La Colombia è tristemente nota per il primato globale nella coltivazione di coca. Pochi invece sanno che si tratta del primo produttore di olio di palma nell’intero continente americano. Diseguaglianze e conflitti sono peraltro comuni alle due venefiche colture, e sub-culture.
Diseguaglianze e conflitti
L’accesso alla terra e la sua distribuzione in Colombia è impari come in nessun altro paese dell’America latina. Solo 704 aziende agricole, con un’estensione media di 49.135 ettari (ha) ciascuna, controllano la metà dei terreni coltivabili del Paese. L’altra metà è invece gestita da 2.046.536 agricoltori, con 17 ettari a testa. (1) Addirittura, l’1% dei latifondisti occupa l’81% della terra del Paese! (2)
‘La falta de acceso a la tierra es una de las causas estructurales del conflicto y que también la concentración se ha agravado en el conflicto.
(Laura Gómez, gerente de Derecho a la igualdad, Oxfam)
Lo squilibrio si è aggravato radicalmente nel corso degli ultimi decenni. E potrebbe forse venire temperato, almeno in parte, grazie all’accordo di pace con la guerriglia rivoluzionaria dei campesinos, FARC. L’intenzione dell’accordo è infatti quella di ‘permettere la restituzione e ridistribuzione delle terre, in favore di coloro che ne sono stati espropriati e dei loro legittimi possessori‘, spiega Laura Gómez di Oxfam.
L’accordo di pace firmato a novembre 2016 tra le FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia) e il governo comprende infatti una riforma agraria. Nella quale è prevista la restituzione ai campesinos di 3 milioni di ettari di terra e la formalizzazione dei diritti di proprietà su altri 7 milioni di ha. (3)
Rapina delle terre e olio di palma
La rapina delle terre, c.d. land grabbing, è proprio la causa delle diseguaglianze e dei conflitti armati in Colombia. Come spiega Jhenifer Mojica, avvocata esperta di diritti umani, la quale evidenzia la coincidenza spazio-temporale tra i raid sanguinari dei gruppi paramilitari e gli accaparramenti di terreni, già a partire dalla fine degli anni ’90.
7,1 milioni di persone sono state deportate dalle loro terre. Ma perché? Non certo per nulla, anche la violenza richiede investimenti cospicui in armi, stipendi dei mercenari, corruzione della politica. Ulteriori investimenti sono richiesti per la deforestazione di foreste vergini, la deviazione dei corsi d’acqua. Altri ancora per l’acquisto delle piante e degli agrotossici richiesti in gran guisa, per distruggere la fervida flora spontanea. Ma perché?
La palma da olio è il nuovo oro per i poteri forti in una Colombia che infatti domina la produzione del continente americano ed esprime il 5,8 % di quella globale (dati Faostat, 2014).
Non è dunque la coca ma il sanguinario grasso tropicale ad animare rapine di terra, deportazioni di tribù locali e indigene, omicidi di difensori dei loro diritti. La documentazione è ampia, come sempre si tratta solo di voler guardare (4) agli orrori di cui l’olio di palma è causa, a Bogotà come nel resto del pianeta.
‘Large-scale economic projects such as the production of palm oil, that legalise forced displacement and have consolidated an unequal, discriminatory, exclusive and undemocratic rural economic model contribute to the fragility’ (5)
Dario Dongo
Note
(1) Fonte: Censo Agropecuario 2014 (dati resi pubblici e disaggregati nel 2016). Si veda il rapporto Oxfam ‘Radiografía de la desigualdad‘, su https://www.oxfam.org/es/informes/radiografia-de-la-desigualdad
(2) L’1% controlla invece il 77% delle coltivazioni in Perù, il 74% in Cile
(3) È la parte più onerosa dell’accordo, con uno stanziamento previsto di 37,400 miliardi di euro. Per il processo di restituzione e formalizzazione delle terre, assistenza tecnica agli agricoltori, progetti produttivi, sicurezza alimentare. Con l’obiettivo ulteriore di ridurre povertà e divario reddituale tra città e campagna
(4) Molto interessante al riguardo anche il cortometraggio Frontera Invisible, di Nico Muzi (Argentina 1980), che mostra la storia di intere comunità intrappolate nel mezzo della guerra più lunga del mondo, dove la ‘febbre dell’olio di palma’ finalizzata alla produzione di combustibile ‘verde’ ha soppiantato contadini e indigeni, raso al suolo gli habitat naturali e concentrato la terra nelle mani dei ‘ricchi’
(5) Rapporto ‘Reconquering and dispossession in the Altillanura’, pubblicato dalle ONG Somo (NL) e Indepaz (COL)
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.