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Un Black Friday per la nostra economia

Black Friday, export di capitali e danni all’economia locale’ è il fenomeno di cui oggi nessuno pare curarsi. L’acquisto compulsivo di beni e servizi variamente (in)utili, su piattaforme – come Amazon – basate all’estero. Le quali tra l’altro, grazie a vari stratagemmi, non pagano imposte nei Paesi ove drenano ricchezze, a detrimento dell’economia locale. La parola a Vito Gulli.

Black Friday, Amazon e globalizzazione

La situazione da difficile è diventata comica. Finirà che urleremo al miracolo se riusciremo a far pagare anche ad Amazon la ‘bellezza’ del 9% (!) di tassazione, così come fatto con Facebook. E la situazione, in questo caso, è drammatica più che difficile o comica. Perché se Facebook guadagna senza davvero metter piede sul nostro territorio, Amazon ci mette piedi, mani, testa e in poco tempo ci… Amazan!

O meglio dire, Amazon riempirà le nostre strade di cadaveri di lavoratori e imprenditori suicidi in giro per il nostro Paese. Non tanto e soltanto perché vendendo via web tutto il vendibile distruggerà la GDO e la tanta occupazione nel settore. Ma ridurrà agli sgoccioli anche le industrie che producono i prodotti in vendita. Perché Amazon non è altro che un’asta al ribasso. Un’arma letale per la produzione e quindi per il lavoro.

Se le aste a doppio ribasso di un’insegna discount hanno di recente provocato una reazione efficace e capace di averne inibito lo sviluppo, la tecnica di vendita di Amazon – che a mio parere è ben peggiore – va ancor più combattuta in quanto dissangua i fornitori senza esporsi. In apparenza almeno, senza comprare e vendere. Amazon si presenta come un semplice intermediario, un agente di commercio, un concessionario in conto deposito. Ma è ben oltre, ed è talmente cinico da far pagare lo spazio per la propria eutanasia alle imprese fornitrici.

Niente più di Amazon è globalizzante. Termine ormai abusato per commentare in termini giustamente negativi gli effetti della concorrenza globale che calpesta ogni diritto. In sintesi, e soprattutto andando al vero nocciolo del problema dei tempi attuali, se accettiamo di giocare al ‘chi costa meno vince’, noi italiani perdiamo tutto. Soldi, salute e vita.

La storia si ripete e un vecchio, tanto canuto quanto barbuto, di nome Carlo, lo aveva capito e scritto 2 secoli or sono. Se vige la libera circolazione di capitali, merci e uomini, non c’è dubbio che chi ci guadagna sia sempre e solo il capitale stesso, e chi ci perde, il lavoratore. Perché troverà sempre un disperato più disperato di lui che accetterà il suo stesso lavoro a un salario ben più basso del pur già basso suo.

Lo so, sembra di voler auspicare anacronistici ritorni all’autarchia, ai nazionalismi, tutte cose involutive. Infatti ciò che voglio dire è proprio questo, i due estremi globalizzazione e autarchia devono essere considerati le due soluzioni estreme da cui stare ben lontani. E poiché oggi stiamo galoppando sfrenatamente a briglie sciolte nella prateria del liberismo globalista, più globale che mai, dobbiamo fare qualcosa per riprendere almeno una delle due briglie in mano.

Solo la rivoluzione dei consumi può salvare l’Italia

C’è un unico modo per affrontare questa situazione in maniera efficace, la rivoluzione dei consumi. Dobbiamo tornare a fare come facevamo anni fa, e gli altri Paesi sanno sempre fare bene. CONSUMARE/UTILIZZARE IL PIÙ POSSIBILE i beni e servizi che creano Lavoro e Valore (Valoro) nel nostro Paese, nella nostra comunità, nella nostra economia. Così da favorire, mantenere, sviluppare l’occupazione nel proprio Paese, e quindi salvare se stessi. 

