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‘Carne vegana’, meat sounding. Grande spettacolo al Parlamento europeo

Il Parlamento europeo ha infine deciso di assolvere il meat sounding. Vale a dire, l’uso di nomi propri delle carni, preparazioni di carne e prodotti a base di carne, nella presentazione di alimenti con una composizione diversa. Il via libera alla ‘carne vegana’ è forse però solo un grande spettacolo. O meglio, una geniale operazione di marketing.

L’Assemblea di Strasburgo ha raccolto le istanze che i lobbisti di Big Food avevano posato sul vassoio d’argento delle associazioni di consumatori (dis?)interessate. E il mainstream media ha celebrato la vittoria di milioni di cittadini riuniti nella battaglia per il diritto (a dire il vero, mai negato) di nutrirsi come meglio ciascuno crede.

L’etichettatura e pubblicità dei burger vegani rimane peraltro condizionata al rispetto del Food Information Regulation e della direttiva sulle pratiche commerciali sleali. (1)

Parlamento europeo

L’1.4.19 la Commissione AGRI del Parlamento europeo aveva approvato una proposta di emendamento, nella proposta di revisione dell’OCM (Organizzazione Comune dei Mercati), volta a riservare in esclusiva ‘ai prodotti contenenti carne’ i nomi caratteristici di carni e loro tagli, prodotti a base di carne e preparazioni di carne. Per una serie di ragioni già condivise, in linea tra l’altro con i divieti di cheese sounding  e milk sounding. L’iniziativa non ha però avuto seguito, poiché la legislatura si è frattanto conclusa.

Il 23.10.20 il Parlamento Europeo è ritornato sul tema, poiché un emendamento dall’identico testo è stato ripresentato nella revisione della PAC. E l’Assemblea, questa volta, ha bocciato la proposta. Si conferma così la possibilità di designare i prodotti Veg con nomi quali hamburger, bistecca, salsiccia, etc. Nel rispetto dei criteri generali di informazione al consumatore di cui in seguito (v. ultimo paragrafo).

Spettacolo e distrazione di massa

Lo spettacolo all’Europarlamento è eccezionale. II mainstream media offre così a mezzo miliardo di consumatori in Europa l’occasione di parlare dei burger vegetali. Una categoria di prodotti ancora sconosciuta a molti, che viene presentata con attributi di bontà nutrizionale, ecologia e rispetto degli animali.

Nessuno invece riferisce al vero problema, l’impatto della filiera alimentare sull’ambiente e il benessere animale. E nessuno si preoccupa del fatto che lo stesso Parlamento europeo, tre giorni prima, abbia approvato una riforma della PAC (Politica Agricola Comune) che aggrava, anziché mitigare, questo problema. Distrazione di massa. Il 20.10.20 l’assemblea di Strasburgo ha infatti votato:

– l’esclusione, dalla Politica Agricola Comune (PAC), degli obiettivi di transizione ecologica fissati nelle strategie UE Green Deal, Farm to Fork, Biodiversity,

– la conferma dei generosi sussidi ad agricoltura e allevamenti intensivi, senza imporre alcun obiettivo di riduzione dell’impatto ambientale né di miglioramento del benessere animale.

– l’indifferenza più completa al rinvio ad maiora della strategia europea sul benessere animale.

Regia

Basta seguire il denaro per comprendere chi si muova dietro le quinte. Il grande spettacolo è stato invero diretto dai lobbisti di Big Food e della grande finanza che ha investito miliardi di dollari nel promettente business delle Lab Meat. Le carni di laboratorio, con il sangue vegetale OGM e altre amenità biotecnologiche.

EAPF (European Alliance for Plant-based Foods) – firmataria della campagna ‘Stop the Veggie Burger Ban’ – è un’organizzazione istituita il 24.9.20. I suoi fondatori non sono The Vegetarian Society o The Vegan Society (le quali da anni attendono che la Commissione europea introduca una definizione legale di alimenti vegetariani e vegani), né i seguaci di George Oshawa e Michio Kushi (i profeti della macrobiotica). Né le aziende agricole biologiche, né tantomeno i protagonisti dì ecoagricoltura e agricoltura contadina, veri sconfitti dalla riforma della PAC.

