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Alimenti naturali, successo planetario di variabile significato. Studio su 85 mila consumatori in 32 Paesi

Gli alimenti naturali riscontrano un successo planetario. Se pure i criteri per distinguere ciò che è ‘naturale’ siano estremamente variabili, da una parte all’altra del pianeta. È quanto emerge dall’ampio studio in corso di pubblicazione su Science Direct. (1)

La ‘naturalità’ dell’alimento è cruciale, al giorno d’oggi, per la gran parte dei consumatori globali. Millennials e baby-boomers, o Generazione Y e Generazione X, poco cambia. L’attenzione al cibo naturale è crescente e demarca la linea retta da seguire, nella filiera di produzione e solo di conseguenza anche nel marketing. (2)

Oltre 85 mila consumatori in 32 Paesi sono presi in considerazione dagli studi esaminati. Che le Università di Murcia e Zurigo hanno sottoposto a revisione sistematica. Tra questi l’indagine globale di Nielsen su salute e benessere, che nel 2015 (3) aveva rivelato come freschezza, naturalezza e elaborazione minimale fossero le prerogative degli alimenti più attese da oltre 30 mila consumatori in 60 paesi.

 

La percezione di naturalezza è tuttavia molto variabile, nelle culture e le legislazioni di ogni area del pianeta. Non è naturale tutto il cibo che appare o viene designato come tale. E le stesse linee guida messe a punto nei Paesi che hanno provato a regolare in modo più preciso tale concetto divergono sensibilmente.

I ricercatori hanno perciò riassunto i vari ‘indici di naturalità’  in tre categorie:

1) il modo in cui il cibo è stato coltivato,

2) il modo in cui il cibo è stato prodotto,

3) le proprietà del prodotto finale.(4)

I dati convergono essenzialmente sul desiderio di alimenti che provengano da filiere tracciate con accuratezza. Sfiducia verso gli OGM, ricerca del biologico (8 su 10). Riluttanza verso la presenza di additivi di sintesi e più in generale verso l’impiego della chimica nel settore alimentare. Una lettura vivamente consigliata.

Dario Dongo

Note

(1) Cfr. http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S092422441730122X?via%3Dihub
(2) I danni alla reputazione causati da troppo frequenti operazioni di greenwashing dovrebbero infatti condurre gli operatori seri a cambiare paradigma, dalla CSR alla CSV (Contributing to Social Values
(3) Nielsen Global Health, Wellness Survey We are what we eat (2015), su http://www.nielsen.com/us
(4) Vedi infografica allegata 

 

 

 

 

 

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