La rete IPEN (International Pollutants Elimination Network), impegnata per l’eliminazione delle sostanze chimiche tossiche, ha analizzato i contenuti di PFAS in 119 campioni di imballaggi alimentari e stoviglie monouso raccolti nei fast-food e negozi di 17 Paesi in Asia, Africa, Europa, America Latina e Caraibi. (1,2)
PFAS nei contenitori alimentari
Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) vengono ancora utilizzate per rendere impermeabili ad acqua e olio sia le stoviglie monouso utilizzate dai fast-food, sia gli imballaggi e incarti per alimenti, sia le padelle.
La tossicità per l’uomo delle PFAS è tuttavia dimostrata da numerosi studi. Causano danni a fertilità, sviluppo fetale e funzione dell’ormone tiroideo. Interferenza endocrina, cancerogenesi, genotossicità.

Tossicità acclarata
La IARC, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha di recente classificato due tra le sostanze PFAS più note, PFOA e PFOS, come ‘cancerogeno per l’uomo’ e ‘possibile cancerogeno per l’uomo’ rispettivamente. (3)
L’impatto sull’ambiente è catastrofico. Le PFAS sono state definite ‘forever chemicals’ proprio per la loro straordinaria resistenza al degrado. Inquinano così per sempre l’acqua e i suoli, per venire da questi trasferite all’uomo attraverso gli alimenti. (4)

L’indagine IPEN
IPEN ha fatto analizzare 119 materiali a contatto con gli alimenti (MOCA o FCM, Food Contact Materials) prelevati presso le principali catene globali e nazionali del fast-food e nei negozi di 17 Paesi.
Il campionamento di questi contenitori monouso include:
- involucri di carta per fast-food (i.e. cartocci delle patatine fritte),
- sacchetti di popcorn da cuocere nel microonde,
- scatole monouso compostabili a base vegetale (canna da zucchero e amido di mais) per cibi da asporto,
- stoviglie usa e getta,
- contenitori in cartone per alimenti grassi,
- imballaggi in carta riciclata per alimenti non grassi.
Il risultato delle analisi
Le analisi di laboratorio hanno dimostrato, tra l’altro, che
- il 54% degli imballaggi e le stoviglie analizzati (64 campioni su 119) contiene PFAS aggiunti intenzionalmente e/o derivati da contaminazione (e.g. carta riciclata, 4 campioni su 12 positivi ai test),
- la presenza di PFAS riguarda anche i contenitori e le stoviglie monouso forniti dai colossi globali del fast-food (tra cui McDonald’s, KFC, Burger King, Subway, Starbucks e Dunkin’s Donuts),
- gli imballaggi in cui i PFAS sono stati rilevati più frequentemente sono i sacchetti di popcorn da cuocere nel microonde (24 campioni su 28),
- i campioni contenenti PFAS provengono da tutti i 17 Paesi inclusi nell’indagine, con una maggiore prevalenza in Medio Oriente e Nord Africa,
- le concentrazioni più elevate di PFAS riguardano i prodotti monouso in fibra modellata a base vegetale (canna da zucchero o amido di mais). Ciotole, piatti e contenitori per alimenti pubblicizzati come biodegradabili o compostabili,
- FTOH 6:2, tra i 21 PFAS identificati, è il più diffuso nonché presente nelle concentrazioni più elevate.
Il doppio standard di McDonald’s
L’indagine di IPEN smaschera il doppio standard adottato da McDonald’s. I contenitori distribuiti in India, Marocco o Argentina sono privi di PFAS. Sostanze chimiche tossiche invece presenti – in quanto aggiunte intenzionalmente – nei FCM campionati nelle Filippine e in Giordania.
Il divieto di impiego di queste sostanze tossiche negli imballaggi alimentari è ancora raro. Si sono attivati in questa direzione solo uno su 27 Stati membri in UE (la Danimarca) e 12 su 50 Stati in USA (California, Colorado, Connecticut, Hawaii, Maryland, Maine, Minnesota, New York, Oregon, Rhode Island, Vermont e Washington).
Nuovi PFAS, maggiori rischi
La sostituzione delle sostanze PFAS più datate (e studiate) con nuove soluzioni non sembra una misura rassicurante. (5)
‘A causa della graduale regolamentazione dei PFAS a catena lunga, questi sono stati sempre più sostituiti con sostituti dei PFAS a catena corta.
Nonostante il loro minore potenziale di bioaccumulo, i PFAS a catena corta destano crescente preoccupazione poiché sono onnipresenti nell’ambiente, anche nelle aree remote.
I PFAS a catena corta sono ancora più persistenti e mobili nell’acqua rispetto ai PFAS a catena lunga e quindi possono comportare maggiori rischi per l’ambiente e la salute umana’, spiega lo studio IPES.
Raccomandazioni
IPES fa appello ai governi e a tutti gli operatori responsabili della diffusione delle PFAS, affinché tali sostanze vengano bandite dai materiali a contatto con gli alimenti. Ai fast-food che li hanno eliminati chiede di pubblicizzare la natura PFAS-free dei loro contenitori.
Ai consumatori, IPES ricorda che quando si acquista cibo take-away conviene portare da casa i contenitori riutilizzabili. E che è errato smaltire i contenitori monouso in fibra vegetale nel secchio dell’organico, anche se proposti come compostabili, perché tali prodotti sono spesso trattati con PFAS.
Marta Strinati
Note
(1) Single-Use Food Packaging from 17 Countries Contains PFAS “Forever Chemicals”. IPEN 13.12.23 https://ipen.org/news/single-use-food-packaging-17-countries-contains-pfas-%E2%80%9Cforever-chemicals%E2%80%9D
(2) L’indagine è stata condotta da IPEN assieme alle organizzazioni nazionali AEEFG (Tunisia), CARPIN (Jamaica), CEPHED (Nepal), CZWDA (Zambia), Ecowaste Coalition (Philippines), FECC (Egypt), LPD (Benin), Green Home (Montenegro), Ayadi (Jordan), IDIS (Philippines), JVE (Cameroon), KWA) (Kuwait), AMSETox (Morocco), OUSANEG (Mexico), Taiwan Watch Institute (Taiwan), Taller Ecologista (Argentina), Together (Iraq), e Toxics Link (India)
(3) Marta Strinati. Le sostanze PFAS sono cancerogene, la conferma di IARC. GIFT (Great Italian Food Trade). 3.12.23
(4) Marta Strinati, Dario Dongo. PFAS nell’acqua piovana e negli alimenti, urge un bando globale. GIFT (Great Italian Food Trade). 26.8.22
(5) Dario Dongo, Gabriele Sapienza. PFAS, rischi emergenti sulla sostanza alternativa GenX. GIFT (Great Italian Food Trade). 9.10.23

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".