I consumi alimentari in Italia nel 2019 sono fotografati, con l’alta definizione di sempre, nell’ultimo rapporto dell’Osservatorio Immagino.
Gli italiani hanno privilegiato gli acquisti di alimenti presentati come benefici per la salute e quelli Made in Italy, anche con indicazioni di provenienza regionale. Senza rinunciare ai propri stili di vita, espressi nelle scelte di prodotti bio, veg, halal e kasher.
Osservatorio Immagino, un approfondimento senza pari sulle tendenze di mercato in Italia
L’Osservatorio Immagino, realizzato da GS1-Italy e Nielsen, pubblica rapporti semestrali circa le vendite in Italia di alimenti, cosmetici e prodotti per la casa sul canale della distribuzione moderna. I rapporti possono venire consultati liberamente e offrono un livello di approfondimento senza pari, in Europa e nel mondo. Proprio perché l’Italia è il primo Paese ad avere applicato lo standard Immagino – che registra tutte le informazioni e immortala i 6 lati delle etichette di ogni referenza a scaffale, prima di donare i relativi campioni al Banco Alimentare – sulla quasi totalità delle catene di GD, DO e GDO (Grande Distribuzione Organizzata).
Questo livello di approfondimento consente di disaggregare i dati sulle vendite complessive per categorie di prodotti e osservare le tendenze di mercato legate alle diverse indicazioni presenti in etichetta. Misurando la diffusione dei vari claim (nutrizionali, salutistici, geografici, qualitativi) negli assortimenti a scaffale e il loro impatto sulle vendite.
Osservatorio Immagino, il rapporto 2019
L’ultimo rapporto dell’Osservatorio Immagino analizza le vendite nel retail dei circa 112 mila prodotti di largo consumo presenti nella banca dati Immagino a dicembre 2019. Un paniere che rappresenta circa 36 miliardi di euro di vendite (H1, 2020), pari all’82% del totale sul largo consumo in Italia (ipermercati e supermercati).
Le tre tendenze su cui l’analisi quali-quantitativa si sofferma riguardano il versante nutrizionale-salutistico, quello geografico-territoriale e gli stili di vita. L’ABC a seguire.
A) Nutrizione e salute. Più proteine e meno zuccheri
L’analisi delle tabelle nutrizionali presenti sulle confezioni di 67.660 prodotti alimentari consente di osservare i cambiamenti degli apporti nutritivi dei prodotti e le nuove tendenze nelle abitudini alimentari degli italiani.
Le proteine sono il nutriente più in voga. I loro consumi registrano una crescita dell’1,5%, contro lo 0,8% del 2018. Questo dato si associa al maggior consumo di alimenti che a vario titolo combinano gusto e salute. Uova, mozzarelle, affettati (prosciutto cotto, bresaola, arrosti), formaggio grana, hamburger di bovino, farine di grano tenero, carne avicunicola (pollame e coniglio), yogurt magro, biscotti integrali e frutta secca sgusciata.
Gli zuccheri e i carboidrati registrano viceversa un calo (-3% e -2,1, rispettivamente). Le altre voci della tabella nutrizionale rimangono invece pressoché invariate. Il consumo di grassi mantiene una dinamica positiva (+0,6%) come pure quello di fibre (+0,3%), i cui consumi complessivi (sulla totalità degli acquisti alimentari) non crescono come negli anni passati (+2,4 nel 2018) e tuttavia spiccano tra i claim nutrizionali in alcune categorie di prodotti (cereali e derivati). Quasi invariato il valore energetico (kcal in tabella nutrizionale, -0,5%).
A) Claim nutrizionali
‘Ricco in (…)’, ‘integrale’. Le vendite degli alimenti rich in – vale a dire, con evidenza in etichetta dell’elevato tenore di uno o più nutrienti o micronutrienti, ovvero definiti ‘integrali‘ – sono cresciute del 2,4% (1,6 nel 2018), superando i 3 miliardi di euro.
I claim relativi alle fibre, i più diffusi tra le indicazioni nutrizionali volontarie, spingono le vendite di questo segmento (+6,3%, vs. 5,8 nel 2018). Strettamente correlati a un elevato contenuto di fibre sono i prodotti integrali, i quali pure registrano un +4,3% sul fatturato (se pure a ritmo meno sostenuto rispetto al 2018, +7,7%).
Emergono i claim sulle proteine (+7,4%) e sul potassio (+5,7%). Proseguono bene gli Omega3 (+2,4%), citati su salmone affumicato e conserve di pesce, latti per l’infanzia e fermenti lattici (+3,8%). In calo i prodotti ricchi di vitamine e calcio (-1,1 e -2,8%), mentre precipitano gli alimenti ‘ricchi di ferro’ (-11,5%).
