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Farine e sfarinati. Made in Italy, integrale e bio. O di corteccia

Una farina dalla corteccia? È solo l’ultima delle novità in una categoria sempre più vivace e dinamica. Tra bio e made in Italy, integrale e semintegrale, i consumatori italiani votano salute, natura e filiera corta.

Farina di corteccia

La ‘farina di corteccia’ è l’idea di uno chef di Udine, Stefano Basello. Un ingrediente nuovo ma antico al tempo stesso, poiché deriva dalle tradizioni friulane. In commemorazione delle centinaia di migliaia di alberi strappati ai loro suoli dal maltempo, pochi mesi or sono, l’intraprendente cuoco friulano ha stoccato sottovuoto diverse varietà di cortecce e vorrebbe ora coinvolgere i panifici locali per impiegarle negli impasti. (1)

Un progetto ‘romantico’, sotto certi aspetti. Nel quale la ‘farina di corteccia’ – come è ovvio – ha un ruolo particellare e simbolico, che dovrà tra l’altro venire considerato alla luce del nuovo regolamento europeo sui Novel food. (2) La categoria di farine e sfarinati, d’altra parte, è già alle prese con trasformazioni significative. Guidate da tre parole-chiave. Bio, Made in Italy, integrale.

Biologico e Made in Italy, la coppia ideale

L’osservatorio Immagino di Nielsen-Gs1, LINK mostra una sempre più spiccata attenzione dei consumatori italiani verso gli alimenti considerati ‘favorevoli alla salute’ e ‘naturali, nell’accezione più ampia.

Il settore biologico continua a crescere a due cifre, +14% l’ultimo dato 2018. Grazie alla ‘democratizzazione del bio che la GDO (Grande Distribuzione Organizzata) ha contribuito a realizzare, con una maggiore offerta a scaffale estesa al discount

La scelta del bio oltretutto non deriva soltanto dall’attenzione verso l’ambiente e il benessere animale, ma anche dall’esigenza di evitare l’esposizione ai pesticidi attraverso il cibo.

Il Made in Italy è un’altra calamita dei consumi attuali. I ConsumAttori italiani finalmente privilegiano la filiera corta, per due essenziali ragioni:

– matura la consapevolezza del ruolo delle scelte d’acquisto sull’economia dei territori (#iovotocolportafoglio),

– si ripone maggior fiducia sulla sicurezza degli alimenti e dei https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/controlli-il-ruolo-dellamministrazione-sanitaria/ eseguiti in Italia rispetto alle ‘cose (non sempre buone) del mondo’. 

Cibi e buoi dei Paesi tuoi’ è dunque il nuovo motto. Che poggia su solide basi, economiche e culturali. E trova conferma nelle sconfortanti notizie su grani (e lenticchie) importati dai paesi freddi – Canada in primis – ove glifosate e altri agrotossici vengono impiegati anche in fase post-raccolta. Laddove in Italia e in Europa tali pratiche – che aumentano il rischio di residui chimici nei cibi – sono invece vietate da anni.

Integrale al galoppo, ‘senza olio di palma

L’integrale galoppa su sfarinati, pasta e prodotti da fornoI ConsumAttori cercano alimenti naturalmente ricchi di fibre, benefiche per l’intestino e il sistema immunitario. Nel solo comparto prima colazione, i prodotti ‘integrali’ hanno registrato una crescita +14,2% (2018). E non a caso, sulle loro etichette, il claim ‘integrale‘ è il più utilizzato dopo quello ‘senza olio di palma‘. (3)

L’olio di palma è quasi completamente scomparso dai prodotti in Italia, fatte salve rare eccezioni a marchi di Big Food (es. Ferrero, Kellogg’s, Mondelez, Nestlé, Unilever). Grazie alla battaglia avviata nel 2014 da Great Italian Food Trade con Il fatto alimentare, che ha raggiunto il culmine con il parere scientifico Efsa 6.5.16 sui contaminanti cancerogeni e genotossici contenuti nel palma raffinato. E al coraggio di Coop Italia, che nell’immediatezza di tale parere ha eliminato da scaffale i prodotti a suo marchio che contenevano tale grasso.

‘Semi-integrale’, il campione delle farine

La farina di grano tenero rimane in cima alle vendite (>220mila ton/anno). E tuttavia, tanto le sue moliture più fini quanto quelle più grezze registrano un calo degno di nota (-7% i tipi 0 e 00, -7,3% l’integrale). È il momento delle c.d. ‘semi-integrali’, che alla versatilità in cucina abbinano apprezzabili quantità di fibre.

La farina tipo 2 ha quasi raddoppiato le vendite (+82,6%), seguita dalla tipo 1 (+38,6%). L’offerta ha saputo incontrare e accompagnare la domanda, grazie a una comunicazione trasparente e a una marcatriduzione del prezzo al dettaglio (-5,2% la tipo 1, -12% la tipo 2), che ora si attesta sui 2 €/kg.

Sul fronte del grano duro, la semola integrale supera ogni record con una crescita formidabile di vendite (+247%) e prezzo al dettaglio (+5,5%), che ora si aggira attorno a 1,90 €/kg. La semola non integrale cala invece di 2,5% punti. (4)

Marta Strinati e Dario Dongo

Note

(1) V. La Repubblica 22.1.19 https://www.repubblica.it/sapori/2019/01/22/news/friuli_venezia_giulia_chef_stefano_basello_inventa_pane_dagli_alberi_farina_di_corteccia-216782895/

(2) V. reg. UE 2015/2283

(3) Cfr. Osservatorio Immagino, 2018/1. L’ICQRF, prima autorità designata ai controlli pubblici ufficiali sulle etichette alimentari, deve ancora tuttavia mettere fine all’inaccettabile quanto diffuso fenomeno del ‘falso integrale’. Per la doverosa tutela dei consumatori e della concorrenza leale sul mercato

(4) Fonte Food, febbraio 2018 (su elaborazione dati Nielsen) 

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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