppo spesso sottovalutate. I risarcimenti danni (che pure possono venire coperti da polizze r.c. prodotto) sono ben poca cosa rispetto al rischio di esclusione dalle vendors’ list della GDO, tenuto conto che le notizie di allerta nella rete retail circolano più rapidamente rispetto ai sistemi di allerta ufficiali. Si aggiunge poi il rischio per gli operatori di venire inseriti nelle black list dei Paesi importatori extra-UE, dalle quali è molto difficile uscire.

InstaBact è la startup italiana con cui siamo lieti di collaborare, già operativa nei sistemi di rilevazione rapida di agenti patogeni su verdura e frutta fresca, uova e carni di pollame. Sistemi che possono tra l’altro venire sviluppati anche su altre derrate come le carni di altre specie e i latticini. Anche in vista della riduzione degli sprechi alimentari, poiché la rilevazione tempestiva di patogeni termosensibili può consentire di variare in tempo utile il destino dei prodotti, dal fresco all’industria di trasformazione. Nell’incubatore di FoodBytes si trovano invece le imprese FreshCheck, SnapDNA e Yarok MicroBio.

6 – Automazione in agricoltura

La robotica in agricoltura viene indicata come esigenza di progresso. Rabobank riferisce alle carenze di manodopera nell’agricoltura europea a seguito del lockdown, sebbene tale problema sia evidentemente più complesso poiché spesso legato allo sfruttamento dei braccianti. Laddove il caporalato – che vige in Italia ma anche in Spagna e altri Paesi – viene sistematicamente tollerato dall’industria di trasformazione, al di fuori di rari esempi positivi come quello di Coop Italia, il primo retailer nel mondo ad avere applicato lo standard di sostenibilità sociale SA8000, già nel 1998.

L’agricoltura di precisione, come abbiamo già evidenziato, va piuttosto considerata quale occasione per un taglio drastico all’impiego di agrotossici. In linea con la politica europea Farm to Fork (f2f), le tendenze di mercato sempre più orientate verso la produzione biologica e soprattutto il buon senso. Eliminare il diserbo chimico sulle colture estensive (cereali e soia) dovrebbe essere la priorità assoluta, a umile avviso di chi scrive.

FoodBytes cita due imprese del suo circuito. La Augean Robotics che propone Burro, un carrello robotizzato per la raccolta dati che promette di aumentare la produttività fino al 30%. DataFarming offre invece soluzioni utili agli agronomi per controllare i processi nell’agricoltura di precisione.

Avanti tutta!

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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