Meglio scegliere i taglieri in plastica o in legno, per ridurre i rischi di contaminazione batterica in cucina? Al quesito risponde il test condotto da K-Tipp, rivista dei consumatori svizzeri.
12 taglieri in plastica e in legno alla prova
I tecnici hanno simulato l’uso domestico di 12 taglieri in plastica e in legno. Le prove, durate 15 giorni, hanno valutato e confrontato ogni caratteristica essenziale alla destinazione d’uso. Robustezza, maneggevolezza, resistenza agli odori e alle macchie e sicurezza igienica.
La prova sulla sicurezza igienica è stata condotta sminuzzando carne cruda (di pollo e suino) sul tagliere, provvedendo ogni volta a lavarlo secondo le pratiche comuni nelle nostre case: acqua calda, sapone e spugna. E misurandone infine lo stato e la carica batterica.
La contaminazione batterica
L’igiene degli utensili e dei materiali a contatto con gli alimenti (MOCA) impiegati in cucina, come i taglieri, è uno degli aspetti determinanti nella sicurezza alimentare. Specie nella manipolazione di carne cruda, spesso contaminata da due batteri patogeni:
– salmonella, molto diffusa sulle carni di pollame (pollo e tacchino), seguite da quella di suino, causa nell’uomo una gastroenterite che nei bambini molto piccoli, negli anziani e nelle persone immunodepresse può persino assumere un andamento più severo, di tipo sistemico, come abbiamo visto,
– campylobacter, il patogeno più diffuso in Europa, è prevalente sulle carni di pollame. La tossinfezione che causa nell’uomo può essere particolarmente pericolosa per neonati e bambini in età prescolare, come riportato nel precedente articolo.
Entrambi i patogeni vengono disattivati cuocendo l’alimento a 70 °C. Ma possono sopravvivere sugli utensili e contaminare altri cibi.
Le altre caratteristiche testate
La resistenza all’usura – la robustezza – è stata sintetizzata analizzando al termine del test le condizioni dei taglieri sottoposti al lavoro di una lama pesante 1 kg (una simulazione del lavoro manuale di sminuzzamento degli alimenti).
Il test sulla permeabilità ai coloranti naturali (molto persistenti) degli alimenti è stato condotto usando delle barbabietole, tagliate a cubetti e lasciate sui taglieri per un’ora a impregnarne la superficie. Come per la prova con la carne cruda, è seguito il lavaggio con acqua calda, detersivo e spugna.
La persistenza degli odori è stata invece condotta tagliando 1 kg di cipolle e lasciandole per un’ora sulla superficie dei taglieri, lavata infine come già descritto.
La valutazione della maneggevolezza, infine, ha tenuto conto della ergonomia dei taglieri (la presenza di fori per impugnarli) e della sicurezza d’uso (angoli taglienti, etc.).
Il migliore del test
Il modello più apprezzato è un tagliere in bambù ‘Cucina e Tavola’ venduto da Migros. I tecnici l’hanno definito il prodotto più robusto e pratico, grazie alla presenza di bordi in gomma antiscivolo e alle scanalature di raccolta dei liquidi, altrimenti destinate a sporcare il piano di lavoro.
Il bambù è sempre più diffuso negli oggetti per il contatto con gli alimenti (MOCA). A questo materiale, il governo indiano ha dedicato apposite linee guida di sicurezza, come abbiamo riferito.
I taglieri in plastica e legno di Ikea
Il secondo classificato è un tagliere di Ikea (Proppmätt) in legno di faggio, disponibile anche in Italia: al termine del test è risultato il prodotto con il minor numero di batteri.
Al contrario, su un altro tagliere di Ikea, stavolta in plastica (Legitim), le analisi hanno evidenziato il maggior numero di germi del campione.
Gli svantaggi della plastica
Il tagliere in plastica di Ikea non è un’eccezione. Anche quelli (in plastica) di Manor, Spar e Landi erano fortemente contaminati da batteri alla fine del test.
Ciò dipende, secondo i tecnici, dalla specificità del materiale. Dopo due settimane di lavoro, su tutti i taglieri in plastica erano presenti numerosi tagli. Solchi all’interno dei quali si depositano i residui di cibo e i germi, di difficile rimozione. Per questo, i taglieri in plastica dovrebbero essere lavati in lavastoviglie a temperatura elevata (almeno 65 °C) e venire sostituiti frequentemente.
Altro difetto è che la plastica è dura e liscia. Quando si cercava di tagliarvi sopra la carne con forchetta e coltello, l’alimento e gli utensili scivolavano via. Il legno, più morbido, evita questo inconveniente. E protegge anche la lama del coltello.
I difetti del legno
I taglieri in legno hanno però un altro difetto. Dopo due settimane di usura e lavaggio con acqua calda, tutte le tavole si sono incurvate.
Male anche la resistenza ai coloranti. Alla prova del taglio di barbabietola sono rimasti indenni solo 3 taglieri su 6. Nessuna macchia, invece, su quelli in plastica.
La permanenza dell’odore al termine del test con la cipolla non ha invece fatto da spartiacque tra legno e plastica. Privi di odore sono risultati solo il tagliere in legno di Ikea e quello in plastica di Migros.
Pulizia e manutenzione
Per facilitare le operazioni è molto utile scegliere un tagliere con un foro che consenta di impugnarlo e manipolarlo facilmente. Ciò è utile anche per girare il tagliere e mantenere l’igiene mentre si cucina.
Come detto, mai porre a contatto alimenti da consumare crudi con la superficie sulla quale è stata tagliata carne cruda.
La manutenzione dei taglieri in legno
Alcuni accorgimenti nella manutenzione mantengono in efficienza e sicurezza i taglieri in legno.
Per proteggerli da odori, coloranti e germi, i taglieri vanno puliti con acqua molto calda subito dopo l’uso. In caso di macchie e odori forti, due opzioni:
– strofinare energicamente la superficie con una spazzola – usando sapone o aceto – sotto l’acqua calda corrente nella direzione delle venature. Utile anche per rimuovere completamente ogni residuo di cibo,
– cospargere uniformemente la tavola di sale e strofinarvi mezzo limone. Poi sciacquare con acqua calda e asciugare accuratamente.
La durata del legno può essere prolungata con una levigatura regolare. Utile allo scopo è anche strofinare la tavola con olio da cucina, ad esempio olio di lino, poco aromatico. In questo modo vengono riempiti tagli e crepe, riducendo il rischio igienico.
Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".