Solo negli ultimi giorni l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ha confermato l’inaccettabile rischio di cancerogenicità e genotossicità (1) di alcuni contaminanti di cui l’olio di palma è ricco. E la grave pericolosità di questo grasso tropicale, per i bambini e adolescenti soprattutto, come ha stigmatizzato l’Efsa. Ma i suoi produttori, e soprattutto i colossi che lo impiegano in una miriade di alimenti, conoscevano bene la sua tossicità, da una dozzina d’anni e più. ‘Palma-leaks’.
Premessa
Le multinazionali del cibo da sempre registrano severe critiche. In passato soprattutto a causa di disastri ambientali, sfruttamento delle comunità locali e dei lavoratori, lavoro minorile. Fenomeni non affatto scomparsi (2) ma in parte mitigati e sfuggiti ai riflettori della cronaca. L’attenzione dei media – se pur tenuta a bada dalle grandi ‘lobby’ – tende ora a concentrarsi sui danni alla salute causati da condotte irresponsabili delle multinazionali, come l’impiego massivo di glifosato e la promozione scorretta di alimenti ricchi in grassi zucchero e sodio cui si associa l’epidemia di obesità e diabete (3).
In merito al palma abbiamo scritto molto, negli anni. Sulla sua produzione anzitutto, che è causa primaria di ‘land grabbing’ e deforestazioni, tuttora in corso in Asia, Africa centrale e America centro-meridionale (4). Sul suo diffuso utilizzo in una miriade di alimenti, che per anni ha reso inevitabile il suo consumo in quantità eccessive, così innescando processi infiammatori, steatosi epatica e malattie incurabili (5). Quando le notizie hanno raggiunto il ‘mainstream’ i soliti noti hanno avviato una riprovevole campagna di disinformazione, per confondere i consumatori italiani con l’irreale favola del ‘palma sostenibile’, indispensabile all’industria e addirittura benefico per la salute. Fino a che…
Allarme salute
La ‘European Food Safety Authority’ ha messo definitivamente in chiaro che le sostanze tossiche contenute nell’olio di palma – e così, in tutti gli alimenti che lo contengono – sono gravemente pericolose per la salute umana. E non è la dose a fare il veleno poiché trattasi di veleno micidiale, cancerogeno e genotossico pure in minime quantità (6). I bambini e gli adolescenti sono più esposti al rischio, in ragione dell’onnipresenza del palma nei cibi a essi propinati, e del loro ridotto peso corporeo su cui la tossicità incide maggiormente.
‘For ‘Infants’, the food groups ‘Infant and follow-on formulae’, ‘Vegetable fats and oils’ and ‘Cookies’ were the major contributors to 3- and 2-MCPD and glycidol exposure. For ‘Toddlers’, the food groups ‘Vegetable fats and oils’, ‘Cookies’ and ‘Pastries and cakes’ were the major contributors to 3- and 2-MCPD and glycidol exposure. […] In conclusion, estimated exposure substantially exceeding the group TDI for 3-MCPD is of concern; this is particularly seen in the younger age groups.’ (Efsa, 2016)
Il castello di bugie ‘pro-palma’ è crollato all’istante e i suoi fautori hanno dovuto abbassare i toni (7), chiedendo subito aiuto alla ministra per la Salute Beatrice Lorenzin affinché – anziché misurare i livelli di contaminazione di tanti rinomati prodotti, e disporre l’immediato ritiro dal mercato di quelli a rischio – rinviasse alla Commissione europea e al ‘gruppo di lavoro’ ogni decisione sul da farsi.
Il Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis ha ora il compito e la responsabilità di adottare con urgenza le doverose misure di gestione della crisi, per l’indifferibile salvaguardia della salute dei consumatori europei. Dovrà altresì spiegare perché la Commissione europea ha trascurato per anni la considerazione dei rischi che, come si vedrà, erano ben noti non solo alle ’10 grandi sorelle’ della produzione industriale ma pure alla comunità scientifica, alle autorità nazionali deputate alla sicurezza alimentare, e all’Efsa che già nel 2013 si era espressa su alcuni dei contaminanti in questione.
‘Palma-Leaks’
Non serve scomodare Julian Assange, basta una breve ricerca sul web per scoprire che ‘Big Food’ da una dozzina d’anni aveva esatta conoscenza dei pericoli associati al consumo di olio di palma. E tuttavia, all’insegna del maggior profitto – anziché preoccuparsi di sostituire questo grasso inquinato per garantire la sicurezza degli alimenti e la salute dei consumatori, soprattutto i più piccoli – ne ha incrementato l’utilizzo. Raddoppiandolo, in pochi anni.