Gli interessi in gioco

I registi dello spettacolo non corrispondono esattamente al modello ‘ambientalista’ che si potrebbe attendere. Tutti i nomi a seguire, membri diretti o indiretti della European Alliance for Plant-based Foods, partecipano tra l’altro alle filiere degli allevamenti intensivi di animali da carne.

– Nestléleader globale nella produzione di alimenti e rifiuti inutili, le iconiche capsule di Nespresso. Si ricorda altresì per la storica negazione del diritto umano universale all’acqua. (2) E per il secondo posto, dopo PepsiCo, nel campionato mondiale dei consumi di olio di palma,

– UnileverCorporation che per oltre un secolo ha sfruttato gli schiavi e le terre a essa concesse dal monarca criminale Leopoldo II per produrre olio di palma nell’ex-Congo belga (ora RDC). Tuttora impiega il grasso tropicale nei risotti vegetariani e vegani a marchio Knorr, oltreché in vari altri prodotti,

– Cargill, colosso delle commodities agricole. Protagonista nella produzione e commercio di olio di soia OGM e olio di palma, tra deforestazioni e pesticidi. Coinvolto altresì nella trasformazione industriale di cacao raccolto da bambini schiavi, in West Africa.

– IKEA, terzo retailer al mondo (dopo ALDI e Tesco) nei consumi di olio di palma,

– Beyond Meatstartup miliardaria dei burger vegetali creata da Tyson Food, primo produttore USA di carni da allevamenti intensivi.

Etichettatura dei prodotti ’sostitutivi’, le regole da applicare

La presentazione di prodotti ‘sostitutivi’ di carni e loro derivati, a prescindere dallo spettacolo al Parlamento europeo, deve comunque rispettare due condizioni essenziali:

– una dicitura del tipo ‘vegetale’, ‘vegetariano’, ‘vegano’ deve accompagnare il nome commerciale o marchio evocativo di una carne (o suo taglio, o alimento derivati) su ogni prodotto che non ne contenga. Tale precisazione deve figurare nello stesso campo visivo e con altrettanta evidenza grafica, per prevenire ogni rischio di indurre in errore il consumatore sulla natura del prodotto, (3)

– una denominazione descrittiva dell’alimento, la quale dev’essere idonea a rappresentare l’effettivo contenuto del prodotto. Non esistono infatti denominazioni legali né usuali idonee a identificare questa variegata categoria di alimenti in modo univoco. (4)

Tanto rumore per nulla

La riduzione dei consumi di carne è senza dubbio utile a favorire diete varie ed equilibrate. Le proteine vegetali, come si è visto, sono preziosi alleati della salute. La dieta vegetariana e vegana, tra l’altro, può venire basata su molti prodotti caratteristici della tradizione mediterranea.

Le scelte Veg possono anche contribuire alla salute dell’ambiente, quando siano rivolte agli alimenti biologici. I quali tra l’altro sono utili a rafforzare il sistema immunitario. Ma non v’è certo bisogno di sangue vegetale OGM, né di confondere i nomi dei prodotti. Queste operazioni di marketing servono solo ai protagonisti della globalizzazione dello sfruttamento, per aumentare le vendite di alimenti ultraprocessati e nocivi, per l’ambiente e la salute. Ed è triste annotare tanto acritico proselitismo.

Dario Dongo

Note

(1) Reg. UE 1169/11, dir. 2005/29/CE (recepita in Italia con il Codice del consumo, d.lgs. 206/05 e successive modifiche)
(2) European Public Service Union (EPSU). The right to water versus the CEO of Nestlé. 26.4.13, https://www.epsu.org/article/right-water-versus-ceo-nestle-i
(3) Reg. UE 1169/11, articolo 7.1.a
(4) Reg. UE 1169/11, articolo

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