Microalghe e insetti sono le prime fonti di proteine a basso impatto ambientale destinate all’impiego in alimenti e mangimi.
La ricerca procede anche in Europa, nell’ambito del programma Horizon 2020. Come è logico e doveroso, nel tentativo di avvicinarsi ai Sustainable Development Goals (SDGs) in Agenda ONU 2030.
Proteine e food security
Le proteine sono essenziali alla vita, nella dieta onnivora come in quella vegetariana e vegana. Alla loro carenza si associano gravi ostacoli allo sviluppo e mantenimento dei vari organi e apparati, con pregiudizi anche irreversibili alle funzioni essenziali.
La malnutrizione è la prima causa di malattie a livello globale, come ribadito nel rapporto Global Syndemic della Commissione EAT di The Lancet. Già nel 2019 affliggeva oltre 1 individuo su 7, secondo i rapporti FAO (Food and Agriculture Organization), WFP (World Food Programme) e WHO (World Health Organization). Ed è destinata ad acutizzarsi a causa della pandemia Covid-19.
Il rapporto ONU The World in 2050 evidenzia come l’attuale disponibilità di proteine debba venire raddoppiata, nelle prossime tre decadi, per sostenere l’aumento della popolazione globale, che si stima raggiungere i 10 miliardi di persone. Duplicare la produzione delle attuali fonti di proteine, animali e vegetali, è però insostenibile.
La pressione degli allevamenti sull’ecosistema è già eccessiva, tenuto conto soprattutto della dipendenza europea da altri continenti, per l’acquisto di materie prime agricole del tutto insostenibili. Come la soia OGM del continente americano, di cui si importano in UE 14 milioni di tonnellate l’anno. (1) Ma esternalizzare rapine delle terre e deforestazioni non risolve certo il problema, a cui anzi si aggiunge l’impatto ambientale dei trasporti oceanici.
La food security – cioè la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari – deve quindi venire affrontata mediante lo sviluppo di colture sostenibili, quali i legumi e la canapa. Nonché attraverso nuove fonti proteiche ad alta efficienza come microalghe, insetti e organismi monocellulari. Il cui tenore proteico può facilmente superare il 50% della massa secca. Spazio dunque alla ricerca.
Microalghe
Le microalghe rappresentano forse la più straordinaria risorsa per nutrire esseri umani e animali. Crescono facilmente in ogni condizione di salinità e temperatura dell’acqua, si riproducono all’infinito con straordinaria efficienza. Le microalghe stanno al cibo come il sole all’energia, ma il loro potenziale è ancora quasi del tutto inespresso.
Horizon 2020 finanzia due progetti di ricerca volti ad ampliare le applicazioni delle microalghe in alimentazione umana e animale, ottimizzare i loro processi produttivi, inserirle in varie categorie di alimenti:
– ProFuture ha l’obiettivo di sviluppare filiere sostenibili per produrre alimenti e mangimi basati su quattro specie di microalghe già impiegate negli alimenti (Arthrospira [Spirulina] platensis, Chlorella vulgaris, Tetraselmis chui e Nannochloropsis oceanica).
Capofila italiano del progetto è la divisione FARE (Food & Agriculture Requirements) di Wiise Srl società benefit (cui fa capo anche GIFT), che ha coinvolto Coop Italia ed Enervit in vista dello sviluppo di alimenti funzionali.
– NextGenProteins studia invece modelli di produzione innovativi ed ecologici, volti a ridurre i consumi di risorse e così i costi di produzione. È il caso, ad esempio, della coltivazione di microalghe a valle di una centrale geotermica in Islanda, portando a valore le sue emissioni di anidride carbonica e le acque in uscita.
NextGenProteins mira altresì a ridurre le barriere (normative, economiche, di mercato) che limitano lo sviluppo di proteine sostenibili. Oltre alle microalghe, il progetto include le proteine monocellulari e gli insetti. Coordinatore è l’islandese MATIS OHF. Partecipano l’Università di Bologna Alma Mater Studiorum, la Cooperativa Agricola GESCO (Amadori), il grossista di prodotti ittici VRM srl di Verona.
Insetti a tavola
Gli insetti rappresentano a loro volta un’ottima fonte di proteine e sali minerali come ferro, potassio, fosforo, calcio. Possono venire allevati usando dal 50% al 90% in meno di terra rispetto al bestiame convenzionale, con circa 100 volte meno emissioni di gas serra. Altro vantaggio, possono venire alimentati con alcuni sottoprodotti della filiera alimentare, favorendo la riduzione degli sprechi.
Nei paesi asiatici, africani e latinoamericani, gli insetti fanno parte della dieta di circa 2 miliardi di persone. In Europa il consumo è avviato da almeno un decennio ma solo in alcuni Paesi, sotto forma di ingredienti (es. farina di grillo in prodotti da forno).
La panoramica delle decisioni delle Authority nazionali di alcuni paesi della UE che abbiamo pubblicato due anni fa è sostanzialmente invariata. Come pure il quadro normativo, anch’esso descritto da questo sito, in Italia e in Europa, dove è ammesso l’impiego mangimistico di insetti solo in acquacoltura.
Tra ostacoli normativi e scarsa vivacità degli operatori, il mercato stenta tuttavia a decollare. A promuovere il cambiamento lavorano due progetti europei:
– il già citato NextGenProtein ambisce anche al superamento delle barriere culturali di gran parte dei consumatori europei. Un‘evoluzione possibile, considerato che già a inizio 2019 1 su 5 dei quasi duemila consumatori da noi intervistati si è dichiarato disposto ad assaggiare prodotti a base di farine di insetti,
– SUSINCHAIN (SUStainable INsect CHAIN) aspira a impartire un’accelerazione alla produzione di insetti per uso alimentare e mangimistico mediante ricerca e sviluppo tesi a ridurre i costi di produzione e aumentare la redditività. Con il dichiarato obiettivo di ottenere la sostituzione delle proteine animali con quelle di insetti in misura del 10% nei mangimi e del 20% negli alimenti per umani, entro il 2025. Obiettivamente irrealistico, considerati i tempi delle procedure di autorizzazione dei relativi Novel Food.
Il progetto SUSINCHAIN è coordinato da Stichting Wageningen Research, una partnership tra Wageningen University e Wageningen Research Foundation. Due realtà di grande prestigio nella ricerca alimentare, basate nei Paesi Bassi, ove il consumo di insetti è autorizzato da molti anni. Partecipano a Susinchain anche l’Università di Torino e l’Università Politecnica delle Marche.
Proteine SMART
Altre fonti proteiche sostenibili e resilienti candidate a nutrire la popolazione provengono da alcune piante comuni (fava, lenticchie, ceci, quinoa), e dall’attività microbica su funghi, lieviti e sottoprodotti o residui dell’industria di trasformazione alimentare (scarti di pane, pasta, birra).
Il progetto Smart Protein ha l’obiettivo di rendere appetibili ai consumatori queste proteine, rendendole graditi ingredienti alimentari. Capofila del progetto è la School of Food and Nutritional Sciences dello University College di Cork, in Irlanda. Partecipano anche due università italiane, quella di Udine e la Libera Università di Bolzano, il cui laboratorio Micro4Food possiede SHIME (Simulator of Human Intestinal Microbial Ecosystem), un ‘intestino artificiale’ grazie al quale i ricercatori valuteranno l’impatto delle proteine Smart sul microbioma e metaboloma del tratto gastro-intestinale.
Marta Strinati e Dario Dongo
Note
(1) Commissione europea, United States is Europe’s main soya beans supplier with imports up by 112%, press release, 7.1.19 https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/IP_19_161