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Cianobatteri e batteri campioni nel sequestro della CO2. Da Vulcano alle Montagne Rocciose

I batteri possono essere grandi alleati nella lotta ai cambiamenti climatici. Un team di ricercatori ha scoperto un cianobatterio in grado di nutrirsi di CO2 a ritmi molto più elevati di altri.

La specie batterica si aggiunge ad una lista già numerosa di microbi che si sono evoluti naturalmente per assorbire la CO2 come un modo efficiente per rimuovere il gas serra dall’atmosfera.

La scienza sta cercando delle possibili applicazioni per questi organismi nell’ambito della lotta alla crisi climatica. Recenti studi hanno suggerito che i batteri potrebbero produrre anche sostanze chimiche utili, oltre a catturare la CO2.

Introduzione

La capacità di sequestrare e fissare la CO2 è comune alle piante e alle microalghe (1), tuttavia, i batteri presentano molti vantaggi competitivi, tra cui un tasso di crescita elevato e un ciclo di vita notevolmente più rapido, la capacità di esistere in una coltura ad alta densità e la possibilità di essere facilmente ingegnerizzati geneticamente.

I batteri, inoltre, proprio come altri microbi, possono produrre un’ampia gamma di composti utili per l’industria e per la protezione dell’ecosistema.

La scoperta del cianobatterio

Nel settembre 2022 è stato scoperto un cianobatterio capace di trasformare la CO2 in biomassa più velocemente di qualsiasi altro organismo conosciuto.

La spedizione condotta dal team del ‘2Frontiers Project’ (2) insieme ai ricercatori dell’Università di Palermo, mirava proprio allo studio del particolare ecosistema della Baia di Levante, situata accanto all’isola eoliana di Vulcano, caratterizzata da infiltrazioni di carbonio poco profonde uniche al mondo, e da un gradiente di anidride carbonica disciolta che proviene da infiltrazioni vulcaniche a pH estremamente basso.

Il carbonio che fuoriesce riempie l’acqua, creando un raro ecosistema che contiene forme di vita ancora sconosciute.

2 Frontiers Projects

La scoperta del cianobatterio si inserisce in uno dei progetti cardine del ‘2Frontiers Project’ o (2FP), il CARBON 1.

Il 2FP è un’iniziativa di ricerca che riunisce un team di microbiologi, dedicata a ‘esplorare scientificamente’ gli oceani e lo spazio alla ricerca di forme di microbi adattati a condizioni estreme. Queste specie ancora sconosciute potrebbero infatti risolvere le principali sfide della società, come il cambiamento climatico, lo sbiancamento dei coralli o la sopravvivenza interplanetaria.

La CARBON 1 delle isole Eolie partiva proprio dall’ipotesi che i luoghi della Terra con la CO2 più elevata potessero ospitare gli organismi più adatti a consumarla. Il cianobatterio delle Eolie che ha colpito il team ha infatti delle caratteristiche uniche, tra cui la sorprendente velocità di utilizzo della CO2.

Gli sviluppi del 2 Frontiers Projects

La ricerca condotta dal 2FP si è sviluppata con una seconda spedizione, la CARBON 2 nelle sorgenti calde delle Montagne Rocciose in Colorado, negli Stati Uniti, dove i livelli di CO2 sono ancora più elevati.

I risultati del CARBON 2 sono attualmente in fase di analisi ma c’è una forte speranza che, come la prima spedizione, si riescano a riscontrare altre forme di vita interessanti.

Nel frattempo, tutte le informazioni raccolte sui microrganismi rilevati saranno pubblicati e messi a disposizione di altri scienziati sotto forma di un database che abbina le sequenze di DNA a campioni di batteri conservati.

Gli enzimi per fissazione della CO2

Gli enzimi che rendono in grado questi organismi di sequestrare e fissare la CO2 sono principalmente: la ribulosio 1,5-bisfosfato carbossilasi/ossigenasi (anche chiamata RuBisCO) e l’anidrasi carbonica (CA). Entrambi gli enzimi sono comuni sia nei domini arcaici che in quelli batterici.

Oltre a convertire la CO2 in modo efficiente in biomassa alcuni di questi organismi possono anche convertirla in composti utili come monossido di carbonio, metano, il metanolo, o l’etere dimetilico (DME), olefine e idrocarburi superiori che possono contribuire in modo significativo alla protezione dell’ecosistema.

