Gli integratori alimentari promettono di fornire un supplemento di nutrienti, ma non sempre raggiungono la biosolubilità necessaria alla assimilazione dall’organismo. Un test predittore (volontario) è la disaggregazione del supplemento in un fluido acquoso. Una prova di qualità che molti integratori falliscono, come dimostra lo studio guidato dalla professoressa Fabiana Quaglia, docente del Dipartimento di Farmacia e Tecnologie Farmaceutiche dell’università Federico II di Napoli.
Integratori alimentari, lo studio sulla biosolubilità
Nello studio è stata testata la disaggregazione di 30 integratori alimentari in compresse (rivestite e non) acquistati in farmacia.
Il campione include 6 micronutrienti di composizione chimica differente: multivitaminici, amminoacidi, oli essenziali e integratori a base di alghe.
Il risultato ha evidenziato che il 50% dei campioni non soddisfa le specifiche, ovvero non disaggrega nei tempi attesi.
Il test di disaggregazione
Il test di laboratorio per misurare il saggio di disaggregazione è stato condotto secondo lo standard descritto in Farmacopea, il testo principale impiegato dagli esperti del settore per valutare la qualità dei medicinali (5 – Integrare).
In sintesi, la procedura prevede l’introduzione di una compressa in ciascun cestello portatubi (disgregatore Erweka). Il cestello viene alzato e abbassato in un recipiente contenente un liquido a 37°C, per osservare la disaggregazione della compressa. Il test si considera superato con successo se almeno 16 unità su 18 sono correttamente disaggregate.
Il rebus della biosolubilità degli integratori alimentari
Un risultato analogo era emerso nello studio condotto da ricercatori USA nel 2020. Nel test di disaggregazione di 34 integratori di tè verde, un campione su sette non aveva superato la prova. (1)
Gli autori dello studio non dichiarano esplicitamente che il fallimento della prova di disaggregazione infici certamente la biodisponibilità dei principi attivi.
Ma spiegano che ‘Il presupposto operativo è che la forma farmaceutica non presenti problemi di rilascio degli AI (ingredienti attivi, ndr) se supera i test di disintegrazione e dissoluzione USP (previsti dalla Farmacopea Usa)’.
E in ogni caso, ‘Sebbene i test di disintegrazione e dissoluzione in vitro dell’USP (la Farmacopea USA, ndr) non prevedano direttamente la biodisponibilità degli ingredienti, rimangono strumenti importanti per garantire la qualità e la coerenza del DS (l’integratore alimentare, ndr)’.
Lo studio italiano, ipotesi e prospettive
La professoressa Fabiana Quaglia ha risposto ad alcune nostre domande sulle prospettive di questo filone di ricerca.
Professoressa, com’è nata l’idea di avviare lo studio sugli integratori in compresse?
‘Ho sempre guardato con curiosità al mondo degli integratori alimentari, principalmente nel contesto didattico. Soffermandomi con gli studenti del corso di tecnologia e legislazione farmaceutiche sulla fabbricazione delle forme farmaceutiche in compresse e i relativi aspetti regolatori, abbiamo commentato il fatto che seppure la forma di presentazione di medicinali ed integratori è identica (ad esempio compresse, capsule, soluzioni) le specifiche tecnologiche di qualità per gli integratori non sono obbligatorie.
La domanda allora è nata spontanea: cosa succede se si effettua su integratori in compresse il saggio di disaggregazione obbligatorio per medicinali in compresse? I risultati mi hanno fatto comprendere che un aspetto che poteva sembrare scontato è, al contrario, un punto critico nei processi di produzione degli integratori alimentari’.
Intende estendere i test anche a integratori in formulazioni diverse, oltre a quelli in compresse?
‘Per il momento no, poiché le capsule, che sono l’altra forma farmaceutica solida più diffusa insieme alle compresse, non presentano problemi significativi di disaggregazione’.
Le aziende che producono gli integratori in compresse da lei testati hanno avviato un piano di miglioramento al fine di ottimizzare l’assimilazione dei nutrienti?
‘Desidero precisare che non esiste una diretta correlazione tra il saggio di disaggregazione e l’assorbimento delle sostanze attive che contengono. Il test è piuttosto un modo agevole per tenere sotto controllo il processo produttivo a garanzia che la forma farmaceutica non ostacoli l’assorbimento degli attivi nell’organismo.
Nel caso di prodotti che non erano conformi al saggio di disaggregazione, ho provveduto ad informare i distributori che a loro volta hanno sentito i fabbricanti chiedendo delucidazioni. In alcuni casi, i lotti di produzione sono stati fabbricati ex novo per rispondere alle specifiche. Qualcun altro si è affidato ad un laboratorio certificato per eseguire nuovamente i test. I risultati sono stati in linea con quanto avevo osservato nei miei laboratori. Qualche azienda, poi, ha sottolineato che non essendoci specifiche di disaggregazione obbligatorie per gli integratori, fosse loro facoltà modificare il tempo di disaggregazione della compressa‘.
Cosa ne pensa della mancanza di obbligatorietà per le aziende di eseguire queste prove di laboratorio sulle formulazioni prodotte?
‘A mio avviso, è importante eseguire il saggio di disaggregazione per ogni lotto di prodotto al fine di garantire che la liberazione degli attivi nel tratto gastrointestinale si realizzi in tempi idonei per l’assorbimento e che i processi di fabbricazione siano riproducibili. Spero che il ministero della Salute possa intervenire in tal senso almeno con una raccomandazione per i fabbricanti’.
Com’è possibile migliorare, l’assimilazione da parte dell’organismo, dei nutrienti contenuti negli integratori in compresse?
‘Tale aspetto non può essere generalizzato ma bisogna distinguere tra attivo e attivo. In funzione delle caratteristiche di solubilità, stabilità, lipofilia e capacità di permeare l’epitelio intestinale, ad esempio, è possibile ottimizzare l’assorbimento agendo sulla progettazione della forma farmaceutica. È questo il ruolo del tecnologo farmaceutico che svolge studi di preformulazione nell’industria farmaceutica‘.
Sta lavorando a nuovi test?
‘Stiamo attualmente testando un panel di integratori a base di un attivo comune per confrontarne il profilo di qualità in termini di concentrazione di attivi e rispondenza alle specifiche di disaggregazione. I risultati confermano che tale aspetto è critico per alcuni prodotti e saranno a breve pubblicati in una rivista internazionale con single-blind peer-review‘.
Ylenia Desireè Patti Giammello
Note
(1) Gusev PA, Andrews KW, Savarala S, Tey PT, Han F, Oh L, Pehrsson PR, Dwyer JT, Betz JM, Kuszak AJ, Costello R, Saldanha LG. Disintegration and Dissolution Testing of Green Tea Dietary Supplements: Application and Evaluation of United States Pharmacopeial Standards. J Pharm Sci. 2020 Jun;109(6):1933-1942. doi: 10.1016/j.xphs.2020.02.005. Epub 2020 Feb 18. PMID: 32081719. https://jpharmsci.org/article/S0022-3549(20)30078-2/fulltext
Tecnico di laboratorio, appassionata di produzione e distribuzione di prodotti alimentari, informazione al consumatore e arte culinaria.