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Conserve, basta un’analisi a rivelare l’origine del pomodoro

Le conserve di pomodoro sono un emblema del Made in Italy alimentare e del dibattito sull’origine delle materie prime in etichetta. Al di là degli strali contro il famigerato ‘concentrato cinese’, pochi si sono però dedicati a verificare con strumenti analitici l’effettiva origine dei pomodori utilizzati nelle varie conserve.

La Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA) di Parma, a onor del vero, ha lavorato per anni alla stesura di un protocollo di analisi pressoché infallibile nel determinare il luogo di coltivazione dei pomodori. (1) Mettendo a punto, nel 2018, una banca dati a disposizione di tutti coloro che intendano eseguire tali indagini. (2)

Non si ha tuttavia notizia dell’adozione di questi strumenti né da parte delle autorità di controllo, né da quell’industria conserviera che potrebbe anche così dare lustro alle proprie produzioni. Vale allora la pena di condividere l’esito della ricerca scientifica, rigorosamente Made in Italy.

L’origine del pomodoro

Il pomodoro è la bacca di una pianta (Lycopersicon esculentum, famiglia delle Solanaceae) nativa delle regioni tropicali e subtropicali del continente americano (probabilmente dagli attuali Messico e Perù). Portato in Europa nel XVI secolo da condottieri spagnoli, si è affermato fino a divenire protagonista dell’agricoltura e della cultura gastronomica – oltreché produttiva – del Bel Paese.

L’Italia è leader assoluto nella produzione di conserve di pomodoro, di cui esprime il 77% del totale a livello planetario (in valore, € 928 milioni circa, elaborazioni Ismea su dati Comtrade 2018). La produzione italiana di pomodori da industria rappresenta invece il 13% del totale, dopo gli USA (California) e a breve distanza dalla Cina, con circa 4,9 su 37 milioni di tonnellate/anno (World Processing Tomato Council, stime  2019).

Origine in etichetta

Il regolamento (UE) 2018/775, come si è visto, prescrive di indicare in etichetta di tutti i prodotti alimentari immessi in vendita in UE l’origine o provenienza dell’ingrediente primario (in quanto >50% ovvero caratterizzante), laddove essa non coincida con il Made in di cui sia fatto vanto, anche mediante rappresentazioni grafiche.

L’origine del pomodoro in etichetta delle conserve che ne contengano più del 50% sul totale è stata poi prevista in un decreto interministeriale italiano. Il DM 16.11.27 è peraltro inapplicabile, in quanto non notificato alla Commissione europea come invece doveroso. (4)

Origine in laboratorio

Ludwig Feuerbach, il padre del materialismo tedesco, viene ricordato per l’aforisma ‘l’uomo è ciò che mangia’. (5) Senza entrare nel merito di tale concetto, tuttora a base della scienza della nutrizione, si annota come lo stesso valga altresì per le piante. Laddove la composizione dei suoli – a partire dagli elementi chimici, in particolare i minerali presenti nei terreni – si riproduce esattamente in alcune piante ivi coltivate.

I ricercatori della Stazione sperimentale di Parma hanno dato seguito a questa intuizione, mediante analisi della composizione minerale delle conserve di pomodoro.  Il primo studio si è basato sulla misurazione dei tenori di 26 minerali (Li, Be, Na, Mg, Al, K, Ca, V, Cr, Mn, Co, Cu, Zn, Ga, As, Rb, Sr, Ag, Cd, In, Cs, Ba, Tl, Pb, Bi, U) in 41 campioni di pomodori originari di 3 Paesi (Italia, Cina e Spagna). L’elaborazione statistica dei dati raccolti ha quindi consentito di identificare, con un livello di precisione pressoché infallibile (99,9%), la provenienza dei pomodori. (1)

Un database delle ‘impronte minerali’ caratteristiche di quattro Paesi di coltivazione (Italia, Spagna, Cina e USA-California) è stato poi messo a punto in un secondo studio scientifico. Grazie alle analisi condotte su 183 campioni di derivati di pomodoro, raccolti in tre diverse annate (2013, 2015, 2017) da organi di controllo dei ministeri delle Politiche agricole e forestali (MiPAAF) e delle Finanze (Agenzia delle Dogane). I quali ne hanno certificato l’origine.