Biologia sintetica e potenziamento del meccanismo di sequestro della CO2

Il forte interesse riscontrato nei confronti dell’enorme potenziale di questi batteri ha portato recentemente a utilizzare la biologia sintetica e l’ingegneria proteica e metabolica per ricreare dei nuovi organismi in grado di fissare la CO2.

La biologia sintetica riesce infatti a riprogettare e riposizionare le vie metaboliche innate per la fissazione della CO2, modificandole per sviluppare e ottimizzare l’efficienza e la durata degli enzimi di fissazione della CO2.

Escherichia coli ingegnerizzati

Tra i primi batteri procarioti ad essere stati biologicamente ingegnerizzati c’è E. coli. Nel 2019 ad esempio, in uno studio pubblicato su Cell (3), i ricercatori del Weizmann Institute of Science in Israele avevano riferito di aver sviluppato un ceppo del batterio Escherichia coli, in grado di consumare la CO2 per ricavare energia piuttosto che utilizzare composti organici come zuccheri e grassi.

D’altra parte, il risultato non era soddisfacente né industrializzabile, in particolare, per il fatto che il batterio ingegnerizzato emetteva più CO2 di quanta ne assorbiva.

Altri procarioti d’interesse

Altri studi hanno anche dimostrato un’interessante plasticità del metabolismo del carbonio nei batteri che fissano il carbonio, tra cui Synechococcus elongatus. (4)

Altri batteri ingegnerizzati al fine di implementare la loro capacità di fissazione della CO2 sono Ralstonia eutropha (5), che in presenza di O2 riesce a sintetizzare biomassa, carburanti o composti chimici a partire da concentrazioni inferiori di CO2 e Rhodopseudomonas palustris (6) che ha mostrato una riduzione della CO2 a metano. Sporomusa ovata (7) ha infine mostrato un alto tasso di riduzione e fissazione della CO2 guidata dal sole con conversione in acetato.

Conclusioni e prospettive

La prospettiva auspicata è che queste innovazioni riescano a trovare applicazioni per il sequestro e la fissazione della CO2 parallelamente e in supporto alla transizione energetica in corso.

Oltre all’ingegnerizzazione dei batteri, i recenti progressi si stanno anche concentrando sul miglioramento biotecnologico della coltivazione di cianobatteri e microalghe attraverso fotobioreattori (PBR) come alternativa sostenibile per ridurre i costi di produzione su scala industriale. (8)

Giulia Pietrollini

Note

(1) Dario Dongo e Giulia Pietrollini. Alghe e microalghe. Carbon farming e upcycling di CO2. GIFT (Great Italian Food Trade).

(2) Two Frontiers Project. Official website. https://twofrontiers.org/expeditions/carbon1

(3) Gleizer S, Ben-Nissan R, Bar-On YM, et al. Conversion of Escherichia coli to Generate All Biomass Carbon from CO2. Cell. 2019 Nov 27;179(6):1255-1263.e12. doi: 10.1016/j.cell.2019.11.009

(4) Kanno M, Carroll AL, Atsumi S. Global metabolic rewiring for improved CO2 fixation and chemical production in cyanobacteria. Nat Commun. 2017;8(1):1–11. doi: 10.1038/ncomms14724

(5) Liu C, Colón BC, Ziesack M, Silver PA, Nocera DG. Water splitting–biosynthetic system with CO2 reduction efficiencies exceeding photosynthesis. Science. 2016;352(6290):1210–1213. doi: 10.1126/science. aaf5039

(6) Fixen KR, Zheng Y, Harris DF, et al. Light-driven carbon dioxide reduction to methane by nitrogenase in a photosynthetic bacterium. Proc Natl Acad Sci. 2016;113(36):10163–10167. doi: 10.1073/pnas.1611043113

(7) Su Y, Cestellos-Blanco S, Kim JM, et al. Close-packed nanowire-bacteria hybrids for efficient solar-driven CO2 fixation. Joule. 2020;4(4):800–811. doi: 10.1016/j.joule.2020.03.001

(8) Cheng J, Zhu Y, Zhang Z, Yang W. Modification and improvement of microalgae strains for strengthening CO2 fixation from coal-fired flue gas in power plants. Biores Technol. 2019; 291:121850. doi: 10.1016/j.biortech.2019.121850

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