Walmart, il primo gruppo mondiale nel settore retail, con filiali in ogni parte del globo, scivola ancora sul tema della responsabilità sociale. Questa volta in casa propria, negli USA, per minacce e ritorsioni a danno dei lavoratori, sanzionate dal ‘Nation Labour Relations Board’.
L’Agenzia Federale – intervenuta a seguito dei licenziamenti di alcuni dipendenti che avevano protestato contro condizioni lavorative e salari iniqui – ha condannato Walmart al loro reintegro e al risarcimento dei danni. Niente di nuovo per il colosso USA del ‘retail’, che ha purtroppo una lunga storia di ‘violazioni delle leggi a tutela dell’ambiente, della salute dei clienti e dei lavoratori’.
Walmart ha raccolto negli anni una serie di denunce negli Stati Uniti, anche per lo sfruttamento degli immigrati e le discriminazioni dei lavoratori, e in Messico per corruzione di pubblici ufficiali. Contestazioni pure in Bangladesh, per imperdonabile disattenzione alla sicurezza sul lavoro nella fabbrica che produceva i vestiti per i negozi Walmart a Rana Plaza, ed è crollata in aprile 2013 causando la morte di 1.100 persone.
17 miliardi di US$ di profitto evidentemente non bastano, agli ingordi vertici del gigante USA, per iniziare a guardare alla vita intorno, e a quella che seguirà. No, grazie.