Prospettive

I metodi di campionamento dei prodotti  – sul mercato, da parte di enti terzi indipendenti – e di analisi dei loro contenuti in minerali, sulla base del protocollo elaborato da SSICA, indicano la strada da seguire. Con il duplice obiettivo di prevenire e contrastare le frodi alimentari, da un lato, e di validare l’autenticità dei prodotti mediante integrazione dei rispettivi protocolli di certificazione.

Il protocollo in esame si distingue da precedenti metodi analitici per la sua applicabilità a un’ampia gamma di prodotti. Passate di pomodoro – la cui eventuale sofisticazione (mediante diluizione, anche parziale, di concentrato) può già venire intercettata con altri sistemi – ma anche salse e sughi, polpe pronte e concentrati. Ed è unico nella capacità di identificare con precisione il fingerprint dei vari Paesi di coltivazione. L’analisi del DNA è invero priva di significato, laddove identiche sementi vengano impiegate in diversi areali.

Ulteriori ricerche potrebbero venire condotte per estendere questo approccio analitico ad altre conserve vegetali (ivi comprese quelle di funghi), magari anche ad altri prodotti di prima trasformazione industriale. Peccato soltanto che la parola ‘ricerca‘ non compaia nei bilanci pubblici e privati quanto nelle presentazioni ai convegni.

Essere o apparire?

Dario Dongo

Note

(1) Rosaria Fragni, Antonio Trifirò, Ada Nucci. (2015). Towards the development of a multi-element analysis by ICP-oa_TOF-MS for tracing the geographical origin of processed tomato products. Food Control, 48, 2015, 96-101. doi: 10.1016/j.foodcont.2014.04.027

(2) Rosaria Fragni, Antonio Trifirò, Ada Nucci, Andrew Seno, Alessia Allodi, Matteo Di Rocco. (2018). Italian tomato-based products authentication by multi-element approach: a mineral elements database to distinguish the domestic provenance. Food Control, 93, 2018, 211-218. doi: 10.1016/j.foodcont.2018.06.002

(3) Il comparto del pomodoro da industria. Dati Ismea, OI Pomodoro Nord Italia e OI Centro Sud Italia – agosto 2019. Edagricole, https://terraevita.edagricole.it/wp-content/uploads/sites/11/2019/08/Il-comparto-del-pomodoro-da-industria.pdf

(4) Il 30.3.20 i ministri Teresa Bellanova e Stefano Patuanelli hanno tra l’altro dichiarato, a mezzo comunicato stampa, di avere in quella stessa data firmato un decreto di proroga del DM 16.11.17, che tuttavia non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (v. https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/decreti-origine-pasta-riso-e-pomodoro-nuovi-abusi-da-bellanova-e-patuanelli). Corre voce che l’Ambasciatore Michele Quaroni, rappresentante permanente aggiunto dell’Italia presso l’UE, abbia informato la Commissione europea in merito al decreto 30.3.20, senza neppure precisare i motivi che giustificherebbero una disposizione nazionale su una materia espressamente armonizzata a livello UE (come invece prescritto dal reg. UE 1169/11, articoli 45.1 e 39.2. V. anche art. 38.1). La trasparenza non è di casa, a Roma come a Bruxelles. In ogni caso, quand’anche fossero trascorsi i tre mesi di standstill period previsti dalle regole UE, la legittimità del DM 30.3.20 risulterebbe dubbia. Senza trascurare il principio di irretroattività di norme non ancora pubblicate in Gazzetta Ufficiale che, nei bizzarri decreti ministeriali, avrebbero dovuto prorogare un decreto illegittimo ab origine la cui efficacia temporale avrebbe comunque avuto termine, al più tardi, l’1.4.20. Anzi l’1.6.18, data di entrata in vigore del reg. UE 2018/775, posto che la precedente proroga era a sua volta incostituzionale per palese contrasto con le Preleggi (v. https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/decreti-origine-ultimo-atto)

(5) La celebre frase venne introdotta da Ludwig Feuerbach nella recensione al ‘Trattato dell’alimentazione per il popolo’ di Jakob Moleschott, medico e fisiologo olandese, pubblicato in Germania nel 1850

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