Great Italian Food Trade ha rivelato la lettera 28.1.17 del Commissario Andriukaitis all’ex-ministro Alfano, in cui si comunicava l’irricevibilità della notifica a Bruxelles del d.lgs. 145/17, mediante il quale è stato ripristinato l’obbligo di citare in etichetta la sede dello stabilimento (di produzione o, se diverso, di confezionamento) sulle etichette degli alimenti prodotti e/o confezionati e venduti in Italia. Il governo guidato da Paolo Gentiloni aveva tenuto nascosta tale missiva per mesi, durante la campagna elettorale. Ma c’è dell’altro, la Commissione europea si era già espressa negativamente sul punto, senza che i consumatori e gli operatori venissero informati di ciò. Omertà e abusi, dettagli a seguire.
Sede stabilimento, il Niet di Bruxelles
Il governo Gentiloni, come si è più volte evidenziato, ha a suo tempo deciso di interrompere la doverosa procedura di notifica a Bruxelles dello schema di decreto recante obbligo di indicare la sede stabilimento sulle etichette de prodotti alimentari Made in Italy. In ragione di ciò, il successivo decreto legislativo 145/17, di pari oggetto, deve oggi venire disapplicato dalla pubblica amministrazione poiché illegittimo, secondo consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE.
Gli abusi e l’omertà del precedente governo sono tuttavia ancor più gravi. Già il 3.7.17 la Commissione europea aveva trasmesso all’Italia un parere circostanziato (v. Allegato) a firma di Elżbieta Bieńkowska, Commissaria al Mercato interno, l’Industria, le Imprese e le PMI. In merito allo ‘schema di decreto legislativo recante la disciplina dell’indicazione obbligatoria nell’etichetta della sede e dell’indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento’, che il ministero allora guidato da Carlo Calenda aveva notificato a Bruxelles il 3.3.17.
Il 3 luglio 2017 la Commissione aveva chiarito al governo italiano che l’elenco delle informazioni obbligatorie da riportare in etichettatura dei prodotti alimentari – come definito nel reg. UE 1169/11, articolo 9.1 – deve intendersi come tassativo. Vale a dire che nessuno Stato membro è autorizzato a introdurre ulteriori notizie obbligatorie sulle etichette della generalità degli alimenti preimballati, al di fuori di quelle comuni.
‘Per i sopracitati motivi la Commissione emette, conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2015/1535, un parere circostanziato secondo il quale lo schema notificato violerebbe il regolamento (UE) n. 1169/2011 – in particolare, l’articolo 9, paragrafo 1 – qualora fosse adottato senza prendere in debita considerazione le osservazioni fatte in precedenza.
Allo stesso tempo, la Commissione rammenta che il regolamento (UE) n. 1169/2011 consente agli operatori del settore alimentare di fornire informazioni aggiuntive su base volontaria ai consumatori, tra cui informazioni sulla sede dello stabilimento di produzione.’ (CE, parere circostanziato 3.7.17)
Il governo italiano era stato al tempo stesso intimato – a norma della dir. UE 2015/1535, articolo 6.2 – a rinviare l’adozione della predetta normativa di sei mesi a decorrere dalla data della notifica. Vale a dire fino al 2.10.17. ‘La Commissione attira inoltre l’attenzione del governo italiano sul fatto che, in virtù di tale disposizione, lo Stato membro che riceva un parere circostanziato deve riferire alla Commissione circa il seguito che intende dare a tale parere.’
‘La Commissione invita altresì il governo italiano a comunicarle il testo definitivo del progetto di regolamentazione tecnica interessato, non appena esso sia stato adottato, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2015/1535.’
‘Qualora il governo italiano non dovesse ottemperare agli obblighi previsti dalla direttiva (UE) 2015/1535 o qualora il testo del progetto di regolamentazione tecnica in esame fosse adottato senza tenere conto delle succitate obiezioni o violasse altrimenti il diritto dell’Unione europea, la Commissione potrebbe avviare procedimenti in conformità dell’articolo 258 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.’
