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Responsabilità amministrativa d’impresa nella filiera alimentare

Responsabilità amministrativa d’impresa per i reati commessi nel suo interesse. Un tema da approfondire.

Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, d.lgs. 231/2001

Il d.lgs. 231/2001 ha superato il principio illuministico secondo cui ‘la società non può delinquere’ e la responsabilità penale si incardina sulla persona fisica. L’interesse privatistico di un ente collettivo, del resto, si è spesso rivelato e tuttora si conferma animare non poche azioni criminali.

La responsabilità amministrativa dell’ente deriva dall’affermazione di responsabilità penale di alcuni soggetti, per avere commesso determinati reati (i c.d. reati-presupposto) nell’interesse o a vantaggio dell’ente. 

I reati-presupposto sono quelli tipici dei ‘colletti bianchi’, dalla corruzione all’infinito percezione di contributi pubblici, truffa ai danni della pubblica amministrazione sui vari livelli (locale, nazionale, europeo). Oltre ai reati societari e, come vedremo, la frode in commercio. (1)

Gli autori dei reati possono essere coloro che esercitano funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente. O la gestione e il controllo, anche solo di fatto. Nonché le persone loro ‘sottoposte’, che eseguono incarichi sotto la direzione o la vigilanza dei soggetti apicali.

L’illecito attribuito all’ente scaturisce quindi da politiche aziendali criminali o carenti nella governance. Allorché la persona giuridica non sia stata in grado di prevenire la realizzazione del reato, mediante un efficace modello di organizzazione. 

Il giudice può valutare il modello di organizzazione e se del caso escludere la responsabilità dell’ente. Nella remota ipotesi di assoluta imprevedibilità e ineluttabilità dell’evento criminoso. A fronte di un sistema di controllo ben progettato e attuato in concreto, con l’ausilio di un apposito organismo, il c.d. comitato di vigilanza.

Delitto di frode in commercio e responsabilità amministrativa d’impresa

I delitti di frode in commercio e vendita di sostanze non genuine come genuine sono quelli da vigilare con maggiore scrupolo, nell’ambito della filiera alimentare. (2) Proprio in quanto tali reati possono intervenire nelle attività proprie degli operatori, dalle sementi alla tavola.

Da 231 a 231. Il decreto legislativo del 2001 ha introdotto la responsabilità degli enti per i reati commessi a loro vantaggio, quello del 2017 ha ribadito la preminenza della legge penale qualora le informazioni al consumatore integrino il delitto di frode, ovvero altri. (3) 

La responsabilità del distributore è cruciale. In entrambi i casi di retail fisico e online, il venditore può infatti venire chiamato a rispondere a titolo di concorso nei delitti di frode

Il legale rappresentante della GDO (4) può dunque venire coinvolto nel procedimento penale per non avere impedito la vendita di prodotti difformi rispetto a quanto promesso, (5). E avere viceversa partecipato alla realizzazione dell’ingiusto profitto, atteso che un non trascurabile margine sul prezzo finale del prodotto viene maturato proprio dal distributore, anche in ipotesi di frode.

Frode in commercio e rischio d’impresa

Il rischio più grave per l’organizzazione è dunque quello di venire coinvolta nel procedimento penale a carico di suoi rappresentanti o loro delegati, subendo la condanna a una pena amministrativa anche esemplare per la frode in commercio commessa a proprio vantaggio. (6)

Per evitare di incorrere nella responsabilità, l’organizzazione deve adottare idonee procedure di verifica delle informazioni che accompagnano gli alimenti, sia sui prodotti MDD (Marca del distributore, o private label), sia su quelli IdM (Industria di Marca). 

I controlli devono essere sistematici e preventivi. Senza prescindere dall’esame delle schede tecniche delle merci, proprio per prevenire la vendita di ‘aliud pro alio’. (7) Né trascurare il valore degli audit di seconda parte, anche in alternativa alle certificazioni, per consolidare l’affidamento su tutti i fornitori, senza sconti per nessuno.

Dario Dongo e Pier Luigi Copparoni 

Note

(1) I reati-presupposto da cui può scaturire la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche sono indicati nel d.lgs. 231/01 e successive modifiche (da ultimo apportate mediante legge 179/17)

(2) Cfr. d.lgs. 231/01, articolo 25 bis1, e codice penale, articoli 515 e 516

(3) Per approfondimenti si fa richiamo al nostro ebook gratuito ‘1169 pene. Reg. UE 1169/11, notizie sui cibi, controlli e sanzioni’, su https://www.greatitalianfoodtrade.it/libri/1169-pene-e-book-gratuito-su-delitti-e-sanzioni-nel-food

(4) Il legale rappresentante può venire manlevato da responsabilità solo ove il giudice riscontri l’esistenza di una effettiva delega di poteri, prima ancora che di responsabilità, a favore di collaboratori dotati delle competenze necessarie

(5) A fronte del preciso dovere di astenersi dalla vendita dei prodotti di cui si conosca o anche solo si abbia motivo di sospettare la non-conformità alle norme in vigore. Si veda al proposito il reg. UE 1169/11, articolo 8.3

(6) Fatta salva la sola, remota ipotesi in cui si dimostri che il reo abbia agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi. Nel caso, ad esempio, di corruzione privata di un amministratore delegato, un dirigente o un buyer della GDO che accetti indebite regalie per favorire l’accesso e l’inserimento a scaffale di prodotti fuorilegge. Venendo così meno, tra l’altro, agli obblighi di fedeltà presso il suo datore di lavoro

(7) La vendita di ‘aliud pro alio’, cioè di una cosa al posto di un’altra, coincide infatti con la fattispecie materiale del delitto di frode in commercio di cui all’articolo 515 del codice penale

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