‘seed oils (sunflower, coconut and rapeseed) contained significantly lower amounts of 3-MCPD and 2-MCPD than the refined palm oils’. (Dr. Walburga Seefelder, Nestlè 2009)
Nestlè ad esempio, nella presentazione resa dal suo ricercatore Dr. Richard Stadler (8) a un convegno a Praga il 21-22 aprile 2009, dava atto che già nel 2007 l’Autorità tedesca per la sicurezza alimentare aveva evidenziato la necessità di ridurre i livelli dei contaminanti cancerogeni negli alimenti e nelle formule di proseguimento per lattanti. E la ricerca industriale mostrava senza dubbio come ‘Seed oils typically considerably lower in MCPD esters than palm-based fats […].’ Il pericolo del palma era noto da anni, e si sapeva che altri grassi erano considerevolmente più sicuri. Ma anziché interrompere l’impiego di questo grasso scadente e venefico, ‘Big Food’ si è limitata a cercare di ridurne la tossicità con ulteriori trattamenti chimici. Non abbastanza, come Efsa ha riaffermato.
Sempre Nestlè – per voce del Dr. Walburga Seefelder, nel convegno organizzato da ILSI (centro di ricerca brussellese finanziato dalle multinazionali dell’alimentare) a febbraio 2009 – ribadiva che i ‘seed oils (sunflower, coconut and rapeseed) contained significantly lower amounts of 3-MCPD and 2-MCPD bound in esters (typically <0.3 mg/kg 3-MCPD bound in esters and <0.15 mg/kg 2-MCPD bound in esters) than the refined palm oils (1.5–5.0 mg/kg 3-MCPD bound in esters and 0.7–3.0 mg/ kg 2-MCPD bound in esters)’.
Nel sommario degli atti del convegno (9) si legge che ‘3-MCPD esters have been found in all refined vegetable oils. The… highest levels in refined palm oil (4.5–13 mg/kg)… In the EU, maximum levels of 0.02 mg/kg for free 3-MCPD in hydrolysed vegetable proteins and soy sauce were established in 2001’.
Il Dr. Rüdiger Weißhaar dell’istituto CVUA di Stuttgart (10), in quella stessa occasione, ricordava che gli esteri di MCPD negli alimenti trasformati sono stati descritti nel 2004, in uno studio dell’Università di Praga. Tra il 2007 e il 2008 il CVUA ha analizzato la presenza di 3-mpcd in 400 grassi animali e cibi che li contengono. Rilevandone solo minime tracce nei grassi vegetali non raffinati (come l’extra-vergine di oliva) e nei grassi animali (es. burro e panna), e invece livelli significativi in dolci, ‘infant formula’, crackers e barrette, da attribuirsi proprio al grasso di palma raffinato.
‘A significant exposure to 3-MCPD-esters for consumers exists! Refined palm oil in different kinds of foodstuffs is responsible for a significant part of exposure.[…] Negative aspects – Toxicology – Glycidol itselfs is “probably carcinogenic to humans„’ (Dr. Rüdiger Weißhaar, CVUA Stuttgart, 2009)
L’Istituto francese per i grassi e gli oli, a sua volta, aveva riferito nel 2009 a un ‘workshop’ organizzato da ‘Euro Fed Lipid’ (11) che ‘Free 3-MCPD is (…) thresholded carcinogenic and has a testicular and renal toxicity in rats’.
Il palma era poi al centro di un progetto di ricerca finanziato dall’industria alimentare tedesca (FEI, ‘Research Association of the German Food Industry’) e dal Ministero per l’Economia e la Tecnologia, avviato nel 2007 con l’obiettivo di ridurre i citati contaminanti genotossici e cancerogeni dagli alimenti (12).
Conclusioni
Il caso ‘Volkswagen’, al cospetto, è una sciocchezza puerile. Per almeno tre lustri ‘Big Food’ ha deliberatamente prodotto e immesso sul mercato globale alimenti tossici, al solo scopo di risparmiare sui costi di produzione e incrementare i margini di guadagno. Con l’inevitabile compiacenza, va da sè , delle istituzioni nazionali ed europee deputate alla gestione del rischio di sicurezza alimentare. Il ‘rischio-palma’ è di una gravità assoluta poiché non trattasi di ‘possibili mal di pancia’ (come per una contaminazione lieve da salmonella), ma di malattie incurabili e trasmissibili alle prossime generazioni. Tumori e danni al DNA. Ma non bisogna generalizzare, non sono le Istituzioni nè ‘il sistema delle industrie’ da biasimare.
