Estate calda, scarsa propensione ai fornelli, bisogno di rientrare a casa ogni tanto per nutrirsi e riposare. Toccherà fare un giro al supermercato e affrontare gli scaffali. Qualche spunto a seguire.
1. Frutta e verdura al primo posto. Almeno cinque porzioni al giorno, sette ancor meglio secondo recenti studi, per una dieta salutare. Vitamine naturali, antiossidanti, fibre e quant’altro. Biologico è da preferire, per evitare i residui di pesticidi come il glifosato e di altre sostanze chimiche. Olio extravergine d’oliva, preferibilmente italiano, e una manciata di semi (come lino, girasole, sesamo, zucca, canapa) per condire l’insalata, un po’ di frutta secca con guscio a corredo di quella fresca, e salute sia!
2. Proteine, con varietà e senza esagerare. Messi da parte i falsi miti delle diete iper-proteiche, è bene piuttosto integrare l’apporto degli aminoacidi alternando le fonti di proteine. Via libera dunque alle uova allevate a terra, magari sode, tonno e sgombro sott’olio, rigorosamente da pesca sostenibile, la mortadella di solo suino italiano, eccetera. Ai vegani i mix di cereali e legumi, come seitan (grano) e tofu (soja), riso e ceci in insalata.
3. Cereali e dunque carboidrati, risorsa primaria di energia nella dieta mediterranea. Per il corpo, e il buonumore. Ma il solo pensiero dell’acqua che bolle allontana l’idea della pasta o riso. Guardiamo allora a pane e sfarinati. L’offerta è ampia, proviamo a orientarci guardando all’etichetta, la carta d’identità dei prodotti alimentari:
– Pane integrale o ‘con farina integrale’? Il cereale integro è da preferire, per la naturale ricchezza in fibre – solubili e insolubili – e il germe, che si ritrova a caro prezzo in alcuni integratori. Ma bisogna verificare che il pane sia integrale al 100% e sia davvero tale. Non è così quando compaiono in lista ingredienti farine raffinate (tipo 0 e 00), e magari pure la crusca. In quest’ultimo caso non si tratta di un ‘integrale’ vero ma piuttosto di un ‘dis-integrato’ e ‘ricostituito’, che è cosa ben diversa.
– Farine ‘poco raffinate’, multi-cereali. Le farine di tipo 1 e di tipo 2 sono soggette a una macinazione più grezza, un valido compromesso tra le ‘polveri sottili’ (come la finissima 00) e l’integrale. I cereali variano, dal superlativo grano duro pugliese al più modesto grano tenero, fino al farro dell’antichità e alla moda del khorasan (Kamut TM). A volte si aggiungono grano saraceno, avena, orzo, segale, utili ad ampliare il patrimonio dei micro-nutrienti, ma raramente in grado di giustificare prezzi stellari.
– ‘Gluten-free’. Quando poi vediamo farine di riso e di mais, è facile imbattersi in diciture del tipo ‘senza glutine’, spesso col simbolo della spiga sbarrata. Seguire una dieta rigorosamente priva di glutine è l’unica cura disponibile per i pazienti celiaci, i quali devono perciò stare molto attenti nel fare la spesa, e soprattutto nei pasti fuori casa. Ma per gli individui sani, il ‘gluten-free’ è una vera sciocchezza. Tenuto conto che il glutine, la proteina caratteristica del frumento, è prezioso per il nutrimento e sostenibile per l’ambiente. Oltretutto, l’indice glicemico dei cereali che ne sono privi è più elevato.
– Olio di palma, no grazie. Non fosse bastato l’eccesso di grassi saturi del tutto evitabili, il palma si è rivelato essere cancerogeno e genotossico, parola di Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare. E allora basta, i prodotti che lo contengono devono venire lasciati a scaffale, in attesa che anche le industrie più pigre e recalcitranti sostituiscano lo scadente olio tropicale con quelli che appartengono alla nostra cultura. Sicurezza alimentare, sostenibilità e qualità.
– Lievito madre, pasta madre? Una dicitura suggestiva ma sostanzialmente priva di significato. La ‘madre’ altro non è che il residuo dell’impasto precedente, lasciato fermentare e riutilizzato nell’impasto successivo per attivare la lievitazione. In luogo del tradizionale lievito di birra, al quale alcune leggende metropolitane prive di alcun sostegno scientifico attribuiscono effetti indesiderati.
– Senza additivi / conservanti / OGM. I conservanti possono venire sostituiti dal trattamento del pane a lunga conservazione con una minima percentuale (<2%) di alcol etilico, che tende a svanire del tutto pochi minuti dopo l’apertura della confezione. L’impiego di additivi alimentari non è perciò indispensabile nemmeno sui pani più soffici, se pure destinati a durare alcuni mesi. L’assenza di OGM è scontata ovunque, poiché se così non fosse gli OGM dovrebbero venire segnati in elenco ingredienti.
Dario Dongo