Sede dello stabilimento, gli abusi e le omertà del governo Gentiloni
Il 15.9.17 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha emanato il decreto legislativo n. 145, recante ‘Disciplina dell’indicazione obbligatoria nell’etichetta della sede e dell’indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, ai sensi dell’articolo 5 della legge 12 agosto 2016, n. 170 – Legge di delegazione europea 2015.’ (1)
Paradossalmente, il d.lgs. 145/17 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il giorno stesso entro il quale il governo italiano avrebbe dovuto astenersi dalla sua adozione, secondo quanto indicato da Bruxelles nel parere circostanziato che qui si allega. Senza che la Repubblica italiana (per quanto ci risulti, avendo fatto richiesta di accesso agli atti) abbia né contestato, né tantomeno risposto ai rilievi della Commissione europea. Paolo Gentiloni e la sua banda hanno fatto ‘come se fossero a casa loro’, anziché in Europa.
Il Presidente della Repubblica – il quale vanta, tra l’altro, una formazione giuridica – avrebbe dovuto vigilare sulla legittimità costituzionale del decreto legislativo, prima di sottoscriverlo. Le regole europee invero, nella gerarchia delle fonti di diritto, hanno un rango addirittura sovraordinato rispetto alle norme costituzionali italiane, secondo giurisprudenza della consulta. Così non ha fatto, Sergio Mattarella, il quale tuttavia è esentato da responsabilità per gli ‘atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione’. (2)
La responsabilità penale dei membri del governo Gentiloni merita invece attenzione. Il Consiglio dei ministri ha invero adottato un’apposita delibera di approvazione del decreto sulla sede dello stabilimento, ‘nella riunione del 15 settembre 2017’. In palese violazione delle regole UE sulla notifica delle norme tecniche nazionali, oltreché in spregio del parere circostanziato 3 luglio 2017 della Commissione. La responsabilità per il delitto di abuso d’ufficio dovrebbe ricadere sull’intero collegio, ed è particolarmente grave per i membri del governo che hanno proposto l’adozione del decreto. Vale a dire:
- Paolo Gentiloni, allora Presidente del Consiglio dei ministri,
- Carlo Calenda, ex ministro dello sviluppo economico,
- Beatrice Lorenzin, già ministra della salute,
- Maurizio Martina, alloreché titolare del dicastero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Abuso d’ufficio. ‘Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione delle norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità’ (codice penale, articolo 323).
Paolo Gentiloni, Carlo Calenda, Beatrice Lorenzin e Maurizio Martina hanno deliberatamente violato le regole europee che prescrivono la notifica delle norme tecniche alla Commissione europea e la sospensione dell’iter legis nel periodo a tal uopo fissato (c.d. standstill period). Così procurando un danno ingiusto agli operatori della filiera alimentare in Italia, i quali si sono trovati costretti a modificare le etichette dei prodotti a loro marchio in forza di una normativa illegittima. Con il maggior danno causato dalla necessità di destinare al macero le etichette non conformi al decreto legislativo 145/17, qualora non utilizzate entro il 5 aprile 2018 (data di teorica applicazione del provvedimento.
Andrea Olivero – nella qualità di ex-viceministro alle politiche agricole, alimentari e forestali – dovrà a sua volta rispondere per abuso d’ufficio e false dichiarazioni in atti pubblici quali comunicati stampa e circolari ministeriali che ricadono sotto la sua delega. Laddove, anziché disapplicare come doveroso la norma nazionale illegittima poiché contraria al diritto UE, né ha pubblicamente riaffermato la teoretica ‘piena vigenza’.
‘Il reato di abuso d’ufficio è idoneo a ledere, oltre all’interesse pubblico al buon andamento e alla trasparenza della pubblica amministrazione e all’imparzialità dei pubblici funzionari, anche l’interesse del privato a non essere turbato nei propri diritti costituzionalmente garantiti e a non essere danneggiato dal comportamento illegittimo e ingiusto del pubblico ufficiale.’ (3) E ‘il Presidente del Consiglio e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’ esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato o della Camera dei Deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.’ (4)
La denuncia nei confronti dei predetti ministri viene eseguita con questo stesso scritto, che viene perciò trasmesso alla cortese attenzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Con preghiera di ricevere notizia nella non creduta ipotesi di richiesta di archiviazione del procedimento.
Dario Dongo
Allegato
Parere circostanziato 3.7.17 della Commissione europea, relativo alla notifica dell’Italia 2017/135)
Note
(1) In Gazzetta Ufficiale Serie Generale 7.10.17 n. 235
(2) V. Costituzione della Repubblica italiana, articolo 90. Il delitto di attentato alla Costituzione, peraltro, punisce soltanto ‘Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di Governo’ (codice penale, articolo 283)
(3) Cass. Pen., Sezione VI, sentenza 16.12.10, n. 1231
(4) Cfr. Costituzione della Repubblica italiana, articolo 96

Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.