Il sistema pubblico dei controlli ufficiali a presidio della sicurezza alimentare ha compiuto passi da gigante, a partire dal 12 febbraio 2000 quando l’allora Presidente della Commissione europea Romano Prodi adottò il ‘Libro bianco per la sicurezza alimentare’, cui hanno fatto seguito il c.d. ‘General Food Law’ (reg. CE 178/02) e il ‘Pacchetto Igiene’ (reg. CE 852/04 e seguenti). Se qualcosa non ha funzionato, nell’identificare e gestire un rischio emergente come quello in esame, si dovranno perciò identificare i responsabili delle relative omissioni, forse troppo sensibili alle ‘lobby’ più spregiudicate. Il sistema dovrà comunque venire riconsiderato (13), affinché simili episodi non abbiano a ripetersi, e soprattutto bisogna subito affrontare la ‘crisi palma’, in maniera coerente rispetto alla valutazione scientifica del rischio eseguita da parte di Efsa.
Le industrie alimentari sono organizzazioni complesse che impiegano molta forza lavoro, partecipano all’economia dei vari territori (14) e in ogni caso – salvo rare eccezioni, come quella in esame – realizzano alimenti sicuri e accessibili a vasti strati di popolazione grazie a un ragionevole rapporto qualità/prezzo. Certo non tutti e anzi ben pochi conoscevano la tossicità del palma, al di fuori della ristretta cerchia dei colossi che partecipano alle organizzazioni e ai convegni internazionali ove i rischi sono stati presi in debita considerazione. Quando anche si pensi a ‘Big Food’, non è ai marchi e alle organizzazioni che bisogna guardare. Si devono piuttosto identificare le reponsabilità dei singoli – di coloro che occupavano e tuttora occupano posizioni di vertice – nelle grandi industrie e nelle organizzazioni di riferimento, i quali ben conoscevano il pericolo e hanno deciso di fregarsene, di contribuire a un lucroso avvelenamento collettivo in nome del Dio-denaro. Ma di ciò si dovrà occupare la magistratura.
I consumAttori possono invece esprimere il loro sdegno senza mettere in crisi l’economia di tali organizzazioni e i rispettivi posti di lavoro, scegliendo di acquistare i soli alimenti privi di olio di palma. Potranno così accelerare la svolta necessaria, il ‘phasing out’ di quei prodotti che devono scomparire al più presto dagli scaffali, per le ragioni dette. Tuteleranno al contempo la salute propria e dei propri cari, e costringeranno i decisori pubblici e privati a reimpostare le proprie strategie, in una direzione davvero etica e rispettosa dei valori che in questo caso sono stati evidentemente trascurati. CSV (‘Contributing to Social Values’ 15), è il paradigma che tutti noi, ‘from the farm to the fork’, dovremmo condividere. Per un mondo migliore che è sempre possibile, a partire dai piccoli gesti di ciascuno.
Dario Dongo
Note:
(2) Alcuni esempi di attualità, al di là del palma:
– il lavoro dei minori nella filiera del cacao http://www.foodispower.org/slavery-chocolate
– la schiavitù nella pesca https://www.greatitalianfoodtrade.it/news-food-times/la-pesca-degli-schiavi-nei-nostri-piatti-fermiamo-lo-scempio-umano
(3) https://www.greatitalianfoodtrade.it/news-food-times/glifosato-ora-basta, https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/tra-politica-e-responsabilità-d’impresa-la-sfida-di-obesità-e-diabete
(4) https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/olio-di-palma-la-tigre-malese-all’assalto
https://www.greatitalianfoodtrade.it/news-food-times/expo-2015-prosegue-la-disinformazione-sul-palma-allo-stand-della-malesia, https://www.greatitalianfoodtrade.it/news-food-times/expo-2015-affinità-e-divergenze-il-caso-mc-donald-s,
(7) https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/palm-oil-the-game-is-almost-over
(8) http://www.bezpecnostpotravin.cz/UserFiles/File/Publikace/L20_Richard_Stadler.pdf
(9) http://www.ilsi.org/Europe/Publications/Final%20version%203%20MCPD%20esters.pdf
(10) http://www.ilsi.org/europe/documents/e2009mcpd-7.pdf
(11) http://www.aocs.org/files/ResourcesPDF/EFL%203MCPD%20oct09.pdf
(12) Progetto presentato a Bruxelles, al ‘workshop’ di ILSI ‘on MCPD and Glycidyl esters in Food Products’, http://www.ilsi.org/Europe/Documents/MCPD%20WS/Matthaus.pdf
(13) L’attenzione al c.d. REFIT, ‘Regulatory Fitness and Performance Programme’, dovrebbe venire focalizzata sul miglioramento della sicurezza alimentare, anziché deviare fuori tema (es. http://www.newsfood.com/health-claims-e-profili-nutrizionali-il-confuso-malcontento-di-strasburgo)
(14) Vale la pena ricordare che l’alimentare è il primo settore manifatturiero in Europa, per volumi di fatturato, con una bilancia commerciale positiva per €7.2 miliardi, nel quarto quadrimestre 2015, http://www.fooddrinkeurope.eu/uploads/publications_documents/FoodDrinkEurope_Economic_Bulletin_Q4_2015_final.pdf

Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.