A) Superfood e ingredienti benefici
Il fenomeno di superfood e ingredienti considerati utili al benessere e alla forma fisica mantiene un trend positivo. I 26 alimenti con queste prerogative sono classificati in 6 gruppi:
– i semi (lino, zucca, sesamo, chia e canapa) complessivamente vendono il 28,5% in più, soprattutto quali ingredienti (in panini, cracker, etc).
– le spezie sono il secondo gruppo più performante (+9%). Curcuma e zenzero in prima linea,
– i superfruit (mandorla, mirtillo, cocco, acqua di cocco, avocado) sono il segmento più importante per giro d’affari. Quasi 762 milioni di euro di vendite, +5,3% sul 2018. I campioni 2019 sono avocado (+92,9%) e tè matcha (+99,8%),
– i ‘super cereali’ e le loro farine (avena, farro, quinoa, kamut, farina di riso, olio di riso, farina di mais, germe di grano) invece frenano, -4,5% sul 2018. La peggiore performance riguarda kamut, germe di grano, in misura minore farro e farina di riso,
– i dolcificanti considerati ‘benefici’, zucchero di canna e stevia, perdono colpi a scaffale. -3,4 e -8,8% rispettivamente. La stevia italiana stenta purtroppo ad affermarsi,
– i superfood goji e spirulina perdono quota drammaticamente (-18,6% e -17%). Una disaffezione che si può spiegare con la scarsa fiducia verso le bacche di origine lontana (sebbene il goji biologico sia coltivato anche in Italia) e i prezzi esorbitanti delle microalghe, tuttora vendute prevalentemente in compresse.
A) Free from stabili, ‘senza antibiotici’ alla ribalta
Il fenomeno free from, protagonista negli anni passati di un vero exploit, si consolida stabilmente. I prodotti con uno o più dei 15 claim ‘senza (…)’ più seguiti dall’Osservatorio Immagino hanno registrato nel 2019 una crescita complessiva dello 0,5% (0,1 nel 2018).
‘Senza antibiotici’ è il claim free from che fa eccezione. I prodotti che vi fanno riferimento in etichetta sono aumentati (su uova, elaborati avicunicoli e affettati) e nel complesso hanno registrato un incremento delle vendite del 62%.
Il trend di ‘senza zuccheri aggiunti’ e ‘con pochi zuccheri’ (+9,1 e +7,6%) rispecchia la crescente avversione verso i pericoli per la salute associati al loro apporto eccessivo (diabete in primis).
‘Non fritto’ (+6,1%), ‘senza glutammato‘ (+4,9), ‘senza lattosio’ (+ 3,6), ‘senza olio di palma‘ (+2,7), ‘senza lievito‘ (+1,9), ‘senza glutine’ (+1,7) ‘senza additivi‘ (+1,6%), in ordine di crescita.
Gli alimenti ‘senza glutine’ rappresentano la quota più importante del segmento per numero di referenze (oltre il 14% dei 71.723 prodotti analizzati) e valore delle vendite (13,8% sul totale food del paniere Immagino). Il sottogruppo accompagnato dalla spiga barrata – il marchio di certificazione di AIC, Associazione italiana celiachia – segna un +2,8%.
B) Made in Italy, attrazione fatale
L’italianità compare sulle etichette di oltre 20mila prodotti a scaffale. Che si tratti della bandiera nazionale, dei claim ‘prodotto in Italia‘ o ‘100% italiano‘, oppure di una delle indicazioni geografiche europee, il richiamo on label dell’italianità ha generato nel 2019 il 25,2% dei ricavi del totale alimentare.
A incentivarne le vendite sono le preferenze dei consumatori, la maggiore offerta di prodotti con italianità in evidenza. E la maggiore attenzione verso le dichiarazioni di origine e provenienza della materia prima che si trovano in etichetta di latte e prodotti lattiero-caseari, riso, pasta di grano duro e conserve di pomodoro. Questo fenomeno potrebbe accrescere, tra l’altro, con l’applicazione del regolamento (UE) 2018/775.
Tra le indicazioni geografiche, la migliore performance è della DOP (+7,1), trainata dal Grana Padano. Più modesto l’andamento delle IGP (+0,3), sebbene il numero delle referenze sia decisamente maggiore. Affettati, pomodori, arance e olio le categorie più apprezzate per le Geographical Indications (GIs).
Tra i vini a denominazione protetta, le DOCG hanno raddoppiato la crescita, da 2,1 a 4,8%, mentre le DOC hanno mantenuto il buon ritmo del 2018 (+3,2).