Un esempio su tutti. Alcuni decenni fa, il 70% delle auto che circolavano in italia era prodotto in Italia. Oggi non credo più del 20%. Qualcuno dirà che la qualità delle FCA (ex Fiat) non è soddisfacente, che il rapporto qualità-prezzo delle auto tedesche è migliore. Sarà per questo che in Germania si vedono in giro soltanto auto tedesche, il loro rapporto qualità-prezzo. Ma in Francia, perché la stragrande maggioranza delle auto è francese? Per il rapporto qualità-prezzo? Certo che no! 

I tedeschi come i francesi hanno ben chiaro il dovere di contribuire ogni giorno, con i propri acquisti e investimenti, al bene della propria tribù. E se non impareremo anche noi a premiare i prodotti ‘lavorati’ qui e venduti da noi, diventeremo un Bel Paesino che vive di turismo. Ma di italiani ne rimarranno pochi, e i giovani saranno costretti a migrare in cerca di opportunità.

Parlo e combatto da almeno 15 anni per portare avanti queste idee, convinto che siano l’unica soluzione possibile per la sopravvivenza delle nostre tribù. In particolare per i prodotti alimentari, non solo perché ho speso la mia vita lavorativa in questo settore, ma anche perché è un mercato fondamentale capace di creare o distruggere milioni e milioni di posti di lavoro.

E mi vanto di aver capito per primo, nel mondo industriale, che bisogna partire da un’etichetta trasparente e da una filiera integra. Affinché i ConsumAttori diventino essi stessi, in quanto tali, i protagonisti della ripresa economica.

Su questi temi il fraterno amico Dario ha scritto e agito ben meglio e più di me. E mi aveva saggiamente avvertito che le cose non sarebbero andate avanti come invece promesso dai vari Maurizio Martina, Carlo Calenda & Co. (1) La storia però deve cambiare, e spetta a tutti noi darsi da fare ogni giorno, a partire dalle scelte oculate di consumo!

Vito Gulli

Note

(1) Si citano i precedenti articoli su:

– sede dello stabilimento (d.lgs. 145/17) 

https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/diciotti-a-cinque-quali-abusi

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/sede-stabilimento-le-balle-spaziali-del-governo-gentiloni

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/sede-stabilimento-omertà-sul-niet-di-bruxelles-denuncia-penale-a-gentiloni-co

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/sede-stabilimento-l-inganno-continua-nessun-obbligo,

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/sede-stabilimento-la-grande-bugia-del-governo-gentiloni,

Sede dello stabilimento, un’altra giostra

– decreti origine pasta, riso, pomodoro

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/decreti-origine-ultimo-atto 

https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/decreti-origine-pasta-riso-pomodoro-sede-stabilimento-incertezze-e-pericoli,

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/decreti-origine-prosegue-il-circo-gentiloni,

https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/origine-pomodoro-la-fake-news-estiva,

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/origine-pomodoro-decreto-scaduto,

https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/milena-gabanelli-errori-su-origine-in-etichetta,

– regolamento ‘Origine Pianeta Terra (reg. UE 775/2018) 

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/origine-ingrediente-primario,

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/origine-ingrediente-primario-vincitori-e-vinti,

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/origine-ingrediente-cercasi,

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/origine-ingrediente-primario-via-libera-da-bruxelles-all-italian-sounding,

https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/origine-ingrediente-primario-reg-ue-2018-775-call-for-action

– Made in Italy

https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/made-in-italy-in-etichetta-per-un-prodotto-su-4-ma-che-vuol-dire

https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/carni-italiane-di-qualità-è-giunta-l-ora

Imprenditore di estrazione ‘umanista’, è celebre per avere guidato Generale Conserve S.p.A., nota per il marchio ASDOMAR, dal 2001 al 2017. Ha da sempre investito sul Made in Italy, le sue filiere e i suoi lavoratori, ai quali tuttora dedica il proprio impegno e libero pensiero. Anche nella veste di probiviro di Federalimentare

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