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Alternative alla plastica? La denuncia di Greenpeace

Il Mediterraneo è un mare di plastica e microplastiche, come documentato nel rapporto 9.10.9 di ISPRA . E le ‘soluzioni’ proposte da Big Food sono false, lontane dall’affrontare una delle cause primarie dell’inquinamento marino. Gli imballaggi alimentari, appunto. La denuncia di Greenpeace, nel rapporto ‘Il Pianeta usa e getta. Le false soluzioni delle multinazionali alla crisi dell’inquinamento da plastica’, presentato il 7.10.19.

Plastica, la denuncia di Greenpeace a Big Food

Greenpeace denuncia l’approccio dei colossi agroalimentari verso la crisi dell’inquinamento da plastica. I materiali d’imballaggio alternativi – come carta e bioplastiche – e il riciclo non bastano, non risultano a loro volta sostenibili e sono causa di ulteriori problemi da affrontare per la salvaguardia dell’ambiente.

La soluzione va invece ricercata nel superamento del modello di consumo ‘usa e getta’.

Le grandi aziende degli alimenti e delle bevande devono dare priorità alla riduzione, impegnandosi pubblicamente ed immediatamente ad eliminare la plastica monouso, partendo dalle tipologie di packaging superflue e più problematiche per il riciclo, riducendo il numero di imballaggi e contenitori in plastica immessi sul mercato.

Investire in sistemi di consegna alternativi basati sullo sfuso e sulla ricarica. Essere trasparenti, divulgando pubblicamente i dati sulla produzione di plastica monouso, includendo il numero di pezzi, composizione e peso degli imballaggi in plastica’. (Greenpeace, v. nota 1).

Carta, materiali biodegradabili e riciclo, cosa non funziona

La sola sostituzione della plastica con materiali alternativi non basta. La carta, secondo Greenpeace, avrebbe un elevato impatto ambientale poiché proviene dal legno e dalle foreste. Le bioplastiche a loro volte proverrebbero da colture agricole, secondo la ONG ambientalista.

‘Biodegradabile’ è a sua volta un concetto che si presta a generare confusione, secondo Greenpeace. Poiché alcuni materiali – sebbene qualificati come ‘biodegradabili’, dal punto di vista tecnico – richiedono condizioni di temperatura e umidità peculiari, raramente presenti in natura. ‘In pratica, se dispersi nell’ambiente possono dar luogo agli stessi problemi dei prodotti in plastica tradizionale’, si legge nel rapporto.

Il riciclo a sua volta è una soluzione parziale, poiché non è detto che venga effettivamente adottato, quando pure i materiali vi siano predisposti. Come noi stessi abbiamo denunciato, nel caso emblematico delle capsule di caffè.

Per alcune plastiche realmente riciclabili come il Polietilene tereftalato (PET) e il Polietilene ad alta intensità (HDPE) i tassi di riciclo sono ancora spaventosamente bassi. Solo la metà del PET venduto viene raccolto per essere riciclato, e solo il 7 per cento delle bottiglie raccolte per il riciclo sono trasformate in nuove bottiglie.

Gran parte del packaging in plastica è soggetto a ‘downcycling’. Invece di essere utilizzato per nuovi imballaggi in plastica riciclata, viene riprocessato per prodotti di qualità inferiore non riciclabili. Inoltre, negli ultimi anni è cresciuta la quantità di packaging composto da diversi materiali (poliaccoppiati) difficili, se non impossibili, da riciclare’.

Imballaggi e inquinamento, quali soluzioni?

Per risolvere il problema dell’inquinamento da plastica, le grandi aziende devono ridurre drasticamente la produzione di usa e getta, investendo in sistemi di consegna dei prodotti basati sul riuso e sulla ricarica e che non prevedano il ricorso a packaging monouso’ (Giuseppe Ungherese, Greenpeace, responsabile campagna inquinamento).

L’approccio di Greenpeace è provocatorio, utile a stimolare una riflessione di ampio respiro su modelli di consumo compulsivi e insostenibili. Una riflessione sulla quale non si può che essere d’accordo, tenendo a mente la scala di Lansink – meglio nota come ‘gerarchia dei rifiuti’ – che è alla base dell’economia circolare.

Il sistema di riutilizzo e ricarica degli imballaggi alimentari, peraltro, deve fare i conti con le esigenze di sicurezza alimentare. Le quali possono venire facilmente garantite su alcune categorie di prodotti – come gli alimenti secchi e le bevande di origine vegetale – ma non su altre.

Il miglior imballaggio

Il miglior imballaggio è quello che non c’è (Stanislao Fabbrino, Presidente e AD di Fruttagel, al Green Retail Forum 2019)

Il riutilizzo è senza dubbio la via da privilegiare e promuovere. È ancora possibile sulle bottiglie in vetro ad esempio. Oltreché per i contenitori destinati alla ricarica, i quali sono oggi usati soprattutto per i detergenti ma potrebbero trovare nuove applicazioni, con un minimo d’innovazione creativa anche da parte della GDO in Italia. Dai legumi – rigorosamente italiani – alla pasta, tanto meglio se di grano italiano. Fino alle bevande, come i succhi di frutta e l’acqua minerale, e i condimenti (oli e aceti).

I servizi di ricarica potrebbero venire offerti a domicilio, per risparmiare i consumatori dall’onere e la memoria di portare in giro i contenitori da riempire. E i loro costi venire compensati, almeno in parte, dal risparmio sull’impatto ambientale degli imballaggi. I cui costi, grazie alla direttiva SUPs (Single-Use Plastics), ricadono in parte sui produttori stessi.

Il riciclo non può peraltro venire trascurato. Va anzi promosso, mediante sistemi di deposito con cauzione da imporre per legge. I quali possono tra l’altro venire automatizzati grazie ad apposite ‘stazioni di raccolta’, da collocare presso i punti vendita. Le c.d. RVM (reverse vending machine) hanno consentito di raggiungere risultati straordinari, fino a intercettare il 90% del PET rifiuti in soli due anni in Lituania ad esempio. (2) Ed è questa l’unica soluzione di breve termine per raggiungere gli obiettivi di raccolta delle bottiglie in plastica stabiliti nella direttiva SUPs, 77% al 2025 e 90% al 2029.

Dario Dongo e Sabrina Bergamini

Note

(1) Greenpeace (2019). Il Pianeta usa e getta. Le false soluzioni delle multinazionali alla crisi dell’inquinamento da plastica

(2) Si vedano al riguardo i preziosi articoli di Silvia Ricci per l’Associazione dei Comuni Virtuosi, su https://comunivirtuosi.org/argomenti/approfondimenti/, https://comunivirtuosi.org/sistemi-deposito-le-bevande-fanno-bene-alleconomia-allambiente-alle-casse-comunali/

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