B) Origine regionale degli alimenti
Le indicazioni regionali alimentano un giro d’affari di 2,4 miliardi di euro. L’area più citata sulle etichette è il Trentino, un richiamo che ha segnato il +1,1% sulle vendite (vini e spumanti, yogurt e salumi).
La Sicilia ha raggiunto il secondo posto, scalando 4 posizioni in un anno grazie a un balzo del +4,2% (vino e sughi pronti in testa). Ed emergono i richiami a Regioni finora poco rappresentate in etichetta:
- Molise +30,7% (pasta),
- Liguria +12,4% (pesto, olio, acqua minerale),
- Marche +11,2% (vini e lavorazioni avicunicole),
- Puglia +9,8% (vini IGP, pasta, mozzarelle e conserve vegetali),
- Calabria +9% (liquori, nettari di frutta, mozzarelle, tonno).
C) Lo stile di vita a tavola
I prodotti identitari, vale a dire idonei a precisi stili di vita, mantengono complessivamente un trend positivo per un valore di circa 3 miliardi di euro. Si tratta di 11.300 prodotti adatti alle diete vegetariana e/o vegana, ai dettami della religione musulmana (halal) ed ebraica (kosher). Nonché agli ideali di ecologia e salute che si associano ai consumi dei prodotti biologici.
In ordine di assortimento (numero dei prodotti a scaffale), ecco le performance dei 4 segmenti principali:
- biologico +2,1% (+6,4 nel 2018). Cresce l’offerta di uova, formaggio grana, surgelati vegetali, prodotti da forno senza glutine, frutta secca, semi, infusi, cereali per la prima colazione,
- veg +4,5% (+5,8 nel 2018). Poco più di 3mila prodotti vegani, 1.600 vegetariani,
- kosher +2% (+3,9 nel 2018). Aumentano le referenze di pasta, tavolette di cioccolato, passate, sughi, polpe di pomodoro,
- halal +2% (+29 nel 2018), in brusca frenata.
Ruvido o croccante?
La texture degli alimenti è un’informazione presente in etichetta nell’8,9% dei prodotti alimentari esaminati. Lo scopo è probabilmente invogliare l’acquisto impulsivo, ‘di papille’, ma il trend (a valore) è complessivamente in calo (-0,7%).
‘Croccante’ è il claim più diffuso, tra gli 11 considerati. Compare sul 2% dei prodotti e spinge le vendite di +3,7%. In particolare su pasticceria industriale ripiena, cotolette di pollo, patatine e pancake surgelati. ‘Ruvido’ è invece il campione del 2019, a ritmo di crescita doppio (da +6,1 a +12,4%), quasi esclusivamente sulla pasta di semola.
Tra gli altri claim sulla texture, crescono ‘morbido‘ e ‘farcito‘. Il primo (+2,1%) è trainato dai formaggi senza lattosio porzionati e dal pane da tramezzino. Il secondo (+1,5%) è impiegato su merendine, snack salati freschi e pizze surgelate. Ultimo claim con andamento positivo (+0,6%) è ‘cremoso‘, il secondo per diffusione dopo croccante, presente sull’1,7% dei prodotti.
Loghi e certificazioni
Loghi e certificazioni sono sempre più presenti sul packaging dei prodotti proposti da iper e supermercati. Forniscono garanzie su materie prime, processi produttivi, sostenibilità socio-ambientale delle produzioni.
La bandiera del paese di origine (quasi sempre italiana) è il logo più utilizzato, presente sul 13,4% degli 11.639 prodotti analizzati da Immagino. La sua presenza in etichetta è lievemente aumentata (+0,7%), e così le vendite dei relativi prodotti (+0,5%). Trend positivo anche per due marchi europei:
– il bollino EU Organic (biologico europeo) ha accresciuto le vendite di 2,1%
– il marchio CE (bollino europeo di conformità), apposto su uova di Pasqua e dentifrici, ha recuperato quota nel 2019 (+1,4%, dopo la flessione del 6% nel 2018).
La sostenibilità attestata da 8 certificazioni legate alla CSR (Corporate Social Responsibility) registra una crescita dell’1,2%. La più importante per giro d’affari è FSC, impressa sugli imballaggi per attestarne la sostenibilità (+1%). Aumenta dell’8,5% il giro d’affari dei prodotti Fairtrade mentre flette quello dei Cruelty free (-3,4%). Nel mercato non food crescono Ecocert (+19,6) ed Ecolabel (+4.4) sui prodotti di igiene e Sustainable cleaning sui detersivi (+0,4%).
Marta Strinati e Dario Dongo