Le responsabilità di Big Food per la continua crescita dei consumi di materiali plastici – con impatto anche sull’emergenza climatica, come si è visto – e l’inquinamento da plastica riemergono con evidenza nel recentissimo studio dell’Università del Queensland (Phelan et al., 2022). (1)
Inquinamento da plastica, il peso degli imballaggi alimentari
I ricercatori australiani hanno condotto una revisione sistematica di 68 rapporti di ‘sostenibilità’ aziendale (CS, Corporate Sustainability) per esaminare le azioni di Big Food contro l’inquinamento da plastica.
Le Corporation sotto esame sono i primi venditori globali di cibo e bevande, con un fatturato complessivo pari a circa 784 miliardi di dollari. Dal campione sono stati esclusi i produttori di alcolici, quasi sempre confezionati in vetro o alluminio.
Greenwashing impunito
L’analisi dei rapporti di sostenibilità aziendale è stata focalizzata sulla ricerca e analisi di ogni richiamo ai concetti di ‘inquinamento da plastica’, ‘strategie di imballaggio sostenibile’ e ‘responsabilità del produttore’. E gli impegni (229 menzioni), ça va sans dir, prevalgono sulle azioni (198 richiamo).
‘I risultati mostrano che la transizione verso imballaggi sostenibili nel settore alimentare e delle bevande è lenta e incoerente.’ (1)
I ricercatori annotano oltretutto l’attuale carenza di regole che consentano di affermare ‘la responsabilità delle industrie per il mancato rispetto degli impegni da essi assunti su base volontaria’. Sebbene in alcuni Paesi, come si è visto, il greenwashing possa venire punito quale pubblicità ingannevole. (2)
Gli oneri a carico del consumatore
Big Food appare concentrata sull’informazione relativa alla raccolta differenziata, anziché sulla riduzione dei consumi e la progettazione di imballaggi sostenibili. Come tra l’altro prescritto in UE dalla direttiva SUP (Single Use Plastics).
Lo studio annota perciò di fatto una delega di responsabilità sulla gestione dell’imballaggio interamente a carico del consumatore. Una delega peraltro impropria, nonché priva di valore nei Paesi tuttora privi di un efficiente sistema di raccolta dei rifiuti plastici.
Giochi di parole
La maggior parte dei rapporti CS non affronta il tema dell’inquinamento da plastica. In riferimento agli imballaggi in plastica, evitano di utilizzare parole con una connotazione percepita negativa come ‘rifiuto’ e ‘inquinamento’.
Tra i pochi esempi positivi, i ricercatori indicano quelle aziende che usano propriamente i termini del fenomeno:
– 6 imprese (9%) riferiscono all’inquinamento da plastica,
– 9 (13%) citano l’inquinamento di plastica oceanico o marino,
– 12 (18%) richiamano la plastica monouso.
Le aziende che affrontano il tema dell’inquinamento da plastica nel rapporto di sostenibilità aziendale menzionano anche il cambiamento climatico, la perdita di cibo e altre sfide sociali.
La classifica
Dall’analisi degli impegni, degli obiettivi, dei finanziamenti e delle azioni concrete riferiti nei rapporti CS, i ricercatori hanno ricavato 5 tipi di comportamento aziendale rispetto al fenomeno dell’inquinamento da plastica:
1) Da minimo a nessun riconoscimento e nessuna reattività
È il comportamento di più della metà (57%) delle aziende esaminate, che di fatto ignora il fenomeno dell’inquinamento da plastica. Vi compare Ferrero, unica multinazionale italiana considerata nello studio (sebbene con sede in Lussemburgo, con regime fiscale più leggero di quello italiano).
2) Riconoscimento debole e reattività debole
È il profilo di 15 aziende (22%), che non riconoscono l’inquinamento da plastica, direttamente o indirettamente, nei loro rapporti CS.
3) Riconoscimento forte e reattività debole
8 aziende (12%) dimostrano una consapevolezza del problema che però non affrontano con decisione. Si tratta di Fonterra, Friesland Campina, Grupo Bimbo, Kellogg’s Company, Keurig Dr Pepper, Kirin Holdings, Nestlé Malaysia e Nestlé India,
4) Riconoscimento forte e reattività forte
È il profilo di 3 big: PepsiCo, Mars e Danone, impegnati concretamente nell’incremento di plastica riciclata e nella riduzione di impiego di plastica vergine negli imballaggi.
5) Forte riconoscimento, forte reattività e leadership
Altri 3 colossi Unilever, Nestlé e The Coca-Cola Company hanno assunto la leadership sulla questione. Nei loro rapporti CS compaiono obiettivi, azioni, iniziative e impegni rispettati.
Proprio questi ‘virtuosi’, del resto, sono i più consolidati inquinatori globali con imballaggi in plastica. Un circolo vizioso.
Conclusioni provvisorie
L’inquinamento da plastica degli ecosistemi acquatici e terrestri rappresenta, a livello globale, una delle più gravi crisi ambientali tuttora prive di soluzioni concrete. Con impatto nocivo sulla salute umana e animale, per l’esposizione a micro e nanoplastiche. E la Commissione europea, come si è visto, è in procinto di rivedere solo in parte la Marine Strategy Framework Directive (MSFD).
La responsabilità estesa dei produttori, pur considerata nella direttiva SUP (Single-Use Plastics), non appare tuttavia sufficiente a risolvere l’obiettivo primario di ridurre l’impiego dei materiali. Un’iniziativa politica è perciò indispensabile per raggiungere obiettivi misurabili in questa direzione, che si trova al vertice della scala di Lansink, il modello dell’economia circolare. Il riutilizzo deve altresì venire incentivato, anche con misure fiscali, attraverso schemi di deposito con cauzione già sperimentati con successo in alcuni Stati membri UE.
#SDG3, #SDG12, #SDG14, #SDG15
Marta Strinati e Dario Dongo
Immagine di copertina da ZeroWasteEurope
Note
(1) Anya Phelan, Katie Meissner, Jacquelyn Humphrey, Helen Ross (2022). Plastic pollution and packaging: Corporate commitments and actions from the food and beverage sector, Journal of Cleaner Production, Volume 331, 2022, https://doi.org/10.1016/j.jclepro.2021.129827
(2) Dario Dongo, Giulia Orsi. Green claim vs greenwashing e pubblicità ingannevole, linee guida dell’Antitrust in UK. GIFT (Great Italian Food Trade). 25.6.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/green-claim-vs-greenwashing-e-pubblicità-ingannevole-linee-guida-dell-antitrust-in-uk